Catastrofi naturali

Autore: Leandro Giacibbi
ASSINEWS 367 – Ottobre 2024

Dopo la pubblicazione dell’obbligo assicurativo per le imprese contenuto nella Legge di Bilancio 2024 (Legge n. 213/2023) contro i danni da calamità naturali, è stato presentato in modalità “bozza” il decreto attuativo. Anche se è possibile una riformulazione del testo, abbiamo
voluto commentarlo perché esprime quanto il legislatore sia distante dal business, generando confusione e allarme negli addetti ai lavori.

La bozza del decreto interministeriale sull’assicurazione delle catastrofi naturali ormai è di pubblico dominio e, quindi, è possibile declinare delle considerazioni con maggiore ponderazione.

Prima di tutto, descriviamone le “dimensioni” e la “struttura”. Sono 12 articoli con un obbiettivo normativo circostanziato all’art. 2 (Oggetto) dove il legislatore precisa che il
decreto disciplina le seguenti materie:

a. le modalità di individuazione degli eventi calamitosi e catastrofali di cui all’articolo 1, comma 101, della legge 30 dicembre 2023, n. 213;
b. le modalità di determinazione e adeguamento periodico dei premi anche tenuto conto del principio di mutualità;
c. i limiti alla capacità di assunzione del rischio da parte delle imprese assicuratrici, ai sensi del comma 103, della legge 30 dicembre 2023, n.213, comma 103;
d. l’aggiornamento dei valori di cui al comma 104 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2023, n.213;
e. le modalità di coordinamento in relazione agli atti di regolazione e vigilanza prudenziale di competenza dell’IVASS.

Questa impostazione farebbe pensare ad un decreto che fissa “i paletti” per poi lasciare alle compagnie la possibilità di integrare le coperture in uno spirito di libera concorrenza. Invece, a sorpresa, all’art. 1 (definizioni) è prevista una serie di precisazioni, che disegnano le future polizze con un dettaglio molto marcato. Per certi versi, l’approccio sembrerebbe quello di delineare una specie di “contratto base” a cui le compagnie dovranno conformarsi. Proviamo a commentarne alcune.

  • La lettera a) riguarda il concetto di “assicurato” per cui rientrano nel decreto i soggetti tenuti all’iscrizione nel Registro dell’impresa ai sensi dell’articolo 2188 del codice civile, ad esclusione delle imprese di cui all’articolo 2135 del codice civile (imprenditore agricolo); vi è poi l’inciso che, qualora il proprietario e l’impresa utilizzatrice dei beni da assicurare non coincidano e tali beni non siano già stati assicurati dal proprietario, l’obbligo assicurativo ricade sull’utilizzatore (quindi per i beni in leasing, l’obbligo è a carico dell’utilizzatore).
  • La lettera b) interessa il concetto di “bene assicurato” e, qui, abbiamo le prime sorprese con l’introduzione dei “terreni”, vera new entry nel settore assicurativo, per poi descrivere i “fabbricati”, gli “impianti e macchinari” e le “attrezzature industriali e commerciali” che sono dettagliatamente delineati con un’impostazione da polizza incendio. Su questa lettera b) emergono le prime perplessità, perché l’impostazione è di un tale livello di dettaglio da non ammettere modifiche, quindi con l’obbligo per le imprese di adeguare le loro descrizioni di fabbricato, impianti ed attrezzature al disposto di legge, prevedendo solo dei miglioramenti. Un discorso a parte riguarda i “terreni”, che non sono più menzionati nel decreto, salvo precisare che per essi la copertura è a primo rischio assoluto (art. 7), e prevedere nella definizione del “costo di ripristino” (lett. n dell’art. 1) che per esso si deve intendere il “valore necessario a sostenere i costi dei lavori di sgombero, bonifica, e ripristino delle caratteristiche meccaniche e topografiche del terreno ad una condizione pari a quella precedente all’evento assicurato”. Una considerazione immediata, ma dato che il decreto include negli eventi la “frana” e tutti conosciamo l’entità dei costi per un ripristino, con una copertura a primo rischio assoluto, quale obbiettivo si pensa di perseguire? Sarebbe stato opportuno disciplinare un minimo di somma assicurata a p.r.a., altrimenti con un importo ridotto si sarà adempiuto all’obbligo di legge, assicurando il nulla. In ultimo un commento alla definizione di “impianti e macchinari” dove sono giustamente esclusi i veicoli iscritti al P.R.A., ma con questo inciso: “ove già assistiti da copertura assicurativa avverso i danni causati dagli eventi di cui al presente decreto”. Pertanto, per i veicoli non assicurati con la polizza “auto”, occorrerà predisporre una partita sulla polizza “property”? Ulteriore spiacevole novità, se confermata.
  • Dalla lettera c) alla lettera i) sono riportate delle definizioni tipiche delle polizze incendio e, per inciso, la lettera c) si ripete due volte, ma potrebbe essere un errore della copia che ci è stata inoltrata.

