Previsioni Secondo Subran, capo economista di Allianz, la frenata del pil mondiale è inevitabile per la stretta di Fed e Bce e la crisi energetica Ma a metà del 2023 le banche centrali saranno costrette al dietrofront
L’economia viaggia a luci spente verso la recessione, i mercati non lo hanno ancora capito e si devono preparare ad un altro 5-10% di correzione. I falchi delle banche centrali stanno sbagliando tutto e questa volta non sarà la Cina a trainare l’economia mondiale fuori dai guai. Ludovic Subran, chief economist del colosso assicurativo tedesco Allianz, nel suo outlook d’autunno appena pubblicato, prevede un calo dello 0,1% per l’economia globale nel 2022, seguito da un modesto +1,5% nel 2023, lo stesso livello del 2008. Ma alla fine del primo semestre del 2023 Federal Reserve e Banca Centrale Europea si fermeranno e inizieranno anche ad abbassare un po’ i tassi di interesse.

Domanda. Subran, perchè pensa che la recessione sia inevitabile?

Risposta. Innanzitutto perché abbiamo gestito molto male la crisi energetica in Europa. Negli ultimi sei mesi abbiamo perso oltre 200 miliardi di euro perché il mercato della elettricità non funziona, e non lo abbiamo voluto riparare. Solo ora si pensa alla riforma. E poi ci sono le banche centrali. Penso che Federal Reserve e Banca Centrale Europea stiano facendo un errore storico. Puntare ad un tasso terminale del 4% per la Fed e del 2,5% per la Bce, come si attendono i mercati, provocherà una forte contrazione della domanda. Quindi andiamo verso una recessione globale.

D. Che recessione sarà?

R. Non sarà una recessione molto grave, ma peserà innanzitutto su occupazione e rischio di credito. Per l’Italia prevediamo -0,5% nel 2023, -0,8% per l’Eurozona, -0,7% per gli Stati Uniti. Pensiamo anche che sarà una recessione breve, e questo perché abbiamo ancora molta liquidità e abbiamo politiche fiscali di sostegno, che in Europa mobiliteranno circa il 2,5% del Pil e faranno sentire presto i loro effetti. Ma non dobbiamo giocare con il fuoco, ovvero con le politiche monetarie. Prevediamo che alla fine del primo semestre del 2023 le banche centrali si fermeranno e inizieranno anche ad abbassare un po’ i tassi di interesse. Il problema di questa recessione sarà che farà tante differenze, selezionerà il buono, il brutto e il cattivo. Nel senso che ci saranno aziende e Paesi che soffriranno di più, altri di meno, altri ne usciranno rafforzati. Dipenderà anche dalla inflazione, che toccherà il picco in Europa al 10% nel quarto trimestre, e pensiamo resterà alta anche nel primo trimestre 2023. L’anno prossimo la vediamo al 5,6% in Eurozona e al 2,9% negli Usa.

D. Di fronte a queste previsioni, che alternative hanno le banche centrali ad alzare i tassi d’interesse?

R. Il loro è un lavoro molto difficile. Ma non mi convince, ad esempio, la scelta che è stata fatta in Europa, dove la Bce non guarda alla vera natura della inflazione, ma vuole solo rimettere sotto controllo a tutti i costi le aspettative. Gli aumenti jumbo di 75 punti base sono troppo forti ed aggressivi. Certo che i rialzi sono iniziati un po’ troppo tardi, ma la rincorsa ci farà pagare un prezzo alto in termini di crescita.

D. Le borse speravano di vedere una prima inversione di rotta dell’inflazione negli Stati Uniti, ma con il dato uscito mercoledì le attese sono state deluse e i listini azionari sono scesi per la quarta settimana sulle ultime cinque. Dove li vede a fine anno?

R. Sul mercato azionario ci aspettiamo ancora una correzione tra il 5 e il 10%. Dipenderà da come si gestirà la crisi energetica in Europa, dall’andamento del settore immobiliare e dall’impatto delle elezioni di mid-term negli Stati Uniti. I mercati non sono ancora veramente posizionati per una recessione. Nel 2022 le imprese hanno perso quasi un terzo del cash che avevano accumulato nel 2020 e nel 2021. Temono l’aumento dei costi da una parte e dei tassi dall’altra. E devono fare un po’ più di debito per finanziare il circolante. Abbiamo già visto alcune grandi imprese, in particolare in Germania, finire insolventi a causa della crisi dell’energia. Quello che i mercati non scontano ancora sono la flessione degli utili e possibili profit warning. I primi stanno già arrivando.

D. La Cina ha pubblicato venerdi a sorpresa numeri timidamente positivi su consumi privati e produzione industriale in agosto. Come vanno interpretati?

R. Noi ci aspettiamo una crescita a fine anno del 4%. Il problema è che la Cina vive una crisi simile a quella del 2011-12 in Europa o a quella degli anni ’90 in Giappone. La domanda domestica è depressa e l’immobiliare è in crisi. Quindi non pensiamo che potrà dare un contributo importante alla crescita globale nel 2023. Anzi. Cina in frenata e Stati Uniti che raffreddano la domanda sono un doppio rischio anche per diversi paesi emergenti. Sarà importante capire quali messaggi arriveranno dal Congresso del Partito, soprattutto sui rapporti con gli Stati Uniti. Anche quelli tra Cina e Russia non sono stati chiariti dagli incontri di questa settimana. È uno scenario con cui dovranno fare i conti anche le aziende europee nelle loro scelte strategiche per i prossimi due o tre anni.

D. Subran, chiudiamo sull’Italia: il Btp è sopra il 4%. Il 25 settembre si vota. Pensa che ci potranno essere degli impatti anche sul mercato dei risultati delle elezioni?

R. Io sono ottimista sull’Italia. Nel breve termine mi aspetto forse qualche turbolenza, ma penso che i mercati abbiano già prezzato la vittoria di una coalizione di destra e che in ogni caso non ci saranno problemi. Il tema vero sarà vedere dopo il voto come verrà impostato il budget 2023 e quali riforme verranno fatte. In particolare quanto debito pubblico verrà utilizzato per lottare contro la crisi energetica. Certo, con la recessione in Europa e il debito sotto pressione, l’Italia sarà guardata come il Paese che deve fare di più. (riproduzione riservata)
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