Marco Capponi
Sempre più investimenti, sempre meno liquidità. Un’equazione a somma positiva che potrebbe condurre nel 2025 le reti di consulenza finanziaria italiane a sfondare il tetto dei 1.000 miliardi di euro di patrimonio, un terzo in più rispetto a oggi. Obiettivo ambizioso quello presentato da Assoreti, associazione delle reti di consulenti finanziari, in occasione del Salone del Risparmio tenutosi nei giorni scorsi Milano. Ma anche un traguardo simbolico, coronamento auspicato di una ripresa del Paese che, come specificato anche dal presidente di Assogestioni Tommaso Corcos, passerà in primo luogo dal ponte tra investimenti ed economia reale. Primo obiettivo degli asset manager: rimettere in moto la liquidità. Gli ultimi dati Abi relativi a luglio hanno mostrato che il totale dei depositi della clientela residente ha aggiornato il record a 1.805 miliardi. E il rapporto Assogestioni-Censis sulle scelte di investimento degli italiani, presentato in apertura del Salone, ha rilevato che nell’anno pandemico la propensione al risparmio delle famiglie è raddoppiata passando dall’8,1% al 15,8%.

Eppure l’obiettivo dei 1.000 miliardi non è un’utopia. «Secondo le nostre proiezioni sulla base delle evidenze degli ultimi sei anni», commenta Marco Tofanelli, segretario generale di Assoreti, «il mercato al 2025 ha questo potenziale e solo il 15,5%, pari a 115 miliardi, è costituito da liquidità. Oggi i risparmi italiani a cura delle reti ammontano a circa 750 miliardi, nei quali è inclusa una parte di liquidità – il 16% – funzionale alla diversificazione del portafoglio». Viceversa un eccesso di cash sarebbe «un disvalore, tanto più se l’inflazione aumenta». Al giugno 2020, precisa Tofanelli, «eravamo a 614 miliardi: l’aumento del patrimonio è stato quindi del 21%, e di questo aumento l’8% deriva da raccolta nuova e il 10% è riconducibile a un effetto mercato». Le proiezioni potrebbero addirittura essere più rosee: «La stima a 1.000 miliardi», sottolinea il segretario generale, «è sicuramente prudente, perché l’effetto-mercato è molto meno pronunciato».

Anche l’identikit dell’investitore che sta riemergendo dal letargo pandemico parrebbe giocare a favore della fuga dalla liquidità. Censis e Assogestioni hanno segnalato che nel 2021 i clienti dei consulenti hanno visto aumentare del 3,7% la percezione di nuove opportunità, del 20,8% la disponibilità a sperimentare strategie nuove e addirittura del 13,1% la voglia di investire. Evidenza rafforzata anche dai dati di raccolta Assogestioni di luglio: le sgr censite dall’associazione di categoria hanno visto afflussi pari a 6,4 miliardi, che hanno portato a 57,7 il totale della raccolta da inizio anno e a 2.545 il patrimonio complessivo dell’industria. Un nuovo massimo storico. Il 2021 è stato finora un anno d’oro per i fondi azionari, trainati dai rally di quasi tutti i mercati, con afflussi complessivi vicini ai 22 miliardi. Senza contare l’interesse crescente per la sostenibilità. «Nei primi sei mesi», ha evidenziato Corcos, «la raccolta derivante da fondi sostenibili è stata superiore a quella complessiva sui fondi aperti: come Assogestioni dobbiamo enfatizzare la componente ambientale, prestare più attenzione a quella sociale e far sentire la nostra voce nei cda».

I numeri appaiono incoraggianti, ma non va dimenticato che la strada da percorrere resta lunga. Corcos è stato chiaro: «Il futuro dell’industria del risparmio deve passare da una combinazione di sviluppo sostenibile, supporto all’economia reale, governance, digitalizzazione e modello di servizio». Su quest’ultimo punto anche Assoreti sta giocando la sua partita. «Il modello attuale», sottolinea Tofanelli, «già funziona bene; gli intermediari hanno ritorni sufficienti per investire e dotare i consulenti di piattaforme tecnologicamente evolute». Premesse che devono consentire all’industria di transitare verso un «modello di consulenza evoluta, riperimetrata, non più solo finanziaria ma patrimoniale, volta a pianificare gli investimenti sulla base delle esigenze delle famiglie». Quello che porta a detenere eccessiva liquidità è spesso un desiderio di gestione sicura degli imprevisti. «Si tratta di scarsa educazione: solo con la pianificazione di medio-lungo periodo è possibile superarli», argomenta il segretario generale. E proprio nel perimetro della cultura finanziaria rientra anche l’educazione alla sostenibilità, che ha portato Assoreti a siglare una partnership con Enel Foundation per la formazione certificata dei consulenti. «Bisogna convogliare gli investimenti verso imprese che siano Esg-compliant davvero e non solo di facciata».

Infine, una centralità strategica la assume il tema del ricambio generazionale. Il 7% dei consulenti nel perimetro Assoreti è over 65, mentre gli under 30 sono solo l’1,8%. «Se pensiamo che il portafoglio medio per consulente è intorno ai 30 milioni», spiega Tofanelli, «si prospettano decine di miliardi che nei prossimi anni potranno essere riallocati». Il modello pensato è quello del team: «I consulenti junior possono avvicinarsi ai senior e superare i primi anni unendo le loro nuove competenze specialistiche all’esperienza dei più anziani». Un ricambio che, unito a convenzioni con le università per percorsi da consulente, potrà «intercettare le nuove fasce di clientela che si stanno affacciando sul mercato». (riproduzione riservata)