Sempre all’art. 1 sono poi previsti due commi di esclusioni. Il comma 2 riguarda i beni immobili che sono esclusi se “non siano conformi alla normativa urbanistica ed edilizia e i beni che non siano conformi a norme di legge o altre disposizioni tecniche, ivi inclusi obblighi di manutenzione o il cui utilizzo sia stato sospeso ovvero vietato per effetto di provvedimenti adottati dalle competenti autorità di riferimento”. Abbiamo già espresso in un precedente inter convento delle perplessità sui cosiddetti “obblighi di manutenzione”, ma dalla lettura integrale possiamo interpretare la normativa come “obblighi di manutenzione” imposti al proprietario da provvedimenti o da specifiche leggi che non siano stati ottemperati.

Il successivo comma 3 è, veramente complesso al primo punto, quando precisa che la polizza assicurativa non copre i “danni conseguenza diretta o indiretta dell’azione dell’uomo o danni a terzi provocati dai beni assicurati a seguito di eventi”. Se l’esclusione da danni a terzi rientra nello spirito di una polizza “property”, la prima parte è da interpretare, soprattutto nello scenario di una polizza che va a coprire le calamità naturali. In prima battuta, il pensiero va ad un’esondazione determinata non da una calamità naturale, ma da un’azione dell’uomo. Di conseguenza, i danni imputabili ad un errore umano nella gestione di una diga che è causa di un’esondazione non rientrerebbero nella copertura assicurativa. Certo che se precisazione “conseguenza diretta” attribuisce all’esclusione una sua legittimità, per cui i danni analoghi ad una calamità naturale determinati direttamente dall’azione dell’uomo sono correttamente esclusi, l’inserimento della “conseguenza indiretta” complica l’interpretazione. Prendiamo quanto accaduto nell’alluvione del Vajont. La causa primaria, da un punto di vista temporale, dell’evento è la frana del Monte Toc sul lago artificiale e l’effetto catastrofale è connesso ad un errore di progettazione della diga. Qui dovremmo essere nello scenario della conseguenza diretta, intesa come principale o esclusiva. Consideriamo, invece, la vasca di laminazione per evitare l’esondazione di un corso d’acqua. La vasca di laminazione non evita l’esondazione per un difetto di progettazione, in presenza di un evento atmosferico che assume la rilevanza di “pericolo molto forte”. In questa situazione l’evento atmosferico avrebbe già in sé l’energia per produrre i danni, che vengono implementati per il difetto della vasca di laminazione. Già in questa fattispecie, abbiamo due cause, forse, dirette, quindi concause. Gli esempi potrebbero moltiplicarsi, ma il principio è che la norma va corretta perché se il finanziamento privato deve sostituire in celerità quello pubblico, deve esserci una nor mativa semplice e chiara che non dia adito a contenziosi che possano “limitare” le velocità di liquidazione.

L’articolo 3 (Eventi calamitosi e catastrofali) definisce cosa si debba intendere per alluvione, sisma e frana, precisando che sono considerate come singolo evento le prosecuzioni di tali fenomeni entro le 72 ore dalla prima manifestazione. Interessante il passaggio sulla definizione di “frana”, che rientra in copertura “purché i beni assicurati si trovino in un’area individuata tra quelle interessate dalla frana nei provvedimenti assunti dalle autorità competenti”. È una precisazione condivisibile e ci si attende dalle “autorità competenti” (quali? Non sarebbe stato meglio precisare?) un provvedimento che sia emesso entro un tempo ragionevolmente rapido (non sarebbe stato opportuno inserire già questo termine temporale nel decreto?).

