DOPO LE MODIFICHE DEL DL AIUTI BIS LA PALLA PASSA ALL’AGENZIA E ALLE INDICAZIONI OPERATIVE
di Giuliano Mandolesi e Gianluca Stancati
Le modifiche al regime di responsabilità solidale dei cessionari ad effetto boomerang: rischia di essere legittimato e restare in piedi l’approccio dell’Agenzia delle entrate circa l’obbligo di diligenza nei controlli e la sua declinazione in verifiche già stigmatizzate dagli operatori. Con un emendamento approvato lo scorso 13 settembre al decreto legge 115/2022 (il dl aiuti bis), il legislatore ha messo mano al comma 6 dell’articolo 121 del dl 34/2020 che disciplina i profili di responsabilità del cessionario che acquisisce un credito da bonus edilizio specificando che scatta la responsabilità solidale con il cedente in caso di concorso nella violazione “con dolo o colpa grave”.

Giuridicamente vi è la “colpa grave” (quella richiamata nell’emendamento) quando c’è una violazione dell’obbligo di diligenza, prudenza e perizia che il caso avrebbe richiesto di osservare. Di fatto quindi, tale modifica al regime di responsabilità, se pure indirettamente, offre copertura normativa all’approccio seguito dall’Amministrazione con la circolare n. 23/E/2022 che, declina una serie di test, presupponendo un obbligo di controllo il cui diligente adempimento è l’antidoto contro la chiamata in causa nella responsabilità.

Fino a quest’ultima novità, prima ancora di sindacare i sei indicatori proposti nella circolare, poteva fondatamente obiettarsi che, nel nostro sistema (art. 9 dlgs. 472/97), il concorso nella violazione richiede almeno una condotta omissiva, nella specie (originariamente) non configurabile in capo al cessionario, atteso peraltro il presidio della normativa antifrode (obbligo di visto e asseverazioni,) posto a monte della formazione del credito, che incombe sul contribuente ed è svolto da contribuenti qualificati. A questo punto, affiancando l’onere di acquisizione documentale al requisito (psicologico) minimo della colpa grave, la norma può essere logicamente intesa nel senso di misurare la diligenza, dunque la condotta incolpevole, in funzione dell’operato svolto una volta acquisiti i documenti.

Dunque, non saremmo di fronte ad un salvacondotto da “protezione documentale”. Piuttosto l’acquisizione del set cartolare (non solo visti/asseverazioni, ma tutti quelli della check consolidata) è un punto di partenza dell’analisi da svolgere, sia rispetto alla non spettanza del beneficio, che per la sua inesistenza.

In merito, il concetto di diligenza specifica/rafforzata, di cui alla circolare 23/E citata, rischia di restare coerente con la dimensione qualitativa della colpa che fonda la responsabilità. Senza indicare nuovamente le problematiche sui test richiesti dall’Agenzia delle Entrate oggetto di maggiori critiche, che non è scontato vengano meno con le modifiche normative in commento (soprattutto nn. 2-3: la coerenza con profilo reddituale e patrimoniale del beneficiario con il valore dell’immobile e la sproporzione tra l’ammontare dei crediti ceduti ed il valore dell’unità immobiliare), senz’altro resta compito del cessionario analizzare il citato set documentale e verificare sulla base dello stesso l’esistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione (indicatore n. 1: assenza di documentazione o palese contraddittorietà rispetto al riscontro documentale prodotto).

Di contro risulta sempre molto delicato l’aspetto relativo all’effettuazione dei lavori, tenendo conto che l’asseverazione del loro compimento è prevista solo per il superbonus. Da valutarsi se/in che termini un falso ideologico del professionista possa generare un affidamento incolpevole del cessionario. Negli altri casi, al di là di ulteriori dichiarazioni acquisibili dalle imprese esecutrici, oltre ai costi, non possono neanche trascurarsi le difficoltà operative di procedere a sopralluoghi ex post.
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