IN SPAGNA LIEVITANO I RICORSI ALLE COMPAGNIE DOPO LA SENTENZA SFAVOREVOLE A GENERALI
di Anna Messia
In Spagna il tribunale di Granada ha condannato le Generali a pagare 80.000 euro a un albergatore per la chiusura dell’attività durante la pandemia e ora decine di imprese turistiche del Paese sono pronte ad avanzare richieste di risarcimento alle compagnie di assicurazioni. E nei giorni scorsi anche la Paramount Pictures ha citato in giudizio un’unità dell’assicurazione americana Chubb per non aver pagato completamente i reclami relativi a ritardi e interruzioni causati dal Covid nella produzione di Mission Impossible 7, l’ultimo film della serie di successo prodotta dalla casa cinematografica che vede come protagonista Tom Cruise. In ballo c’è una polizza assicurativa che avrebbe dovuto rimborsare più di 100 milioni se i membri del cast non fossero stati in grado di prendere parte alla produzione, con conseguenti ritardi o interruzioni a causa del virus, ma la questione è finita davanti ai giudici.

Effetti della pandemia, che sta provocando una pioggia di cause legali; sul banco degli imputati le compagnie di assicurazione che hanno venduto alle imprese polizze per l’interruzione di attività (tecnicamente «business interruption»). Coperture che intervengono quando l’attività imprenditoriale viene bloccata per esempio a causa di un terremoto o di un attacco informatico, ma non è del tutto chiaro se la pandemia rientri tra le casistiche di attivazione delle polizze di business inturruption. Se da una parte le imprese sono te pronte a richiedere i danni alle assicurazioni, dall’altra le compagnie frenano, ma finora sembrano avere la peggio.

La questione è arrivata in tribunale anche nel Regno Unito con la sentenza della Suprema Corte britannica che lo scorso gennaio ha rigettato i ricorsi delle compagnie sulla validità delle polizze di business interruption, prevedendo risarcimenti complessivi per circa 1,2 miliardi di sterline. A prendere le difese degli assicurati è stata la Financial Conduct Authority (Fca), l’autorità inglese che vigila sulla correttezza dei comportamenti degli intermediari finanziari, con una mossa che ha messo alle strette le compagnie. I pagamenti sono in corso in questi mesi e lo scorso agosto la stessa Fca ha pubblicato le cifre aggiornate degli importi dei rimborsi versati dagli assicuratori alle aziende inglesi che hanno visto il fatturato crollare a causa dell’epidemia, con un esborso che ha già superato il miliardo. In particolare, le compagnie britanniche ad oggi hanno versato 636,8 milioni di sterline (748 milioni di euro) a titolo di risarcimento completo agli assicurati coperti da assicurazione per business interruption e 331 milioni di sterline (389 milioni di euro) in pagamenti iniziali, portando il totale a più di 968 milioni di sterline (1,13 miliardi di euro). Secondo l’ultimo aggiornamento, nell’ambito dei 41.666 sinistri per business interruption registrati dagli assicuratori (copertura contrattuale) il 63% degli assicurati ha già ricevuto un primo pagamento (26.889 in totale), anche se la situazione dei rimborsi varia molto da un assicuratore all’altro. Aessere coinvolte sono compagnie inglesi (come Hiscox e Ms Amlin), ma non mancano le controllate inglesi dei gruppi europei, da Axa Insurance Uk (che ha liquidato completamente quasi la metà delle 3.095 richieste di risarcimento per interruzione di attività accettate) a Covéa Insurance (che ha risarcito interamente 2.562 casi su un totale di 2.816) passando per Allianz Insurance (che ha fatto lo stesso con 1-934 sinistri su 2.332).

Il fenomeno tocca relativamente l’Italia, dove appena il 3% delle imprese ha coperture di tipo business interruption e anzi, come anticipato da MF-Milano Finanza, l’Ania (l’associazione degli assicuratoti) e Confindustria hanno aperto un tavolo proprio con l’obiettivo di aumentare la diffusione di queste polizze. Ma il caso di Generali in Spagna segnala che conviene tenere conto di quanto sta avvenendo negli altri Paesi europei su questo particolare fronte assicurativo. (riproduzione riservata)
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