L’articolo 4 (Determinazione e adeguamento periodico dei premi) riporta i principi generali per la determinazione e l’adeguamento dei premi. Il testo è assolutamente corretto, anche perché precisa che deve essere “tenuto conto dei rischi di antiselezione e degli obbiettivi di solvibilità dell’Impresa di Assicurazione”. Qui ci saremo però attesi un richiamo alla funzione di controllo dell’autorità di vigilanza in quanto sarebbe auspicabile che le compagnie fossero tenute ad avere un documento obbligatorio consultabile dall’autorità di vigilanza che dettagli come si è arrivati alla determinazione del premio. Possiamo prevedere, infatti, che in territori circostanziati, in assenza di serie storiche, la determinazione della tariffa non dovrebbe – almeno sul premio puro – presentare grandi differenze che, invece, si accentuano per i caricamenti di sicurezza o per esigenze riassicurative. Il quesito di fondo è sempre il medesimo: fino a quanto i caricamenti di sicurezza rientrano negli obiettivi di solvibilità della compagnia? Un loro utilizzo eccessivo potrebbe determinare una tariffa “fuori mercato” da cui potrebbe derivare una ridotta assunzione, e in questo scenario è facile “sfiorare” la fattispecie dell’elusione dell’obbligo a con trarre. In questo articolo ci saremmo aspettati un ruolo dell’autorità di vigilanza più esplicito, proprio perché queste polizze vanno a sostituire il finanziamento pubblico.

L’articolo 5 (Capacità di assunzione del rischio da parte delle imprese assicuratrici) è decisamente lungo e complesso. In sintesi, l’obbligo a contrarre delle compagnie non è illimitato, ma ogni anno le imprese di assicurazione dovranno definire il loro limite di tolleranza. Raggiunto questo limite, la compagnia cessa “l’assunzione di ulteriori rischi nell’intero territorio nazionale. Di tale circostanza viene data immediata informativa all’IVASS e ai terzi mediante pubblicazione sul sito web della compagnia”. Tutto condivisibile, ma nella pratica come si coniuga questa “cessazione” per gli intermediari di quella compagnia che non hanno mandati con altre imprese? Altra situazione, se un già cliente globale acquisisce una nuova azienda, l’intermediario dovrà andare da un concorrente per trovare la copertura? Non sarebbe opportuno disciplinare meglio questa situazione, non escludendo che l’autorità di vigilanza controlli la documentazione delle compagnie dove il limite di tolleranza non sia in linea con i parametri medi del mercato? Tra l’altro, la clientela dovrebbe avere la possibilità di conoscere questi limiti di tolleranza perché rientrano, sicuramente, nei criteri di selezione della compagnia prescelta per la copertura assicurativa.

L’articolo 6 (Entità del danno indennizzabile a carico dell’assicurato) disciplina lo scoperto per i rischi fino a 30 milioni di euro di somma assicurata, intesa come totale complessivo, se l’impresa ha più sedi. Lo scoperto non deve essere superiore al 15% del danno indennizzabile. Il secondo comma stabilisce che l’obbligo di copertura assicurativa è confermato per la fascia di rischio superiore a 30 milioni di euro di somma assicurata, ma per questi assicurati lo scoperto è rimesso alla libera negoziazione delle parti. La medesima disciplina si appli cherà alle “grandi imprese”, ovvero quelle che, alla data di chiusura del bilancio presentino, congiuntamente, i seguenti elementi: fatturato maggiore di 150 milioni di euro e il numero di dipendenti pari o superiore a 500.

L’articolo 7 (Massimali o limiti d’indennizzo) sancisce delle fasce di somma assicurata per la determinazione dei limiti d’indennizzo:

  • per la fascia fino a 1 milione di euro di somma assicurata (per il totale complessivo delle ubicazioni assicurate): limite di indennizzo pari alla somma assicurata;
  • per la fascia da 1 milione a 30 milioni di euro di somma assicurata (per il totale complessivo delle ubicazioni assicurate): limite di indennizzo pari al 70% della somma assicurata dell’ubicazione danneggiata;
  • per la fascia superiore a 30 milioni di euro di somma assicurata e per le “grandi imprese” il limite d’indennizzo è rimesso alla libera negoziazione delle parti. In questo articolo, come nel precedente, manca la precisazione di quale somma assicurata si stia parlando: se valore di ricostruzione a nuovo o allo stato d’uso. All’art. 1 viene riportata alla lett. i) questa definizione:
  • valore di ricostruzione: importo necessario per la ricostruzione a nuovo del “Fabbricato” con beni equivalenti per materiali, tipologia, caratteristiche costruttive, dimensioni e funzionalità; per cui si potrebbe presumere per i “fabbricati” una valutazione a valore a nuovo, ma ci auspichiamo nel testo definitivo una maggiore chiarezza.

