IN CORSO RIFLESSIONI CON LA UE PER VALUTARE SE LA TRASFERIBILITÀ NON POSSA TRASFORMARE IL CREDITO IN UN MACIGNO SUI CONTI

di Luisa Leone
Il Superbonus al 110% rischia di essere azzoppato. La misura, che con le semplificazioni dei mesi scorsi ha decisamente ingranato la marcia dopo un avvio lento, è sotto la lente del governo e di Bruxelles. La conferma dell’agevolazione e la volontà di estenderla al 2023 non sono in dubbio, anche se il costo della misura è stellare (circa 18 miliardi), ma il punto è che a rischio potrebbe essere proprio quello che rende il Superbonus appetibile per i cittadini e cioé la cedibilità del credito, che di fatto permette di eseguire i lavori senza praticamente sborsare un euro o quasi. Il punto è che proprio la previsione di passare il credito con lo Stato a soggetti con una capienza fiscale maggiore del singolo cittadino potrebbe finire per far rientrare la spesa, finora considerata «non pagabile» e quindi non caricata direttamente sul debito per tutte le rate annuali in previsione di essere pagate, tra quelle considerate da Eurostat come invece «pagabili», ovvero un esborso certo per lo Stato e quindi da considerare tutto e subito ai fini della contabilità nazionale.

La questione è al momento al vaglio del governo e sarà approfondita in sede europea proprio perché non è al momento esplicitamente regolamentata, probabilmente perché si tratta di una forma di sgravio molto peculiare, che nasce come detrazione fiscale, quindi un’agevolazione considerata «non pagabile» da Eurostat, ma che prevede la facoltà di trasformarla in credito d’imposta e di cederla a terzi, il che potrebbe snaturarne il profilo iniziale. Di certo c’è che all’inizio l’avvio del Superbonus, pensato dall’esecutivo Conte II per dare una spinta all’economia con una veste di sostenibilità (per ottenere l’agevolazione è necessario un salto di due classi energetiche per gli edifici), è stato lento a causa delle complicazioni burocratiche. Ma dopo che lo scorso luglio la procedura è stata semplificata con l’introduzione della semplice comunicazione di inizio lavori (Cila) e un apposito modulo standardizzato valido in tutte le regioni in un solo mese le richieste arrivate da parte dei condomini sono balzate del 45%.

Adesso però si intravedono nubi all’orizzonte e anche se al momento non c’è nulla di deciso la questione della cedibilità è stata posta sia a livello nazionale che europeo. Tra l’altro la scorsa estate l’Istat, su parere dell’omologo Ue, ha già considerato il credito per Transizione 4.0 come pagabile a prescindere dalla facoltà di cessione, come ha esposto in una recente risposta a un’interrogazione parlamentare il sottosegretario all’Economia Maria Cecilia Guerra. Per questa misura quindi potrebbe invece esserci una revisione in senso positivo per i contribuenti, ovvero la concretizzazione della cessione del credito, anche se la decisione arriverà solo con la prossima legge di bilancio e quindi non prima della fine dell’anno. (riproduzione riservata)

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