Creare un linguaggio comune tra gli studi professionali, spiegando agli stessi come si organazzino al meglio le attività, quali sono i settori da governare e le principali aree su cui intervenire. Un passaggio che segna il futuro della professione e che potrà portare grossi vantaggi a chi ne usufruirà. Sono alcuni degli spunti offerti da Fulvio Pastore Alinante, vicepresidente Asla e Stefano Sibilio, vicedirettore generale processi e regolazione Uni, che hanno raccontato ad ItaliaOggi la genesi della norma tecnica e il futuro della stessa. «Una sorta di manuale di circa cinquanta pagine con 15 capitoli e due appendici, in cui si analizzano tutte le caratteristiche principali del settore in cui operano gli studi professionali», il giudizio condiviso di Alinante Pastore e Sibilio.

La prima domanda che sorge spontanea è perché uno studio dovrebbe implementare la norma, dato che non è un obbligo di legge. Innanzitutto, sottolineano i due esperti, si sta «lavorando per garantire a chi si certifica una riduzione dei costi delle coperture assicurative». Inoltre, in altri paesi già vengono richieste delle certificazioni e la prospettiva è quella di vedere la norma tra i requisiti premiali nei bandi di gara pubblici e privati. Infine, avere un riconoscimento da un ente come l’Uni permette di attestarsi ai clienti con un elevato profilo, avendo quindi vantaggi concorrenziali rispetto a un competitor che non rispetta i requisiti della norma tecnica.

Una parte consistente del testo è dedicata al rispetto della vita privata: «la norma si pone il problema di non spremere le persone», le parole di Pastore Alinante, «con un’attenzione particolare ai collaboratori a partita Iva ma anche verso il titolare dello studio».

«Le certificazioni nel mercato non sono tutte uguali», spiega poi Sibilio. «Una certificazione che si basa su una norma Uni e che viene rilasciata da un organismo come Accredia risponde alla vera qualità italiana; quindi è una certificazione realmente efficace e riconosciuta dalle istituzioni».

Oltre ai temi centrali, ovvero sostenibilità e inclusività (si veda altro articolo di seguito) e le valutazioni sul rapporto tra lavoro e vita privata, un altro degli aspetti principali della norma è quello legato alla gestione del rischio e alle valutazioni economico-finanziarie di uno studio. I professionisti «devono ragionare come imprese» e uno studio che trascura l’aspetto economico «sicuramente commette errori». Si tratta di «principi innovativi per un’organizzazione come quella degli studi che delineano, appunto, il futuro della professione», concludono i due esperti.

RESENTATA LA NORMA UNI PER AVVOCATI E COMMERCIALISTI. COINVOLTI 360 MILA PROFESSIONISTI
Bollino di qualità per gli studi
di Michele Damiani
Un bollino di qualità per avvocati e commercialisti, incentrato su sostenibilità, inclusività e tutela delle condizioni igieniche e sanitarie. Una certificazione che si rivolge a oltre 360.000 liberi professionisti, i quali potranno ricevere un’attestazione di qualità rilasciata da enti competenti che potrebbe portare all’attribuzione di eventuali punteggi preferenziali per l’assegnazione di incarichi professionali nell’ambito di appalti e bandi di gara, pubblici o privati, e una possibile riduzione dei costi delle coperture assicurative obbligatorie a fronte di un servizio qualitativamente certificato.

Si tratta della nuova norma tecnica Uni 11871:2022, denominata «Principi organizzativi e gestione dei rischi connessi all’esercizio della professione per la creazione e protezione del valore», promossa da Cassa Forense, Uni e Asla (Associazione italiana studi legali associati), presentata lo scorso 14 settembre a Roma. Una regolamentazione, come detto, pensata per gli studi professionali di commercialisti e avvocati e che mira a «modernizzare e ottimizzare la gestione degli studi, ma anche a facilitare l’individuazione delle principali aree di rischio per l’attività professionale, favorendo l’adozione di strumenti utili a contenerle e supportando la creazione e protezione del valore». La norma permetterà agli studi di ottenere, sulla base di questi criteri, una certificazione di conformità «rilasciata da enti competenti, utile ad avere accesso a incarichi professionali nell’ambito di appalti e bandi di gara, pubblici o privati», come si legge nella nota diffusa il giorno della presentazione a Roma.

