GENERALI, PER L’INGRESSO DI CRT DECISIVO IL RUOLO DEL SEGRETARIO LAPUCCI. L’IDEA DI UNA STAFFETTA AL VERTICE PER EVITARE LA ROTTURA

di Luca Gualtieri
Dopo l’ingresso della Fondazione Crt, che nel fine settimana ha annunciato il conferimento del proprio 1,23% al patto parasociale nato attorno a Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo Del Vecchio, il fronte ostile al ceo Philippe Donnet e a Mediobanca aspetta di conoscere le mosse dei Benetton. Azionista dal 2006 Ponzano Veneto non ha ancora giocato un ruolo attivo nella governance della compagnia, anche se la partecipazione è progressivamente cresciuta e si è portata al 3,97%. Una marginalità che, nonostante la storica vicinanza a Mediobanca (di cui sono anche azionisti al 2,1%, nonché membri dell’accordo di consultazione), negli ultimi anni avrebbe alimentato qualche malumore e che oggi potrebbe giustificare un’adesione al patto. Tornando alla Crt, sembra che la figura chiave per l’avvicinamento ai pattisti sia stata Massimo Lapucci, segretario generale della fondazione torinese, con cui in questi anni il presidente Giovanni Quaglia ha costruito un solido rapporto. Romano, classe 1969, Lapucci come il suo predecessore Angelo Miglietta vanta contatti di primo piano nella finanza italiana: non solo presiede lo European Foundation Centre, il centro europeo della filantropia con base a Bruxelles, ma siede anche nei cda di Banca Generali e di Caltagirone Editore. Contatti che gli hanno permesso di essere uno dei registi del patto ma che, secondo qualche osservatore, potrebbero anche fruttargli un ruolo di rilievo nella futura governance del Leone. Se insomma il patto sembra destinato a proiettarsi oltre il 16%, l’attenzione del mercato rimane concentrata sulle scelte del cda di Generali. Martedì 14 gli amministratori non esecutivi hanno votato a favore di un nuovo mandato di Donnet. Il via libera però è arrivato solo da una parte del cda, a riprova della spaccatura che si è aperta tra gli azionisti. Ora gli occhi sono puntati sulla scadenza del prossimo 27 settembre, quando il tema della lista sarà sottoposto al voto del board al completo. Anche se nei prossimi dieci giorni non si escludono prove di dialogo tra i grandi soci, le divisioni restano profonde e un accordo tra Mediobanca da un lato e i pattisti dall’altro appare lontano. Ciò malgrado c’è chi ritiene che un punto di incontro sia ancora possibile. Un compromesso possibile potrebbe essere una staffetta tra Donnet e un manager interno che ne raccoglierebbe il testimone nel corso del prossimo mandato. A titolo esemplificativo, per una soluzione di questo genere qualche socio fa i nomi di Luciano Cirinà (che guida Austria, Cee & Russia) o quello dell’amministratore delegato di Generali Italia Marco Sesana. Se le diplomazie non hanno smesso di lavorare, la pace appare comunque molto lontana. (riproduzione riservata)

Uno scontro aperto e quell’offerta su Banca Generali
Ormai è uno scontro a viso aperto tra la cordata Del Vecchio-Caltagirone da una parte e quella di Nagel, Donnet e Mediobanca dall’altra. Ma per quanto giornalisticamente la vicenda sia appassionante, molti degli osservatori, alcuni dei quali coinvolti quasi loro malgrado nel gioco degli schieramenti, concordano che lo scontro attuale non fosse atteso così agguerrito. Fino ad agosto molti pensavano (se non addirittura confidavano) che si sarebbe trovata una qualche conciliazione. C’era qualche anima pia ad esempio convinta che un manager d’esperienza come Philippe Donnet, vista la situazione d’attrito nel suo azionariato, potesse decidere di fare un passo indietro sbloccando l’impasse. Dicono che il punto di non ritorno sia stato l’incontro di fine agosto tra Nagel e Del Vecchio, incontro nel quale il numero uno di Mediobanca avrebbe rinnovato una vecchia proposta: detta in maniera spiccia, la fine delle ostilità in cambio della cessione di Banca Generali a Piazzetta Cuccia, con un’operazione che avrebbe comportato la discesa di Mediobanca nell’azionariato del Leone di Trieste intorno al 5-6%. Una proposta industrialmente sensata da parte di Piazzetta Cuccia, ma che è stata interpretata come un affronto dalla cordata Del Vecchio-Caltagirone. Il risultato è una guerra che come spesso accade non farà bene a nessuno. In primis a Generali. (riproduzione riservata)
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