GIURISPRUDENZA

Autore: Laura Opilio e Luca Odorizzi
ASSINEWS 367 – Ottobre 2024

Lo scudo erariale

Come è noto, il dipendente pubblico che, nell’esercizio delle proprie funzioni, arreca un danno alla pubblica amministrazione risponde per responsabilità amministrativa (o erariale)
dinanzi alla Corte dei Conti. Tra le peculiarità più significative di questa forma di responsabilità spicca l’elemento soggettivo: essa è infatti limitata ai comportamenti, attivi o
omissivi, posti in essere con dolo o colpa grave, come previsto dall’art. 1, comma 1, della Legge n. 20/1994.

Nel corso della crisi pandemica, il legislatore ha però ritenuto opportuno mitigare il regime di responsabilità del pubblico dipendente, intervenendo proprio sull’elemento soggettivo. Con l’art. 21 del c.d. Decreto Semplificazioni (D.L n. 76/2020) ha infatti introdotto il c.d. scudo erariale: nel caso di condotta attiva, la responsabilità erariale “è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta”. Pertanto, in caso di condotte commissive, il pubblico dipendente risponde solo per dolo; in caso di omissioni, invece, continua a rispondere anche per colpa grave. La norma ha l’obiettivo dichiarato di agevolare la ripresa del Paese, prevenendo ritardi nell’attività amministrativa causati dalla cosiddetta “paura della firma”. Tale espressione indica il timore, da parte di amministratori e funzionari pubblici, di prendere decisioni che potrebbero rivelarsi errate o dannose, esponendoli così a potenziali richieste di risarcimento, anche di rilevante entità, da parte della Procura Contabile.

Questo fenomeno, in particolare in contesti caratterizzati da incertezza normativa o complessità tecnica, può incentivare la cosiddetta “burocrazia difensiva”, ossia comportamenti dilatori e ostativi che rischiano di paralizzare l’attività amministrativa, in netto contrasto con i principi di efficacia, efficienza ed economicità che dovrebbero guidare l’azione pubblica. Lo scudo erariale mira a sovvertire questo meccanismo: il pubblico dipendente è esposto a un rischio maggiore di incorrere in responsabilità per condotte omissive (sanzionabili anche in caso di colpa grave) rispetto a quelle attive (punibili solo in caso di dolo). L’incentivo, quindi, è orientato all’azione piuttosto che all’inerzia. La norma ha una durata circoscritta: si applica alle condotte realizzate nel periodo compreso tra il 17 luglio 2020, data di entrata in vigore del decreto, e il 31 dicembre 2024, termine risultante da una serie di proroghe1.

Dubbi di costituzionalità: la pronuncia della Corte

Lo scudo erariale è stato oggetto di varie critiche, soprattutto da parte della magistratura contabile. Di tali critiche si è fatta interprete la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Campania, che con ordinanza del 18.12.12023 ha sollevato diverse questioni di legittimità costituzionale della norma. La questione di legittimità costituzionale più rilevante2 si basa sulla considerazione che, nell’ambito della responsabilità erariale, l’imputabilità limitata al dolo e alla colpa grave, escludendo la colpa lieve, rappresenta un principio generale dell’ordinamento e costituisce un giusto punto di equilibrio del sistema. Il limite della colpa grave esprimerebbe infatti “il rischio che deve quantum ricadere sul datore di lavoro amministrazione pubblica per i danni causati dai dipendenti, nell’ottica, da un lato, di non disincentivare l’attività eliminando l’inerzia nell’attività amministrativa e, dall’altro, di non incentivare condotte foriere di danno”.

Allontanarsi da questo principio, ad avviso del rimettente, significa porsi in contrasto con l’art. 3 Cost. (principio di ragionevolezza) e con l’art. 97 Cost (principi di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione) Con sentenza n. 132 del 16 luglio 2014 la Corte Costituzionale ha tuttavia ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale.

La Corte, in premessa, ha sottolineato come negli ultimi decenni la complessità del contesto in cui operano gli agenti pubblici sia notevolmente aumentata, rendendo più difficili le scelte amministrative e più facile l’errore. Questo fenomeno, secondo la Consulta, è attribuibile a diverse ragioni. In primo luogo, la crescente complessità normativa, frutto di una produzione legislativa caotica e di un sistema giuridico multilivello (europeo, statale, regionale e locale) non sempre ben coordinato, può rendere estremamente difficile l’individuazione delle norme applicabili nel caso concreto. In secondo luogo, il taglio delle risorse e dunque il dover lavorare con mezzi insufficienti accresce il rischio di errori da parte dei dipendenti pubblici. Infine, l’elevata complessità sociale, istituzionale, tecnologica ed economica del contesto in cui agiscono i dipendenti pubblici li costringe a bilanciare esigenze contrastanti e ad assumersi rischi che potrebbero sfociare in responsabilità.

