di Francesco Bertolino
I costruttori europei lanciano l’allarme: per la svolta elettrica dell’auto mancano colonnine. Secondo l’Acea, 10 Paesi Ue hanno meno di un punto di ricarica ogni 100 chilometri. Fra loro figurano Polonia, Grecia, Romania e altri Stati dove la penetrazione dei veicoli alla spina nel mercato è inferiore al 3%. Non è chiaro quale sia la causa e quale l’effetto: se la carenza di infrastrutture scoraggi l’acquisto di vetture elettriche o, viceversa, se la loro installazione sia frenata dalla scarsa domanda. Il fatto che nella lista figurino soprattutto economie a reddito medio-basso pare però confortare quanti sostengono che al momento la rivoluzione elettrica della mobilità sia tutt’altro che democratica. A favore di questa tesi milita l’elenco dei Paesi con la rete più capillare di punti di ricarica, che sono anche fra i più ricchi d’Europa: Olanda (47,5 ogni 100 chilometri), Lussemburgo (34,5) e Germania (19,4). Quanto all’Italia, l’Acea ha individuato 5,1 colonnine ogni 100 chilometri, un numero che la colloca al settimo posto in Ue dietro a Portogallo, Austria e Belgio. «I consumatori non potranno compiere la svolta verso i veicoli a zero emissioni se non ci sono abbastanza stazioni di ricarica lungo le strade che percorrono», ha sottolineato il direttore generale dell’associazione, Eric-Mark Huitema. «In Ue si dovranno fare enormi progressi nello sviluppo delle infrastrutture in un lasso di tempo molto breve», ha aggiunto. Il piano Fit for 55 della Commissione europea prevede infatti un taglio del 55% delle emissioni di Co2 delle automobili entro il 2030 e il loro azzeramento nell’arco del successivo quinquennio. Di fatto, in Ue le vendite di nuove auto a benzina e diesel saranno vietate a partire dal 2035. La scadenza preoccupa non poco molti costruttori, convinti che le strutture economiche e infrastrutturali non siano pronte all’addio ai motori termici. «I progressi fatti in pochi Paesi dell’occidente europeo sono incoraggianti, ma non devono distrarci dal disastroso stato delle reti di ricarica in altri Stati Ue». Il rischio per le case è di trovarsi dinanzi a un mercato frammentato e di dover perciò tarare l’offerta di motorizzazioni sul singolo Paese, a tutto danno delle economie di scala e delle sinergie industriali. Il programma di Bruxelles, per la verità, richiede ai governi di garantire la presenza di stazioni di ricarica a intervalli regolari sulle principali arterie di comunicazione: almeno una colonnina elettrica ogni 60 chilometri e una a idrogeno ogni 150 chilometri. «Pur apprezzando l’introduzione dei tanto necessari requisiti vincolanti per le stazioni di ricarica in ogni Stato membro», ha avvertito Huitema, «questi target dovranno essere rafforzati significativamente per centrare i nostri traguardi climatici». Secondo AlixPartners, in Europa occorreranno 61 miliardi di investimenti per costruire una rete di ricarica all’altezza degli obiettivi di decarbonizzazione fissati dalla Commissione. Una parte delle risorse arriverà dai privati, costruttori e compagnie energetiche, interessati a trovare nuove fonti di ricavo nei servizi ausiliari di mobilità. La quota maggiore di spesa dovrebbe però spettare al pubblico e non è detto che tutti i governi troveranno risorse per sostenerla. (riproduzione riservata)

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