I cambiamenti climatici mettono a rischio la produzione di vino dell’85% dei paesi produttori nel mondo. Lo dice una ricerca pubblicata su National Academy of Sciences, primo autore lo spagnolo Ignacio Morales-Castillaa, secondo cui l’aumento della temperatura di 4 gradi centigradi porterà ad uno spostamento delle produzioni a Nord e a un conseguente potenziale sconvolgimento delle dinamiche commerciali attuali. Per Armando Castagnedi, titolare di Tenuta Sant’Antonio, 140 ettari di vigneti in provincia di Verona: «Si tratta di una sfida alla quale dobbiamo rispondere con il fare squadra e con investimenti su ricerca e innovazione per trovare nuovi strumenti e processi produttivi.

Tenuta Sant’Antonio, negli ultimi anni ha investito oltre il 10% del fatturato per rendere più efficienti le tecnologie e la logistica». Le preoccupazioni maggiori arrivano dalle bolle di calore e dalle piogge improvvise, torrenziali. «Si notano cambiamenti soprattutto nella maturazione delle uve e in anche nelle fasi fenologiche della pianta. Si va dalla caduta delle gemme per il gran caldo, alle piogge intense che spaccano i chicchi, agli anticipi della raccolta, ad una maggior concentrazione che tuttavia non incide sulla qualità delle uve», continua Castagnedi. Che evidenzia: «Se non possiamo deviare il percorso della natura, possiamo aiutare le piante a combattere al meglio i cambiamenti». Tra i processi messi in atto dalla tenuta, «la conversione a biologico, l’impiego della tecnologia, tra cui le centraline, per una corretta irrigazione, e l’applicazione di pratiche agronomiche senza l’uso della chimica».
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