GIURISPRUDENZA

Autori: Laura Opilio e Luca Odorizzi
ASSINEWS 378 – Ottobre 2025

Nuove prospettive dopo la pronuncia della Cassazione 1469/2025

In ambito assicurativo, costituisce – quantomeno fino alla pronuncia in commento – principio consolidato quello secondo cui l’eccezione di inoperatività della polizza assicurativa non è un’eccezione in senso stretto, ma una semplice difesa volta a contestare il fondamento della domanda, assumendo l’estraneità dell’evento ai rischi contemplati nel contratto.

Tale principio si traduce in effetti particolarmente favorevoli per l’assicuratore, in quanto l’eccezione di inoperatività, se qualificata come mera difesa (o eccezione in senso lato):

  • non è soggetta a preclusioni processuali e può essere sollevata in ogni stato e grado del giudizio, anche in appello1; pertanto, in caso di costituzione tardiva in giudizio, non vi è il rischio che l’eccezione sia considerata inammissibile;
  • non può formare oggetto di abbandono o rinuncia tacita; pertanto, anche se l’eccezione non espressamente riproposta in sede di precisazione delle conclusioni, permane il potere-dovere del giudice di pronunciarsi sull’operatività della garanzia2;
  • è rilevabile d’ufficio dal giudice, anche in assenza di un’espressa deduzione da parte dell’assicuratore, purché la circostanza emerga dagli atti di causa.

Questo orientamento interpretativo è stato affermato, per quanto consta, a partire da Cass. n. 1967/2020 e successivamente fatto proprio da numerose pronunce della giurisprudenza di legittimità, tra Cass. 15228/2014; Cass. n. 27998/2018; Cass. n. 18742/2019; Cass. n. 1016/2022; Cass. n. 1016/20223;.

In tale quadro, ha suscitato un certo scompiglio tra gli operatori del settore l’ordinanza n. 1469 del 21 gennaio 2025, con la quale la Corte di cassazione ha espressamente preso le distanze dall’indirizzo sopra richiamato, affermando, invece, che le eccezioni di copertura devono di regola essere qualificate come eccezioni in senso stretto.

Più nello specifico, l’iter argomentativo dell’ordinanza è il seguente.

La Corte apre la propria disamina richiamando la distinzione, di matrice dottrinale e giurisprudenziale, tra eccezioni in senso stretto ed eccezioni in senso lato. Le prime sono tali quando (i) la legge riserva espressamente alla parte il potere di farle valere, oppure (ii) il fatto che le integra corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo da parte del titolare, che produce un effetto impeditivo, estintivo o modificativo del diritto altrui.

Tali eccezioni, secondo la Corte, sono caratterizzate dal fatto che investono interessi privati e dunque la loro rilevazione è rimessa esclusivamente all’iniziativa della parte interessata, la quale può anche rinunciarvi; di conseguenza, il giudice non può rilevarle d’ufficio.

Le eccezioni in senso lato, invece, sono mere difese o argomentazioni giuridiche che il giudice può rilevare anche d’ufficio, purché i fatti su cui si fondano risultino dagli atti di causa.

Trasponendo tali principi al settore assicurativo, la Corte si sofferma sulla natura delle eccezioni fondate su clausole di delimitazione del rischio.

A questo riguardo, la Corte riprende la tripartizione, già valorizzata dalla giurisprudenza in tema di distribuzione dell’onere probatorio tra assicurato e assicuratore4, tra:

a) “rischi inclusi”, cioè quelli per i quali il contratto accorda all’assicurato il pagamento dell’indennizzo;

b) “rischi esclusi”, cioè quelli estranei al contratto (ad es., il rischio di infortuni rispetto ad una polizza che copra la responsabilità civile)5; e

c) i “rischi non compresi”, cioè quelli che astrattamente rientrerebbero nella generale previsione contrattuale, ma l’indennizzabilità dei quali è esclusa con un patto espresso di delimitazione del rischio (ad esempio, in un contratto di assicurazione contro i danni da incendio, si esclude l’indennizzabilità degli incendi provocati dal fulmine)6.

Ad avviso della Corte, le eccezioni basate su clausole delimitative del rischio (dunque sulle esclusioni di polizza che identificano i rischi non compresi) vanno qualificate come eccezioni in senso stretto e non sono, pertanto, rilevabili d’ufficio dal giudice.

Questo in quanto, da un lato, l’assicuratore avanza una pretesa fondata su una clausola contrattuale, e l’esistenza o inesistenza di una clausola contrattuale, così come il suo contenuto, costituiscono dei “fatti” e, in quanto tali, debbono essere introdotti in giudizio nel rispetto delle preclusioni; dall’altro, perché l’eccezione è suscettibile di formare oggetto di un autonomo giudizio di accertamento ed oggetto di un diritto potestativo.

Nel caso portato all’attenzione della Corte, l’assicurato aveva convenuto in giudizio l’assicuratore, in forza di una assicurazione della responsabilità ambientale, chiedendone la condanna al rimborso delle spese sostenute per le attività di bonifica e ripristino del danno ambientale eseguite all’interno del proprio stabilimento.

L’assicuratore si era costituito tardivamente, dopo la scadenza dei termini per le memorie istruttorie di cui all’art. 183, co. 6, c.p.c., eccependo l’esclusione di polizza per “intenzionale inosservanza delle disposizioni di legge o delle prescrizioni autorizzative”.

La Corte di Cassazione ha statuito che “tale eccezione, introducendo un fatto impeditivo della domanda di indennizzo, è sicuramente espressione di un diritto potestativo, il cui esercizio è esclusivamente rimesso alla volontà dell’assicuratore che ne è titolare, ben potendo la società di assicurazione anche rinunciare a farla valere, e come tale, per le ragioni sopra esposte, non è rilevabile d’ufficio e soggiace, di conseguenza, ai termini preclusivi previsti per la proponibilità di una eccezione in senso stretto”.

