PIÙ DI UN ASSICURATORE ITALIANO SU TRE AUMENTERÀ LA QUOTA DI BOND IN PORTAFOGLIO
di Marco Capponi
Il Btp decennale verso il 4,5% piace sempre più agli investitori istituzionali, specialmente a quelli che, come gli assicuratori, hanno una storica predisposizione per portafogli in cui il reddito fisso gioca un ruolo preponderante. Un’evidenza che emerge dallo spaccato italiano dell’11° Global Insurance Report (Gir) di BlackRock: uno studio, consultato in anteprima da MF-Milano Finanza, condotto su 370 investitori assicurativi in 26 mercati, rappresentativi di circa 28 mila miliardi di dollari di asset in gestione.

Viste le dinamiche inflazionistiche e macro, a livello globale il 79% degli intervistati sta riconsiderando l’asset allocation strategica a lungo termine, e quasi la metà (49%) ha intenzione di rivedere le soglie di propensione al rischio. In questo contesto quasi un terzo del campione (31%) ha intenzione di aumentare la quota di reddito fisso in portafoglio, con una spiccata propensione (si veda il grafico in pagina) per i bond sostenibili e green (il 43% vuole accrescerne la quota) e per quelli governativi (42%). Proprio intorno a questo punto «ci sono scommesse e posizioni tattiche che devono essere considerate», spiega Fabio Laricchia, head of financial institution group Southern Europe and institutional client business Italy di BlackRock, «ad esempio il rendimento del Btp decennale italiano, che ha registrato un allargamento di circa 300 punti base da inizio anno (Thomson Reuters, dati al 20 settembre, ndr), è un’opportunità tattica, limitata dal vincolo di non voler essere troppo concentrati sul medesimo rischio». Già lo scorso anno gli assicuratori italiani erano «sovraesposti al rischio spread Italia rispetto ai loro colleghi europei. Da una parte c’è interesse a considerare il Btp, dato il suo elevato rendimento, dall’altra c’è la necessità di non concentrare eccessivamente i portafogli», aggiunge Laricchia.

In generale, l’obbligazionario è un’asset class molto rilevante per gli assicuratori. «Coi rendimenti attuali e le mosse delle banche centrali il 31% degli intervistati a livello globale vuole aumentare la sua esposizione, e in Italia il dato è addirittura più alto». Va detto però che in Italia l’esposizione al reddito fisso, compreso quello governativo, «è più elevata della media mondiale e l’incremento atteso sarà comunque limitato guardando all’asset allocation complessiva delle compagnie».

Lato diversificazione, altra caratteristica chiave dell’investimento per far fronte alle turbolenze di mercato, l’87% degli assicuratori globali ha intenzione di esporsi sempre più ai mercati privati, a testimoniare che c’è comunque una buona propensione agli asset di rischio. Tuttavia Anna Khazen, head of BlackRock’s financial institution group Emea, fa notare che, «dal momento che stiamo passando da un lungo periodo di crescita costante e di inflazione a un nuovo regime di accentuata volatilità sia a livello macro che di mercato, gli obiettivi degli assicuratori sono più dinamici rispetto alla sola ricerca di rendimento o alla diversificazione».

Rimane invece un po’ più di scetticismo verso l’azionario: solo il 28% vuole aumentare la quota di equity in portafoglio, meno del già citato reddito fisso e del 37% che intende destinare le proprie allocazioni alla liquidità. «Il mercato azionario è molto meno rilevante del reddito fisso nei portafogli, anche perché gli assicuratori temono la volatilità tra i maggiori rischi», evidenzia Laricchia. D’altro canto, quello che sta cambiando davvero è l’approccio di investimento: «si inseriscono sempre più Etf, sia sull’equity sia sul reddito fisso», chiosa l’esperto. Guardando agli intervistati su questo argomento, «in Italia il 65% degli assicuratori fa o farà a breve uso di Etf fixed income per gestire la liquidità, contro il 54% globale». Inoltre, i replicanti vengono considerati anche «nella core asset allocation: quasi il 60% degli italiani indica un utilizzo importante in quest’ottica all’interno dei portafogli». Il dato italiano è più alto della media complessiva, ma il movimento viene spiegato «da un minor utilizzo, in passato, di Etf come core asset nei loro portafogli rispetto alle controparti mondiali», precisa Laricchia. (riproduzione riservata)

Ma ci sono azioni che rendono due volte i titoli di Stato
di Paola Valentini
Il rendimento del Btp ha superato il 4% e dopo le elezioni di domenica è salito al 4,5%, ai massimi dalla crisi del 2011. Un’asticella che inizia a fare gola ai risparmiatori. Mediobanca Securities parla del ritorno possibile dei Bot people, famiglie che ricominciano a investire in titoli di Stato dopo che per alcuni anni sono uscite in concomitanza con il ridimensionamento del differenziale grazie all’azione della Bce che negli ultimi 10 anni ha fatto rientrare l’allarme spread con la sua politica monetaria espansiva, oggi giunta al capolinea. Certo il 4,5% è un livello che non è facile superare nel mondo obbligazionario a patto di esporsi ai rischi delle emissioni dei mercati emergenti. Ma nell’azionario non serve andare lontano. A Piazza Affari, complici i ribassi dovuti a rialzo dei tassi e timori per la recessione, ci sono diverse azioni che rendono come due Btp. Come emerge dall’analisi pubblicata sabato 24 settembre su Milano Finanza che ha elaborato, sulla base dei prezzi attuali e delle previsioni di consenso (Factset) sui dividendi relativi al bilancio di quest’anno (in distribuzione la prossima primavera per chi non darà l’acconto prima) delle società del Ftse Mib, la classifica dei dividend yield, dati dal rapporto tra cedola unitaria e prezzo dell’azione. A partire da Stellantis che presenta uno yield del 10,4%, considerando le attese di dividendo di 1,32 euro sul 2022. Simile il dividend yield di Azimut, 10,5%. Secondo il consenso il gruppo di risparmio gestito presieduto da Pietro Giuliani potrebbe pagare un dividendo di 1,58 dopo 1,3 euro sul 2021. In evidenza anche Mediobanca con uno yield di oltre il 9%. La banca di Piazzetta Cuccia ha approvato nei giorni scorsi i conti 2021-2022 (chiude il bilancio al 30 giugno) e quindi il suo dividendo non è stimato ma in questo caso reale e sarà pagato a breve. Grazie a un risultato netto di 907 milioni in aumento dai 807,6 milioni del 2020-21 all’assemblea del 28 ottobre verrà proposta l’assegnazione di un dividendo pari a 0,75 euro. L’importo sarà pagato dal 23 novembre con data stacco 21 novembre. Proprio lo stacco è uno spartiacque per poter ottenere il dividendo. Infatti ne ha diritto l’investitore che detiene il titolo all’apertura di tale giorno. (riproduzione riservata)
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