L’associazione private banking chiede anche un’ulteriore semplificazione fiscale
di Andrea Ragaini
Ragaini (Aipb): serve introdurre un’aliquota che cali fino al 12,5% in funzione della durata dell’investimento. E che sia addirittura azzerabile dopo un periodo molto lungo (15 anni)
I dati pubblicati di recente dalla Banca d’Italia relativi alla bilancia dei pagamenti e all’andamento dei movimenti di capitale a giugno riportano l’attenzione al tema degli investimenti di lungo periodo in Italia, sia finanziari sia reali. La fotografia che emerge è di un significativo peggioramento del saldo finanziario verso l’estero, accompagnato da una tangibile riduzione delle componenti di lungo periodo detenute da soggetti italiani ed esteri. Più in dettaglio si sono azzerati gli investimenti degli esteri in titoli di stato italiani (-110 miliardi rispetto al picco registrato nel gennaio del 2020) a favore di investimenti dall’estero in titoli privati italiani (+97 miliardi da gennaio 2019) ma con un peso crescente del breve periodo. Continua poi il deflusso di liquidità verso l’estero del settore privato (+284 miliardi da gennaio 2019) per esigenze di diversificazione del rischio e ricerca di maggiori rendimenti, accompagnato da un aumento della componente depositi a breve termine per una accresciuta percezione del rischio sistemico dovuta alla congiuntura in deterioramento.

Si delinea una situazione in cui le imprese italiane avranno sempre più difficoltà a trovare finanziamenti a lungo termine per la crescente percezione di un rischio Paese non giustificato dai fondamentali.positivi, hanno finora sostenuto l’accesso al mercato dei capitali delle pmi italiane, per esempio. Negli ultimi cinque anni, infatti, l’Euronext Growth Milan è cresciuto del 132% in termini di società quotate, segnando di riflesso l’importante aumento del 295% in termini di capitalizzazione rispetto a fine 2016.

Alle ragioni legate alla congiuntura geopolitica ed economica si aggiunge inoltre la scarsa propensione degli investitori italiani a detenere azioni e investimenti nel lungo termine, indispensabili per sostenere la crescita delle nostre imprese. Un’attitudine che frena l’utilizzo di un considerevole bacino di ricchezza finanziaria investibile in mano ai privati, pari a circa 3.500 miliardi di euro, cresciuta negli ultimi 5 anno del 18% e tenuta costantemente per il 40% in attività liquide.

Le proposte di Aipb

In questo quadro lo strumento della politica fiscale potrebbe essere quello più adeguato a invertire la tendenza che vede gli investitori privati preferire la liquidità e gli strumenti di breve periodo e supportare quindi l’investimento produttivo. Da una parte, sarebbe opportuno incentivare l’impiego del risparmio privato a favore del sistema imprenditoriale italiano, in particolare destinandolo a favore degli strumenti di equity delle imprese e, dall’altra, semplificare le modalità di determinazione e imposizione fiscale sul risparmio.

Incentivare l’investimento di lungo termine

La prima direttrice mira all’utilizzo di parte della disponibilità finanziarie a favore del sistema produttivo soprattutto attraverso partecipazione al capitale di rischio. Nel passato si è cercato di conseguire tale risultato attraverso l’istituzione dei Pir il cui successo testimonia la validità dell’obiettivo. In questa sede, si desidera ipotizzare un’ulteriore forma di incentivo che considera una riduzione dell’imposizione in dipendenza della durata dell’investimento. Si potrebbe, pertanto, prevedere una aliquota decrescente in funzione della durata dell’investimento, arrivando ad equipararlo alla tassazione agevolata del 12,5% sui titoli di Stato ed eventualmente azzerandola dopo un arco temporale particolarmente lungo (15 anni). Il risparmio stabilmente investito nel capitale delle imprese ha un effetto positivo per il sistema imprenditoriale italiano storicamente sottocapitalizzato. Analogamente a quanto avviene per i Pir, la funzione degli intermediari finanziari è in questa partita fondamentale perché per loro natura e funzione essi sono in grado di intermediare il risparmio privato destinandolo alle imprese nell’ambito di un quadro di controlli circa la solidità del progetto imprenditoriale e la correttezza della sua implementazione.

Occorre semplificare il regime fiscale

La seconda direttrice ipotizzata non è invece nuova nel sistema italiano, infatti la legge delega, approvata dalla scorsa legislatura, già prevede la «revisione del trattamento fiscale dei redditi personali derivanti dall’impiego del capitale, allo scopo di favorire l’efficiente funzionamento del mercato dei capitali» e la «progressiva armonizzazione dei regimi di tassazione del risparmio, anche con riferimento alle basi imponibili e al progressivo superamento della distinzione tra redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria».

In questo caso, si tratterebbe pertanto di rinnovare tali principi nell’ambito della delega fiscale che sarà ragionevolmente approvata nella prossima legislazione, stimolando così una auspicata semplificazione fiscale e maggiori flussi del risparmio privato a sostegno dell’imprenditoria italiana, motore della crescita economica del Paese. (riproduzione riservata)

*presidente Aipb-Associazione Italiana Private Banking
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