Le ricadute applicative della pronuncia sono di notevole rilevanza: le eccezioni basate su esclusioni di copertura devono essere sollevate tempestivamente dall’assicuratore, pena l’inammissibilità. Non è questa la sede per una completa disamina delle tematiche – complesse e discusse in dottrina e giurisprudenza – sottese all’ordinanza in commento.

Ci limitiamo a osservare che a nostro avviso merita considerazione un’impostazione alternativa – opposta negli effetti a quella accolta dalla Corte – secondo cui la delimitazione del rischio contenuta nella polizza rappresenta un fatto costitutivo della pretesa dell’assicurato, in quanto concorre a definire l’oggetto della copertura.

Se si accoglie tale impostazione, la conseguenza che ne deriva è che il giudice può rilevare d’ufficio l’operatività di una clausola di esclusione (in quanto può rilevare d’ufficio la carenza del fatto costitutivo della pretesa dell’assicurato).

Al riguardo si richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale che, nel ritenere non vessatorie le clausole di esclusione della garanzia, ha chiarito come queste siano destinate a delimitare l’ambito del rischio assicurato e, quindi, a specificare l’oggetto del contratto7.

In questo contesto, la distinzione, su cui si basa l’ordinanza, tra clausole che definiscono il rischio incluso e clausole che individuano rischio non compreso – pur utile sotto il profilo descrittivo – non appare così determinante, poiché entrambe concorrono a definire, in positivo e in negativo, ciò che è oggetto della copertura assicurativa.

In altre parole, non sembra privo di fondamento quell’orientamento giurisprudenziale che, in passato, aveva sottolineato come, nell’ambito di una domanda di adempimento del contratto di assicurazione, ai fini del riparto dell’onere probatorio non si possa operare una distinzione tra clausole generali e clausole speciali, trattandosi in ogni caso di disposizioni che inscindibilmente attengono alla delimitazione dell’oggetto del contratto, con la conseguenza che spetta in ogni caso all’assicurato fornirne la prova che il sinistro rientra nell’oggetto del contratto – e dunque, tra l’altro, che non ricorrono ipotesi di esclusione della garanzia – trattandosi di un fatto costitutivo della propria domanda8.

Ciò detto, alla luce dell’ordinanza in esame, il tema del regime applicabile alle eccezioni di inoperatività della garanzia assicurativa appare oggi oggetto di un contrasto giurisprudenziale.

Di conseguenza, gli assicuratori non possono più confidare con certezza nel rassicurante principio secondo cui tali eccezioni possono essere sollevate senza limiti temporali. Considerata la coesistenza di orientamenti divergenti all’interno della giurisprudenza di legittimità, non si può escludere che la questione venga rimessa alle sezioni unite, al fine di dirimere il conflitto interpretativo.

Nel frattempo, per le compagnie sarà fondamentale una gestione particolarmente attenta del contenzioso, che consenta di istruire tempestivamente il sinistro e affidare con sollecitudine l’incarico difensivo, affinché i legali possano costituirsi in giudizio nel rispetto dei termini. In particolare, nel rito ordinario riformato dalla c.d. riforma Cartabia, ciò implica la costituzione almeno 70 giorni prima dell’udienza. Il rischio, in assenza, è che eccezioni di copertura potenzialmente valide vengano rigettate senza nemmeno entrarvi nel merito, in quanto tardive e dunque inammissibili.


1. Sulla deducibilità dell’eccezione per la prima volta in appello cfr. Cass. n.
2015/2024; Cass. n. 18742/2019; Cass. 15228/2014.
2. Cfr. Cass. n. 1967/2020
3. Orientamenti diversi si sono invece registrati con riguardo a specifiche eccezioni assicurative. Si segnala, in particolare, l’eccezione di superamento del massimale, che secondo l’orientamento maggioritario costituisce una eccezione in senso stretto e deve pertanto essere sollevata tempestivamente a pena di decadenza (Cass. n. 26247/2023; Cass. n. 16899 /2023; Cass. n. 27913/2021; Cass n. 5625 /2020; Cass. n. 1168 /2020; Cass. n. 26813/2019; Cass. n. 3173 /2016).
4. Cfr. Cass. n. 6954/2024; Cass. n. 24273/2023; Cass. n. 25510/2021; Cass. n. 9205/2021; Cass. n. 1558/2018. Il principio affermato da tali pronunce è che l’assicurato deve provare che l’evento dannoso verificatosi rientra tra i “rischi inclusi”, in quanto tale circostanza è fatto costitutivo della sua pretesa all’indennizzo, mentre l’assicuratore deve provare che l’evento dannoso verificatosi rientra fra i rischi “non compresi”, in quanto tale circostanza, essendo un fatto costitutivo dell’eccezione di non indennizzabilità, costituisce un fatto impeditivo della pretesa attorea.
5. L’esempio, non espressamente citato nella pronuncia in commento ma qui richiamato a fini esplicativi, è tratto da Cass. 24273/2023 (nonché da Cass. n. 6954/2024, che lo riprende).
6. Come sopra.
7. E non, invece, a determinare una limitazione di responsabilità dell’assicuratore. Cfr. ex multis Cass. n. 15609/2025; Cass. n. 15598/2019; conf. Cass. n. 1430/2002; Cass. n. 5158/2005; Cass. n. 12804/2006; Cass. n. 395/2007; Cass. n. 23741/2009; Cass. n. 8235/2010; Cass. n. 17783/2014.
8. Cfr. Cass. n. 1473/1998; in termini simili Cass. n. 1946/1998 e Cass. n. 12190/1998, tutte riprese poi da Cass. n. 16831/2023.

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