GLI ESITI DELLO STRESS TEST ECONOMICO DI FRANCOFORTE. ISTITUTI PENALIZZATI DAI PERICOLI FISICI LEGATI AI DISASTRI NATURALI
di Francesco Ninfole
Le banche europee saranno «severamente» colpite «se le questioni relative al cambiamento climatico non verrano affrontate». È quanto emerge da uno stress test economico pubblicato ieri dalla Bce, i cui esiti saranno utilizzati anche per l’esame specifico sui rischi climatici che sarà condotto l’anno prossimo sulle banche e sullo stesso istituto centrale. I pericoli maggiori sono per i gruppi del Sud Europa.

Il rischio climatico considerato nello stress test Bce ha compreso sia il rischio fisico sia quello di transizione. Il rischio fisico è l’impatto economico di un aumento previsto della frequenza e della portata dei disastri naturali. In Europa i rischi fisici sono distribuiti in modo differenziato: le regioni settentrionali sono più esposte alle inondazioni, quelle meridionali allo stress termico e agli incendi. Il rischio di transizione è invece il costo dell’introduzione di politiche per ridurre le emissioni d’anidride carbonica, in particolare in alcuni settori. Per esempio, il comparto minerario o elettrico dovrebbero sostenere costi considerevoli per ridurre le emissioni, il che aumenterebbe la loro probabilità di default nel breve e medio termine.

Sugli esiti dello stress test economico hanno inciso soprattutto i rischi fisici, che gravano in particolare sulle banche in Grecia e poi nell’ordine in Portogallo, Spagna, Malta e Italia. I dati sono stati elaborati anche sulla base degli scenari climatici del Ngfs (Network for Greening the Financial System). Va comunque precisato che in questo ambito mancano dati del tutto affidabili. L’obiettivo della Bce è stato perciò quello di fare un quadro generale dei rischi, più che quello di indicare settori bancari in difficoltà. In ogni caso le banche europee sono in ritardo rispetto alle aspettative della Vigilanza Bce, che ha recentemente chiesto agli istituti di accelerare sulla gestione dei rischi climatici (si veda Milano Finanza del 28 agosto scorso). Nei prossimi Srep potrebbero essere decise misure qualitative, ma non requisiti di capitale aggiuntivi.

Le perdite attese sui finanziamenti alle aziende nello stress test Bce sono previste in aumento significativo nel tempo, con la possibilità di diventare critiche nei prossimi 30 anni. Nel 2050 il portafoglio medio di prestiti alle imprese avrebbe l’8% di probabilità in più di andare in default nello scenario peggiore (quello in cui non si prendono misure sul clima) rispetto ad una transizione ordinata. L’impatto causato dal clima diventa ancora più pronunciato distinguendo tra diversi portafogli di prestiti. Quelli più vulnerabili al rischio climatico hanno il 30% di probabilità in più di andare in default nel 2050 rispetto al 2020 nello scenario avverso («hot house world»): questo aumento è cinque volte maggiore dell’aumento medio nello stesso scenario. Dall’esame emerge inoltre che i rischi sono concentrati: il 4% delle banche ha erogato il 20% dei prestiti alle società più inquinanti, che producono il 45% delle emissioni (un terzo di questi portafogli sono in Italia, la metà tra Germania e Francia). Sempre nell’ipotesi peggiore, il pil dell’Eurozona sarebbe il 10% più basso nel 2100 rispetto a quello in cui i governi rispondono alla sfida climatica. Secondo la Bce la transizione verso un’economia più verde è in ogni caso «anche un’opportunità d’oro». Per la banca centrale «l’esercizio mostra che i vantaggi di un’azione tempestiva superano i costi iniziali nel medio e lungo termine, anche come risultato dei guadagni d’efficienza energetica per le società e dei prezzi dell’energia più bassi in generale». (riproduzione riservata)
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