Valutare le grandinate attraverso i dati dei satelliti. Una ricerca dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr, ha utilizzato i dati degli ultimi 22 anni per studiare la climatologia delle precipitazioni di grandine nell’area del Mediterraneo. Per tutti i fenomeni grandinigeni la tendenza è in crescita di circa il 30% nell’ultimo decennio. Allo stesso è stato analizzato l’andamento di quattro variabili atmosferiche dal 1959 a oggi. E questo ha consentito di poter ipotizzare come il cambiamento climatico influirà sulle precipitazioni temporalesche e sulle grandinate. «Abbiamo studiato l’andamento di quattro parametri precursori di temporali intensi o grandinate: temperatura dell’aria a 1,5 km sopra di noi, Cape (Convective Available Pontential Energy) per l’instabilità dell’aria, temperatura della superficie del mare e livello dello zero termico», spiega a ItaliaOggi, Sante Laviola del Cnr-Isac di Bologna. «Tutti mostrano un trend in crescita. E pur consapevoli che lo studio del clima non sia lineare, gli scenari portano ad un incremento delle temperature che farebbero ipotizzare un aumento non soltanto nel numero, ma soprattutto dell’intensità, di fenomeni come temporali e grandine». Per quanto riguarda i dati delle grandinate dal 1999 a oggi, «a differenza dell’Europa centrale, dove questi fenomeni avvengono principalmente in tarda primavera e in estate, nell’Europa meridionale (in particolare nel sud Italia, nella penisola iberica e in Grecia), dove il clima è influenzato dall’elevata insolazione e dalla vicinanza al mar Mediterraneo, le condizioni ambientali sono le principali responsabili della formazione di forti grandinate durante la fine dell’estate e l’autunno. In questa fase dell’anno si registrano i valori più alti sia per quanto riguarda i fenomeni intensi che per quelli estremi», conclude Laviola.
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