di Francesco Sottile.

Lavoratori dipendenti e polizze sanitarie: l’Agenzia delle entrate, con la risposta n° 249 del 18 settembre 2025, analizza il regime tributario dei premi versati da un’azienda in favore dei propri dipendenti all’estero per tutelarli da eventi quali malattia, infortuni, e maternità.

Il caso specifico

La richiesta di chiarimenti proviene da un ente pubblico che ha sottoscritto in favore dei propri dipendenti una copertura sanitaria rimborso spese mediche con premio interamente a proprio carico. In particolare,

  • per i dipendenti in Italia: l’estensione della polizza al nucleo familiare è facoltativa e a carico del dipendente;
  • per i dipendenti in servizio all’estero: è prevista l’estensione ai familiari conviventi a carico, qualora nel Paese non sia disponibile assistenza diretta.

Secondo l’ente, poiché il proprio Statuto prevede come obbligatoria la polizza sanitaria a favore dei dipendenti (e dei loro familiari a carico) che svolgono attività all’estero, il premio non avrebbe dovuto concorrere al reddito imponibile, qualificandosi piuttosto come contributo previdenziale o assistenziale obbligatorio ai sensi dell’art. 51, comma 2, lett. a) del TUIR.

L’Istante sottolinea inoltre che tale premio è stato fino a questo momento trattato come Fringe Benefit ma, in virtù di quanto sopra ritiene che debba essere qualificabile come “contributo previdenziale e assistenziale obbligatorio per legge”, e dunque non debba costituire reddito di lavoro dipendente.

L’agenzia delle Entrate ha respinto tale interpretazione, richiamando in primo luogo il principio di onnicomprensività espresso dall’art. 51 comma 1 del Testo unico delle imposte sui redditi, che dispone che “Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro».

Il successivo comma 2 dispone invece che “non concorrono a formare il reddito i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge”. Sul punto l’agenzia richiama la circolare 23 dicembre 1997, n. 326, con la quale era stato chiarito che:

  • l’assistenza sociale risponde «a finalità fondate unicamente sulla solidarietà collettiva a soggetti che versano in uno stato di bisogno»;
  • si qualificano come ”contributi previdenziali” quei contributi versati in ottemperanza di legge al fine di garantire al dipendente specifiche prestazioni previdenziali.

Sulla base delle predette definizioni, l’Agenzia respinge l’interpretazione fornita dall’ente ritendendo che tale contratto di assicurazione sanitaria non può essere ricondotto:

  • nè alla categoria inerente i “contributi assistenziali” in quanto carente di una finalità collettiva nei confronti dei soggetti che versano in uno stato di bisogno;
  • né tantomeno a quella inerente i “contributi previdenziali”.

In virtù di quanto sopra, i premi di tali polizze sanitarie sono assoggettati alla disciplina prevista dal 1° comma dell’art. 51 del Tuir, e quindi concorrono a formare il reddito di lavoro del dipendete, con i conseguenti impatti fiscali e contributivi in busta paga.

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