L’articolo 8 (Trasparenza dell’offerta assicurativa) esprime un principio generale condivisibile, ma una polizza “property” non è assimilabile ad una polizza R.C. auto a cui questo testo si ispira. Infatti, l’obbligo per cui “le imprese di assicurazione mettono a disposizione del pubblico, presso ogni punto di vendita e nei siti internet, il documento informativo e le condizioni di contratto praticate sul territorio nazionale” sembra mutuato dalla R.C. auto. Innanzitutto, il testo è fuorviante, perché se per “documento informativo” si intende il “set informativo”, quest’ultimo presenta già le condizioni contrattuali, per cui a cosa ci si riferisce con la frase “condizioni di contratto praticate sul territorio nazionale”? L’inciso “…praticate sul territorio nazionale” fa pensare ad una tariffa, qualora lo fosse, ma ci auguriamo che non lo sia, si tratta di una perdita di tempo e di denaro, tenuto conto che se dovrà essere pubblicata una tariffa “consultabile”, la stessa sarà così generica che poi, nella realtà operativa, sarà sempre “superata” dall’effettiva quotazione. Infatti, nel settore “property” ci sono plurime variabili. Pensiamo, ad esempio, a due rischi assolutamente analoghi nello stesso comune con “zero” sinistri nel passato. Nella tariffa pubblicata dovremmo trovare lo stesso tasso, ma una delle due aziende ha deciso di investire in prevenzione, prevedendo un impianto sprinkler. Questa variabile non è suscettibile di valorizzazione in tariffa e nel settore industriale queste distinzioni sono frequentissime. Poi, una considerazione di carattere più politico. Quando si decide di procedere con un obbligo a contrarre e si riporta nella normativa che sul sito delle compagnie devono essere presenti il documento informativo e le condizioni di contratto praticate sul territorio nazionale, occorre avere anche l’accortezza di precisare che le compagnie siano tenute a vendere il prodotto anche con la modalità della “vendita a distanza”. Infatti, riprendiamo la tipica fattispecie – oltremodo nota nel settore R.C. auto – per cui il potenziale cliente sia interessato ad acquistare una polizza di una compagnia dopo aver visionato il prodotto sul sito. Ovviamente chiede un preventivo tramite il sito e la compagnia lo indirizza all’intermediario più vicino alla sua residenza, perché non ha un processo di vendita diretta. Purtroppo, l’intermediario è molto distante e, al momento del contatto telefonico, il cliente viene invitato a presentarsi negli uffici dell’intermediario perché quest’ultimo non è autorizzato ad una vendita a distanza. Quindi non se fa nulla con risentimenti e polemiche. Ma le esperienze sulla R.C. auto non hanno insegnato nulla!

Gli articoli 9 (Disposizioni relative all’operatività della riassicurazione da parte di SACE S.p.A.) e 10 (Approvazione dello schema di convenzione di cui al comma 108 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2023, n. 213) fissano i principi per l’utilizzo della riassicurazione dei rischi con la società SACE. Non avendo il testo dell’allegato, dove è riportata la Convenzione, preferiamo rimandare i commenti quando avremo la possibilità di esaminarne il testo.

L’articolo 11 (Disposizioni transitorie e di rinvio) prevede le seguenti due situazioni: 1. l’adeguamento alle previsioni di legge dei testi di polizza dovrà avvenire entro e non oltre 90 giorni dalla pubblicazione del presente decreto; 2. per le polizze già in essere, l’adeguamento alle previsioni di legge decorrerà a partire dal primo rinnovo o quietanzamento utile. È ovvio che 90 giorni è un temine impraticabile, soprattutto per il numero di clienti sulla “fascia dei rischi medio-bassi” che chiederanno una quotazione e ci auguriamo che su questo termine prevalga il buon senso assicurativo. Per le polizze in essere, onestamente, non è chiara la normativa. Impensabile che se il quietanzamento fosse 3 giorni dopo la pubblicazione, l’obbligo sia già operante. Oppure opererà anche per queste polizze il termine di 90 giorni? Anche qui la disposizione è da rivedere.

L’articolo 12 (Disposizioni finali) prevede che “Il presente decreto è trasmesso ai competenti Organi di controllo per la registrazione ed entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana”. Non ci resta che sperare sugli organi di controllo.

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