Questo contesto stimola la menzionata “burocrazia difensiva”, che altro non è se non una reazione al rischio percepito di incorrere in responsabilità. Si tratta, dunque, di individuare un punto di equilibrio tra i rischi di overdeterrence e underdeterrence. Da un lato, è necessario evitare che il rischio connesso all’attività amministrativa venga percepito dagli agenti pubblici come così elevato da disincentivarne l’azione; dall’altro, occorre comunque scoraggiare comportamenti che compromettano il buon andamento della Pubblica Amministrazione.

Ad avviso della Corte, tale equilibrio non si può raggiungere limitando, in maniera generalizzata e definitiva, la responsabilità erariale alle sole ipotesi di dolo. Tuttavia, una limitazione del genere può essere ritenuta ragionevole ove abbia natura provvisoria e si innesti in un contesto particolare, che richieda di assicurare una maggiore efficacia dell’attività amministrativa e, attraverso essa, la tutela di interessi di rilevanza costituzionale.

Ed è proprio questo il caso di specie: lo scudo erariale si giustifica in relazione all’eccezionale contesto economico e sociale della crisi pandemica da COVID-19, che aveva determinato la prolungata chiusura delle attività produttive, con enormi danni all’economia e conseguenti ricadute sociali. In tale contesto, l’esigenza di contrastare il più possibile la “burocrazia difensiva” ha indotto il legislatore a spostare temporaneamente l’equilibrio del sistema di responsabilità erariale verso il polo dell’underdeterrence così da garantire che l’amministrazione operasse senza remore. Anche le successive proroghe della norma si giustificano in un contesto emergen ziale: occorreva, infatti, uscire dalla crisi economica provocata dalla pandemia e, in particolare, dare attuazione al PNNR. Su tali presupposti, lo scudo erariale non è una misura irragionevole e non pone problemi di legittimità costituzionale. Non può, tuttavia, diventare una misura strutturale: la limitazione della responsabilità erariale alle ipotesi di dolo si giustifica esclusivamente in un contesto eccezionale e di natura temporanea.

Inviti al legislatore

In conclusione, la Corte ha rilevato che, una volta terminato l’effetto dello scudo erariale, il fenomeno della “burocrazia difensiva” sarà destinato a riespandersi. Ha dunque ritenuto opportuno sollecitare il legislatore ad una riforma complessiva della responsabilità amministrativa, che renda più equa la ripartizione del rischio di danno, alleviando la “paura della firma” senza sacrificare la funzione deterrente. Al riguardo, ha suggerito una serie di possibili interventi.

In primo luogo, può essere opportuno operare una tipizzazione delle ipotesi di colpa grave, di modo da limitare la discrezionalità del giudice sul suo accertamento3. In secondo luogo, si potrebbe ipotizzare di introdurre un “tetto” massimo alla responsabilità del dipendente pubblico, una sorta di massimale oltre il quale il danno rimarrebbe a carico dell’amministrazione4.

Ancora, sarebbe utile tipizzare alcune fattispecie di applicazione obbligatoria del potere riduttivo. Inoltre, si potrebbero rafforzare la funzioni di controllo della Corte dei conti e prevedere una esenzione di responsabilità di coloro che si adeguano alle sue indicazioni. Un altro aspetto evidenziato dalla Corte – su cui si tornerà tra poco – è quello dell’incentivazione delle polizze assicurative a copertura dei pubblici dipendenti (che, allo stato attuale, non sono obbligatorie). In aggiunta, potrebbe essere vagliata, in via eccezionale, una esclusione della responsabilità colposa per specifiche categorie di dipendenti e di atti, in ragione della particolare complessità dell’attività e del connesso elevato rischio di responsabilità. Infine, il legislatore potrebbe intervenire per scongiurare l’eventuale moltiplicazione delle responsabilità degli amministratori per i medesimi fatti materiali5.

Questioni di interesse assicurativo

La decisione in commento fornisce vari spunti di interesse per il settore assicurativo, soprattutto per quanto concerne l’ambito delle polizze “colpa grave” a copertura della responsabilità dei dipendenti pubblici. Due, in particolare, sono i punti che meritano di essere segnalati. Il primo è legato agli effetti della pronuncia: lo scudo erariale rimane in vigore, anche se probabilmente ulteriori rinnovi potrebbero rivelarsi complicati e a rischio di illegittimità. Questo riduce, e non di poco, il perimetro del rischio assicurato. Per tutte le condotte poste in essere dagli assicurati tra il 17.07.2020 e il 31.12.2024, infatti, il rischio di dover pagare un indennizzo è legato unicamente a ipotesi di condotte omissive caratterizzate da colpa grave. Il dolo non è mai coperto e, in caso di condotte attive, la colpa grave non è fonte di responsabilità.

