L’omologazione e la taratura dei sistemi di rilevamento della velocità sono condizioni necessarie per la legittimità dell’accertamento? E valgono anche per gli impianti di videosorveglianza? E su chi grava eventualmente l’onore della prova? Sul punto si è espressa la Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 20492 del 24 luglio 2024
Ileana Corrado
IL CASO
Con opposizione dinnanzi Giudice di Pace di Venezia, veniva impugnata una ingiunzione emessa dal Comune di Venezia, relativa ad un verbale di accertamento emesso dalla Polizia Municipale, attraverso il sistema ARGOS, in funzione di videosorveglianza, nei confronti di un motoscafo per aver superato il limite massimo di velocità di 3 km/h, oltre all’erronea esibizione del contrassegno. L’imbarcazione, infatti, navigava inalberando la bandierina di colore giallo dedicato al servizio taxi, e non alla bandiera verde per il noleggio con conducente.
Nell’atto impugnato l’opponente si doleva del mancato riferimento rispetto alla omologazione e alla taratura del sistema elettronico utilizzato.
Il Giudice di Pace rigettava l’opposizione ritendendo che l’omologazione e la taratura dei sistemi di rilevazione automatica, afferenti alle infrazioni commesse da natanti, non soggiacesse, in via analogica alle norme previste dal Codice della strada.
Contro la sentenza di primo grado il soccombente ricorreva in appello presso il Tribunale di Venezia che accoglieva l’impugnazione, annullando l’ordinanza-ingiunzione e sostenendo, che il convenuto Comune di Venezia, non avesse prodotto la documentazione di avvenuta omologazione e periodica taratura e verifica di funzionalità del sistema ARGOS (tutor), utilizzato per il rilevamento delle suddette infrazioni. Secondo il Tribunale, infatti, il caso di specie andava risolto applicando la pronuncia della Corte Costituzionale n. 113/2015, con la quale, in estrema sintesi, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 45 comma 6 del D. Lgs. N. 285/92 nella parte in cui non prevedeva che, tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità, debbano essere sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e taratura.
L’Ente, pertanto, impugnava la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, ritenendo che la legittimità del suo operato, risieda sia nella fede privilegiata di cui sono dotati i verbali di accertamento e sia nell’immediata percezione dell’agente accertatore, il quale, costatava la violazione in tempo reale, attraverso il suddetto sistema di videosorveglianza. Il ricorrente fondava il ricorso altresì, su un ulteriore motivazione. Secondo il Comune di Venezia, difatti, la normativa in tema di omologazione e taratura delle apparecchiature di rilevamento delle infrazione, sarebbe applicabile solo agli strumenti di rilevamento di velocità e non anche ai sistemi di videosorveglianza.
LA DECISIONE DELLA SUPREMA CORTE
Rigettando il ricorso, la Suprema Corte introduce sull’argomento una serie di principi giuridici fondamentali, relativamente alla regolamentazione della circolazione dei natanti. Nell’escludere tout court l’applicabilità della sentenza n. 113/2015 della Corte Costituzione, ritendendo la stessa attinente alle sole apparecchiature impiegate per l’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità e non agli strumenti di misurazione (per i quali secondo la S.C. occorrerebbe una specifica normazione), la Corte di Cassazione, afferma un innovativo quanto chiarificatore principio, circa l’illegittimità dell’accertamento e della conseguente sanzione, in assenza di documentazione comprovante l’omologazione dello strumento di rilevamento utilizzato e l’eventuale necessaria taratura periodica.
Ponendo l’accento sul Regolamento per il Coordinamento della navigazione locale nella Laguna Veneta, gli Ermellini sottolineano come all’art. 67, con riferimento (anche) ai dispositivi di monitoraggio del traffico, venga sancito l’obbligo di omologazione degli apparati di rilevamento impiegati. In ambito di accertamenti con strumenti di rilevamento automatico, il granitico principio di garanzia viene nuovamente affermato e confermato dall’organo nomofilattico, rispetto all’uniforme interpretazione della legge. Partendo dalla necessaria obbligatorietà dell’omologazione, quale garanzia di perfetto funzionamento e precisione dello strumento, la Corte ribadisce la stretta correlazione tra l’omologazione dello strumento e legittimità dell’accertamento. Senza lasciar spazio ad alcun dubbio circa la possibilità per gli agenti accertatori di supplire a ciò, per il tramite della propria «immediata percezione». Introducendo così il principio di diritto secondo il quale, nel caso di opposizione al verbale di contestazione, la cd. fede privilegiata di cui lo stesso è connotato, cede il passo alla obbligatorietà, a cura dell’Ente convenuto, di depositare in giudizio la prova della iniziale omologazione dell’apparecchio utilizzato per il rilevamento della infrazione contestata, nonché della eventuale periodica taratura.
CONCLUSIONI
È evidente che nella pronuncia rappresentata, si ravvisi una cogente necessità di specifica regolamentazione della tematica. Come ribadito dalla Suprema Corte, infatti, sussiste un evidente vuoto normativo, circa la necessaria omologazione e taratura di strumentazioni di rilevamento di violazioni diverse dal superamento dei limiti di velocità. Sarebbe certamente opportuno e necessario che il Legislatore intervenisse nel merito, soprattutto in un’epoca storica, nella quale l’utilizzo delle apparecchiature elettroniche di rilevamento delle infrazioni, ha subito una crescita esponenziale. Anche al fine di evitare ondivaghe pronunce giurisprudenziali capaci di lasciare spazio a dubbi e a strumentali interpretazioni.
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