Le Dash cam, ovvero le telecamere montate a bordo dei veicoli, sono al centro di un dibattito che vede l’innovazione confrontarsi con il rispetto delle normative. Sebbene sia indubbio il loro potenziale in termini di miglioramento della sicurezza stradale, tutela dei conducenti e riduzione dei costi operativi e assicurativi, persistono convinzioni errate che ne rallentano l’adozione secondo Geotab, che ha identificato 5 falsi miti che possono generare confusione e incertezza tra chi gestisce le flotte aziendali. Le riportiamo di seguito.

1. Le dash cam in Italia sono illegali 

Falso. L’installazione di telecamere frontali e dual-face per monitorare lo stile di guida e gli eventi che coinvolgono i veicoli non è strettamente vietata, tuttavia è necessario rispettare le normative vigenti in materia di rispetto della privacy, sicurezza stradale e tutela dei lavoratori.

È fondamentale che l’utilizzo delle dash cam sia conforme al Codice italiano in materia di protezione dei dati personali (DPC), che impone che la registrazione video avvenga in linea con precisi requisiti relativi alla raccolta e al trattamento dei dati personali, compresi i principi di trasparenza, minimizzazione dei dati, finalità specifica e conservazione limitata.

Inoltre, le dash cam devono essere installate in modo da rispettare il Codice della Strada: che siano posizionate sul parabrezza o sul cruscotto, non devono in alcun modo ostruire la visuale del conducente o la sua libertà di movimento, così da non compromettere la sicurezza alla guida

2. Le immagini delle dash cam appartengono al produttore dei dispositivi, che ne dispone l’utilizzo

Falso. Le immagini registrate dalle telecamere installate sui veicoli non sono di proprietà del produttore o fornitore del dispositivo. Al contrario, il titolare dei dati è l’azienda che gestisce la flotta: i fornitori delle dash cam, dal canto loro, possono agire come data processor, ovvero come soggetti abilitati a trattare le informazioni per conto del titolare, secondo indicazioni precise. Questo significa che le immagini fanno capo all’azienda, che ha il potere (e la responsabilità) di conservarle, cancellarle o condividerle, nel rispetto della normativa.

A tal proposito, va specificato che il GDPR pone l’accento sul concetto di “controllo” dei dati, piuttosto che su quello di proprietà. È il data controller che determina i mezzi e le finalità per cui i dati vengono raccolti, e le modalità con cui vengono utilizzati.er esempio, i fleet manager possono scegliere quando e quali immagini salvare e quali cancellare, o decidere quali informazioni tenere in considerazione alla luce della propria strategia di gestione della flotta.

3. Le immagini delle dash cam non possono essere condivise con terze parti 

Falso. Le immagini registrate dalle telecamere di bordo possono essere condivise con terzi qualora sussista l’interesse legittimo (e la base giuridica) per farlo. Ad esempio, in caso di incidente il video può essere trasmesso all’assicurazione per supportare una richiesta di risarcimento, oppure alle autorità in presenza di un ordine giudiziario.

Quando si condividono le immagini è buona pratica anonimizzarle, oscurandone o sfocandone le parti sensibili come volti, targhe o dettagli relativi ad altri utenti della strada, tra cui pedoni od occupanti degli altri veicoli.

Allo stesso modo, è consigliabile cancellare subito le immagini che non hanno un’utilità specifica, così da evitare di incorrere in problemi in termini di conformità.

4. Se la dash cam è spenta, non serve informare il conducente

Falso. In linea con il principio di trasparenza del GDPR, la sola presenza della telecamera nel veicolo impone l’obbligo di informare il conducente, anche se il dispositivo è spento o non sta registrando in quel momento, poiché il soggetto interessato deve essere reso consapevole della possibilità di essere ripreso. Così come i data controller, infatti, anche i conducenti possono avanzare diritti e interessi legittimi nei confronti delle immagini che li riguardano, di cui è necessario tenere conto nei processi quotidiani.

La comunicazione può avvenire in diversi modi: tramite informative sulla privacy, clausole contrattuali, adesivi visibili sul cruscotto o sul parabrezza.

5. Le dash cam sono utili solo per analisi a posteriori

Le moderne dash cam non si limitano a registrare ciò che accade durante un incidente per ricostruirne la dinamica: sono strumenti di sicurezza proattivi.

Grazie alla loro integrazione con l’intelligenza artificiale e i sistemi avanzati di assistenza alla guida, sono in grado di rilevare in tempo reale comportamenti rischiosi come distrazioni, segni di stanchezza o uso del cellulare durante la guida. Queste informazioni vengono elaborate istantaneamente per inviare avvisi al conducente, consentendogli di correggere il proprio comportamento prima che si verifichi un evento critico. Alcuni modelli includono anche avvisi di collisioni imminenti o uscite di corsia, contribuendo attivamente alla prevenzione degli incidenti. Inoltre, i dati raccolti possono essere utilizzati dai gestori delle flotte per avviare programmi di formazione personalizzati, premiando i comportamenti corretti e promuovendo una cultura della sicurezza. Le dash cam, quindi, non sono solo strumenti “a posteriori”, ma tecnologie intelligenti che agiscono prima, durante e dopo ogni viaggio.