Gli effetti assicurativi di tale limitazione si stanno già vedendo, ma si estenderanno anche negli anni a venire, anche dopo il termine dello scudo erariale: la polizza è azionata a seguito della notifica dell’invito a dedurre da parte della Procura contabile, che può avvenire anche a distanza di vari anni dal fatto (nel limite della prescrizione quinquennale).

Il secondo aspetto riguarda l’invito della Corte ad incentivare le polizze assicurative a copertura dei pubblici dipendenti, potenzialmente anche prevedendone l’obbligatorietà. L’assicurazione dei dipendenti pubblici è un tema particolarmente sentito che si caratterizza, però, da impulsi contrastanti. Da una parte, la giurisprudenza contabile tradizionalmente nega le legittimità di polizze a copertura della responsabilità erariale stipula te dagli enti pubblici a favore dei propri dipendenti, in quanto avrebbero ad oggetto un rischio che non grava sull’ente, bensì sui dipendenti; il pagamento del premio integrerebbe dunque una fattispecie di danno erariale.

Conformemente, l’art. 3 comma 59 della L. 244/2007 ha disposto la nullità dei contratti di assicurazione con i quali un ente pubblico assicuri i propri amministratori per responsabilità erariale, prevedendo, altresì, che in caso di violazione l’amministratore che stipula il contratto di assicurazione e il beneficiario della copertura assicurativa sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a 10 volte il premio pagato. Dall’altra parte, più di recente si registrano varie spinte verso l’attribuzione di garanzie assicurative ai pubblici dipendenti, in un’ottica di maggiore tutela e di riequilibrio dei rapporti tra questi e la pubblica amministrazione. Emblematico, il tal senso, l’art. 2 del nuovo Codice degli Appalti (D.Lgs 36/2023), che al comma 4 prevede che “per promuovere la fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano azioni per la copertura assicurativa dei rischi per il personale”.

Nello stesso filone si pone la pronuncia della Corte Costituzionale in commento. Va segnalato, infine, che è attualmente in discussione presso la Camera una proposta di legge (C. 1621) che introdurrebbe, tra l’altro, l’obbligo di copertura assicurativa per coloro che abbiano responsabilità nella gestione di risorse pubbliche, prevedendo la facoltà per l’amministrazione di appartenenza di destinare una parte del trattamento economico accessorio spettante al dipendente alla stipulazione di una polizza assicurativa. Si tratta dunque di un settore in movimento, che pare orientarsi sempre di più verso una maggiore domanda di soluzioni assicurative a copertura della responsabilità dei pubblici dipendenti.

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1 Inizialmente fissato al 31.07.202, è stato spostato al 31.12.2021. poi al 30.06.2023, poi al 30.06.2024 e, infine, al 31.12.2024.
2 Le ulteriori questioni sollevate dal rimettente, parimenti rigettate dalla Corte di Cassazione, si basavano sulla considerazione che lo scudo erariale: si applica a qualunque condotta attiva, non solo a quelle funzionali alla gestione dell’emergenza epidemiologica, in violazione degli artt. 3 e 97 Cost.; discrimina in maniera irragionevole tra i pubblici dipendenti che hanno incarichi che presuppongono condotte attive e quelli che svolgono funzioni di controllo e vigilanza (che risponderanno per omissioni senza potersi avvalere dello scudo), in violazione dell’art. 3 Cost.; discrimina tra lavoratori del settore privato e quelli del settore pubblico, in violazione dell’art. 3 Cost.; sottrae alla giurisdizione contabile un’ampia area di condotte causative di danno erariale, in violazione dell’art. 103 Cost.; impedisce all’amministrazione di conseguire adeguato ristoro dei danni subiti, in violazione degli artt. 28 e 81 Cost.
3 Una simile soluzione è stata adottata, ad esempio, dall’art. 2 co. 3 del nuovo Codice degli Appalti
(D.lgs. 36/2023), per il quale: “Nell’ambito delle attività svolte nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti, ai fini della responsabilità amministrativa costituisce colpa grave la violazione di norme di diritto e degli auto-vincoli amministrativi, nonché la palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza e l’omissione delle cautele, verifiche ed informazioni preventive normalmente richieste nell’attività amministrativa, in quanto esigibili nei confronti dell’agente pubblico in base alle specifiche competenze e in relazione al caso concreto. Non costituisce colpa grave la violazione o l’omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti”.
4 Un meccanismo simile avviene in ambito medico: l’art 9 della L. n. 24/2017 prevede, per l’azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa nei confronti del medico, il limite del triplo del reddito professionale annuo.
5 Riteniamo che la Corte si riferisca al fatto che Il pubblico dipendente, nell’esercizio delle proprie funzioni, è esposto a cinque forme di responsabilità: civile, penale, amministrativa/erariale, disciplinare e, se dirigente, anche a quella dirigenziale.

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