In sostanza, la norma tratta l’organizzazione e i rapporti interni allo studio, specificando le principali prassi per quanto riguarda i rapporti con i clienti e introducendo una serie di elementi più innovativi, magari meno considerati fino ad oggi da parte dei titolari degli studi, come l’ambiente o l’equilibrio tra vita privata e occupazione. Viene identificato un concetto, quello della «sostenibilità degli studi», che si estrinseca in tre aree fondamentali: tutela dell’ambiente, della sfera lavorativa e dell’intervento sociale.

In merito alla prima area, gli strumenti fondamentali previsti dalla norma riguardano la digitalizzazione e dematerializzazione dei documenti, sull’utilizzo di materiali riciclati ed ecosostenibili, «impegnandosi nella differenziazione dei rifiuti ed evitando gli sprechi», fino all’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e non inquinanti. Viene poi sottolineato, sempre in questo ambito, anche l’incentivo al ricorso a una mobilità a basso impatto per tutti i componenti dello studio.

Dal punto di vista lavorativo, i principi di sostenibilità si concretizzano «nella facilitazione delle modalità di svolgimento dei compiti anche a distanza, favorendo il diritto alla disconnessione per i professionisti e il personale di studio, secondo criteri di correttezza, ragionevolezza e rigoroso rispetto delle norme applicabili».

Sul piano sociale vengono invece identificati gli interventi promossi per la valorizzazione dei territori, il sostegno a enti e associazioni senza scopo di lucro con finalità sociali e assistenziali, così come le attività di difesa, assistenza e/o consulenza gratuite sia per soggetti o categorie di soggetti indigenti che per gruppi o istituzioni che operano nel pubblico interesse.

In tema di pari opportunità e inclusività, lo studio dovrà per prima cosa assicurare ai suoi componenti percorsi di formazione e crescita interna. Il tutto utilizzando un linguaggio inclusivo «idoneo a riconoscere e ricomprendere tutte le individualità presenti nello studio, evitando stereotipi di genere e provenienza e consentendo, ove richiesto, l’utilizzo dei termini professionali regolarmente declinati sia al maschile che al femminile», come si legge direttamente nella norma.

Gli ultimi due aspetti trattati sono la tutela della vita familiare e quella sanitaria, che diventano principi che lo studio è chiamato a valorizzare. Sul primo versante, si sottolinea l’importanza di prendere in considerazione nel modo giusto le esigenze genitoriali dei lavoratori, oltre al rispetto di quanto previsto dalla normativa per i dipendenti (per esempio congedi di maternità, permessi per motivi familiari e quant’altro stabilito per legge o per contratto), prevedendo «ulteriori benefici su base volontaria, come, ad esempio periodi di assenza retribuita nella fase iniziale della vita genitoriale e facilitazioni nell’assegnazione di incarichi adeguati per complessità e tempistiche, orari flessibili e possibilità di lavoro a distanza, da estendersi anche ai professionisti».

Infine, per quanto riguarda la tutela sanitaria, ovviamente un peso importante arriva dall’esperienza Covid-19. Si parla infatti di prevedere un ambiente di lavoro salubre e sicuro, nel pieno rispetto formale e sostanziale delle normative di volta in volta applicabili, adottando misure preventive e protettive generalizzate ed efficaci. I titolari dovranno impostare metodi di valutazione e sorveglianza costante, «anche in relazione alle esperienze maturate negli oltre due anni di emergenza pandemica».
Fonte:
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