UNA NUOVA TUTELA PER I MANAGER DELLA P.A. NEL DLGS DI ATTUAZIONE DELLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA
di Antonio Ciccia Messina
Dirigenti p.a. scudati contro la responsabilità erariale se conciliano le cause civili. Devono comportarsi come manager privati e calcolare costi/benefici e non rimanere incagliati in giudizi dalla durata imprevedibile. Ad alzare le barriere a protezione dei dipendenti pubblici è la riforma della giustizia civile approvata con il decreto legislativo definitivamente licenziato dal Consiglio dei ministri del 28/9/2022 (ampiamente commentato da ItaliaOggi del 29/9/2022).

La codificazione della previsione di tutela cambia, dunque, i connotati al contenzioso che coinvolge le pubbliche amministrazioni. Vediamo perché. Un giudizio civile è sempre un rischio per tutte le parti in causa. L’imprevedibilità dell’esito del processo è una grossa spinta a risolvere la controversia con una conciliazione. Una conciliazione che serve non solo a eliminare il rischio di causa, ma anche a neutralizzare o comunque ad attenuare le spese di lite. Certo la conciliazione potrebbe voler dire anche rinuncia parziale alle proprie pretese, ma bisogna valutare se è meglio conciliare o rischiare il tutto per tutto andando a sentenza. Tutto ciò descrive una situazione difficile per tutti, che diventa complicatissima quando una parte in causa è una pubblica amministrazione. Per un dirigente pubblico conciliare o transigere significa assumersi la responsabilità delle eventuali rinunce oggetto dell’accordo conciliativo. E rinunciare, per esempio, ad una somma di denaro espone il dirigente pubblico a una possibile responsabilità di fronte alla Corte dei conti. Tra l’altro il dilemma rimane anche quando non si concilia o non si transige una causa: il dipendente pubblico può finire davanti al magistrato contabile perché non ha accettato un accordo e ha esposto l’ente a un esborso maggiore a fronte della successiva soccombenza. Sullo sfondo di tutto ciò sta l’esigenza, sottese a tutte le riforme della giustizia civile che si sono succedute in Italia, di fare meno processi e di fare durare poco quelli che si fanno, e tanto meglio se finiscono con una conciliazione. La scelta della riforma 2022 è, infatti, netta a favore della conciliazione e transazione delle liti anche di quelle, tante numericamente, che coinvolgono enti locali, amministrazioni centrali, enti pubblici non territoriali e simili.

Il decreto legislativo di riforma, in effetti, prevede una modifica alla legge 20/1994, sulla disciplina della responsabilità erariali dei pubblici funzionari. In base a questa modifica, in caso di conclusione di un accordo di conciliazione nel procedimento di mediazione o in sede giudiziale da parte dei rappresentanti delle amministrazioni pubbliche la responsabilità contabile scatta solo in due casi, dolo o colpa grave. La limitazione di responsabilità deriva sulla specificazione di cosa debba intendersi per colpa grave e cioè, negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti. La relazione al provvedimento, non a caso, spiega che si vuole limitare la responsabilità per danno erariale. Altro effetto della novella è limitare il controllo da parte della Corte dei conti: a quest’ultima si preclude la valutazione delle scelte discrezionali del funzionario pubblico, purché non irragionevoli ed irrazionali e purchè abbia motivato le sue scelte, seguendo le regole del procedimento amministrativo. Il funzionario pubblico deve mettere in colonna costi e benefici, che servono ad evitare oppure a definire una controversia, e se ha agito con ragionevolezza e buona fede vede sfumare il rischio di vedersi contestata una responsabilità patrimoniale individuale. Questa rimane solo se c’è un travisamento dei fatti o una grave violazione di legge (che significa inosservanza di una norma specifica a monte e non violazione di un qualunque principio generale o programmatico). Per citare ancora la relazione di accompagnamento del decreto, la p.a. deve comportarsi come un’impresa e il dirigente come un manager privato. Si avvia definitivamente al tramonto un’impostazione ancora maggioritaria negli enti pubblici per cui si preferisce una sentenza di soccombenza (con costi maggiori) piuttosto che la responsabilità di transigere o conciliare. L’attenuazione di questo secondo termine implica maggiore tranquillità di azione da parte del dirigente.

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