Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali


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Internet scende in campo sulla cessione dei crediti di imposta del 110%. Si sta, infatti, venendo a creare una sorta di piazza virtuale in cui scambiare crediti fiscali, in quanto si stanno diffondendo in rete alcuni marketplace quale punto di incontro fra seller e buyer, venditori e acquirenti, che in questo modo ottengono reciproci vantaggi. Da un lato, i cedenti del credito possono ottenere liquidità e incassarla sull’immediato, dall’altro lato, gli acquirenti sono in grado di comprare i crediti d’imposta ceduti a un prezzo scontato, risparmiando su quanto dovuto all’Erario.
Il welfare migliora i risultati di business. Così come aumenta i livelli occupazionali nelle imprese. Le aziende con i livelli di welfare più elevati sono quelle che hanno registrato i migliori tassi di crescita in termini di fatturato e utile, correlati a un aumento del numero di lavoratori impiegati. È quanto emerge dalla quinta edizione del rapporto «Welfare index Pmi», promosso da Generali Italia e realizzato in collaborazione con Cerved e la partecipazione di cinque confederazioni nazionali di categoria (a Confprofessioni, Confindustria, Confagricoltura e Confartigianato quest’anno si è aggiunta Confcommercio). Il rapporto monitora le iniziative di welfare delle imprese di tutti i settori produttivi e tutte le classi dimensionali (da sei fino a mille dipendenti) in dodici aree: previdenza integrativa, sanità integrativa, servizi di assistenza, polizze assicurative, conciliazione vita-lavoro, sostegno economico, formazione, sostegno all’istruzione di figli e familiari, cultura e tempo libero, sostegno ai soggetti deboli, sicurezza e prevenzione, welfare allargato al territorio e alle comunità.

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Ben 1,8 milioni i contratti per proteggersi dal Covid, +800% le ricerche online sulle assicurazioni sanitarie, sale l’interesse dei giovani. Zurich lancia prodotti personalizzati.
“Temono di non avere nessuno che si possa prendere cura di loro, hanno il timore di rimanere invalidi e di non poter più lavorare e di lasciare i parenti in difficoltà economiche, di non avere i soldi per affrontare l’insorgere di una grave malattia». Dario Moltrasio, amministratore delegato di Zurich Investments Life racconta quali sono le paure principali degli italiani, snocciolando i dati di uno studio che la compagnia assicurativa Zurich ha realizzato, ad uso interno. «Proprio lo scorso giugno, dopo il lockdown, abbiamo intervistato un campione di 1.700 persone», prosegue l’ad. Obiettivo comprendere i cambiamenti provocati dal coronavirus. «Abbiamo potuto appurare che i timori sono gli stessi che avevamo monitorato in precedenza, – assicura Moltrasio – però stiamo notando che aumenta invece la percentuale di chi si assicura, soprattutto tra i giovani». Un boom di interesse nei confronti delle polizze è emerso anche da un’indagine della Italian Insurtech association (IIA) sui Millennials (23-38 anni) che ha preso a campione mille intervistati tra Regno Unito, Francia, Stati Uniti e Italia.
  • Un autunno di nuvole nere, la schiarita arriverà nel 2021
Antonio Cavarero: “La brutta piega della Brexit, il ritorno dei contagi, il clima che grava sulle elezioni statunitensi: l’incertezza durerà settimane”, dice il responsabile Investimenti di Generali
  • Servizi high tech e valori. Credem al test benessere
Lucio Igino Zanon, presidente di Credem, vede nel posizionamento strategico un nodo cruciale per fare la differenza

  • La misura giusta: coprire solo il tenore di vita

Ma quanti soldi bisognerebbe tenere sul conto per stare tranquilli senza perdere l’occasione di investire in modo più profittevole il denaro che resta inutilizzato? Volendo semplificare al massimo, per riuscire a far fronte senza pensieri alle spese quotidiane e a eventuali imprevisti, potrebbe essere sufficiente lasciare sul conto corrente l’equivalente di due o tre mensilità lavorative. Ma se proprio si vuole essere precisi, allora è necessario farsi bene i conti in tasca, «tenendo conto di tre variabili chiave: il reddito, il tenore di vita e gli obiettivi del nucleo familiare — suggerisce Paola Ferrari, Cfa e analista dell’ufficio studi e ricerche di Consultique —. Per esempio, se le entrate nette mensili sono sufficienti a garantire il tenore di vita desiderato e si ipotizza che il nucleo familiare non debba sostenere spese extra per i prossimi 5-10 anni, allora i risparmi potrebbero essere interamente investiti, anche se è sempre consigliabile mantenere una piccola parte liquida per eventuali evenienze. Se le entrate nette mensili, però, non sono sufficienti a garantire il tenore di vita desiderato, allora è necessario mantenere una certa liquidità sul conto, che varia da caso a caso». In base alle esigenze familiari; più sono alte le spese (per esempio l’università del figlio o alcune spese mediche indispensabili) e maggiori dovranno essere i risparmi prontamente disponibili.


  • Risparmio congelato dal virus: è crisi di fiducia
Liquidità e sicurezza degli investimenti sono le due stelle polari dei risparmiatori italiani. Comportamenti e tendenze che sono addirittura aumentati durante il lockdown anche se non è da sottovalutare che al contempo più di un cittadino su tre (il 37%) ha visto diminuire il saldo del proprio conto corrente. Più della metà invece, il 51%, è riuscito a lasciare intatto il proprio patrimonio liquido anche perché – nonostante le difficoltà lavorative e le conseguenze sulle entrate – ha dovuto necessariamente ridurre spese e consumi. Infine, per un ulteriore 8% il risparmio è aumentato in questi mesi per le ristrettezze dovute al lockdown. Come documenta l’indagine di Noto Sondaggi per Il Sole 24 Ore, l’aumento della liquidità è correlato all’età. Infatti tra i più giovani e gli adulti si è registrato un incremento del 10%, mentre tra i più maturi si scende all’8%. Però, è proprio la fascia 18/34 anni quella che ha ridotto maggiormente i consumi (77%) ed ha risparmiato senza intaccare o addirittura aumentando (10%) la liquidità. I giovani si confermano risparmiatori prudenti.
  • Il consulente paga l’illecito del cliente soltanto se c’è dolo
Per ritenere il professionista compartecipe nei reati tributari commessi dal cliente, è necessario che sia integrato il dolo specifico dell’illecito e, pertanto, l’apporto professionale prestato deve essere caratterizzato dalla volontà fraudolenta finalizzata all’evasione. Ne consegue che l’indagine deve essere tesa ad accertare che il professionista abbia agito scientemente e unitamente al cliente, al fine di realizzare lo scopo prefigurato da quest’ultimo. Si esclude invece la responsabilità a titolo di concorso nel caso in cui il professionista abbia operato sulla base dei dati fornitigli dal cliente, la cui veridicità sia stata da quest’ultimo garantita, e non vi siano, comunque, elementi dai quali poterne desumere la mendacità. Analogamente è immune da censure l’operato del professionista che si sia limitato a prestare una mera consulenza, informando il proprio cliente delle possibili conseguenze, anche penali, derivanti da determinate condotte. È questa in estrema sintesi l’interpretazione dei giudici penali di legittimità nell’individuazione del perimetro di eventuali responsabilità del professionista rispetto agli illeciti penali commessi dal proprio cliente. Va detto per completezza che non sono mancate nel tempo interpretazioni differenti in base alle quali sostanzialmente il concorso possa essere integrato anche con la semplice consapevolezza da parte del professionista del reato che sta commettendo il proprio cliente anche senza esserne l’ispiratore (Cassazione 1999/2018).