SUL CONTRASTO TRAMITE IL DIRITTO PENALE IL RECEPIMENTO INTERNO VA OLTRE LE RICHIESTE COMUNITARIE

Sulla lotta al riciclaggio il recepimento italiano supera le richieste europee. Tutti i delitti, sia dolosi e colposi, a prescindere dalla pena per essi prevista diventano presupposto del reato di riciclaggio. E’ quanto emerge dallo schema di decreto legislativo, approvato le scorse settimane dal Consiglio dei Ministri, e che attua la direttiva (Ue) 2018/1673 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2018 sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale.

Dunque, sebbene la direttiva richieda che reati presupposto siano quelli punibili con una pena detentiva di durata massima superiore a un anno ovvero (per gli Stati membri il cui ordinamento prevede una soglia minima) di durata minima superiore a sei mesi, il decreto legislativo in via di approvazione ha scelto di tener conto del suddetto limite solo se il reato presupposto sia una contravvenzione (il che connota di minor disvalore la fattispecie) e non se si tratta di delitti.

Riciclaggio e reato presupposto. Per comprendere l’intervento normativo in esame va premesso innanzitutto che il riciclaggio presuppone che in precedenza sia stato commesso un altro illecito penale (c.d. reato presupposto), incriminando la norma la condotta di chi trasferisca o sostituisca il denaro, i beni o le altre utilità proprio provenienti da tale reato presupposto, ovvero compia in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza criminosa.

Inoltre, va chiarito che il codice penale, all’art. 648-bis secondo la formulazione attualmente in vigore (e la cui modifica è stata adesso sottoposta al vaglio del preconsiglio dei ministri), non punisce tutti i casi in cui le somme ripulite originino da un illecito penale, genericamente qualificato, bensì richiede che il reato presupposto in primis appartenga alla categoria dei delitti, e in secondo luogo sia, sul piano dell’elemento soggettivo, un delitto «non colposo», ovvero doloso. E ciò pur con la precisazione per cui, per ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale, non si richiede che il suddetto delitto presupposto sia stato accertato con sentenza passata in giudicato, essendo sufficiente che il fatto delittuoso risulti dagli atti del processo e che quindi il compimento di tale delitto si sia esaurito nel momento di inizio della condotta disciplinata.

La direttiva europea. Ciò premesso, la disposizione della direttiva a cui fare riferimento è l’art. 2, che definisce, tra l’altro, l’attività criminosa idonea a costituire reato presupposto di riciclaggio, includendovi qualsiasi tipo di coinvolgimento nella commissione di un reato punibile, conformemente al diritto nazionale, con una pena detentiva o con una misura privativa della libertà di durata massima superiore a un anno, ovvero, per gli Stati membri il cui ordinamento giuridico prevede una soglia minima di pena, di durata minima superiore a sei mesi.

Lo stesso articolo, tuttavia, esclude l’applicabilità di tale soglia per una serie di reati, elencati in via tassativa, che sono considerati pertanto reati presupposto a prescindete dall’entità delle sanzioni previste. Si tratta in particolare dei reati in materia di: criminalità organizzata, racket, terrorismo, tratta di esseri umani e traffico di migranti, sfruttamento sessuale, traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope, traffico illecito di armi, corruzione; traffico illecito di beni rubati e altri beni, frode, falsificazione di moneta, contraffazione e pirateria di prodotti, reati ambientali, omicidio, lesioni fisiche gravi, rapimento, sequestro di persona e presa di ostaggi, rapina o furto, contrabbando, reati fiscali relativi a imposte dirette e indirette, estorsione, contraffazione, pirateria, abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato, criminalità informatica.

Il decreto legislativo di attuazione. Per adeguarsi alla normativa europea, l’Italia avrebbe potuto, oltre a confermare il già da tempo previsto scattare delle manette qualora le somme riciclate provengano dai suddetti delitti dolosi, limitarsi a ricomprendere nel novero dei reati presupposto quelli per cui il nostro ordinamento prevede una cornice edittale pari o superiore a quella indicata dalla direttiva.

Tuttavia, ha deciso di spingersi oltre, sottolineando nella relazione illustrativa che la direttiva si limita a dettare norme minime relative alla definizione dei reati e alle sanzioni in materia di riciclaggio e non preclude, quindi, disposizioni normative di portata più ampia, quanto a definizione della fattispecie incriminatrice o entità del trattamento sanzionatorio.

Pertanto, nell’ampliare l’ambito di operatività degli artt. 648-bis e 648-ter.1 c.p. (che puniscono appunto il riciclaggio e l’autoriciclaggio), il testo vagliato le scorse settimane dal Consiglio dei ministri allarga il catalogo dei reati presupposto con una severità che supera le richieste: specificamente, lo estende con il primo comma a tutti i delitti, siano essi dolosi o colposi e a prescindere dalla cornice edittale per essi prevista, mentre con il comma successivo alle contravvenzioni punite con l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.

Trattamento sanzionatorio. A modulare il rigore dell’intervento, la bozza di decreto legislativo ha optato per una diversificazione del trattamento sanzionatorio: per il riciclaggio, viene estesa all’ipotesi in cui la provenienza del provento ripulito sia da delitto colposo la pena già prevista per il caso di origine da delitto doloso, ovvero la pena della reclusione da quattro a dodici anni e della multa da 5.000 a 25.000 euro, mentre nell’ipotesi di origine da contravvenzione la cornice edittale spazia tra i due e i sei anni di pena detentiva e tra i 2.500 e i 12.500 euro di pena pecuniaria. Per l’autoriciclaggio, nel primo caso (origine da delitto, sia esso doloso o colposo) si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da 5.000 a 25.000 euro; nel secondo caso la cornice è come anticipato dimezzata (con la pena detentiva che va da uno a quattro anni e quella pecuniaria da 2.500 a 12.500 euro).

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