Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali


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Outsourcing in linea con la privacy. Quando un’azienda esternalizza i propri servizi deve preoccuparsi di stendere un contratto con il fornitore esterno, che diventa un responsabile del trattamento. Attenzione, stendere il contratto è obbligatorio, altrimenti si rischia fino a 10 milioni di euro di sanzione pecuniaria amministrativa (articolo 83 regolamento Ue sulla privacy n. 2016/679 o Gdpr). Insomma quando i dati personali passano da un’impresa a un’altra o a un ente pubblico occorre capire se si può fare e a che condizione si può fare. Può essere che ci sia un titolare del trattamento (decide finalità e mezzi del trattamento) e il soggetto esterno (outsourcee) che tratta i dati per conto del primo. Detto così pare facile, Ma non lo è sempre. Anzi, molto spesso nella pratica i passaggi di dati sono un crocevia intricato di flussi e anche i ruoli decisionali non sono così ben definiti.
Sorveglianza sanitaria aziendale verso la normalità. Per i ministeri della salute e lavoro, infatti, nell’attuale fase occorre «tendere al completo, seppur graduale ripristino delle visite mediche». Unica condizione: operare nel rispetto delle misure igieniche, tenendo conto dell’andamento epidemiologico sul territorio di riferimento. Lo stabilisce tra l’altro la circolare n. 13/2020 a firma congiunta dei ministeri del lavoro della sanità, con gli aggiornamenti alle indicazioni operative relative alle attività del medico competente negli ambienti di lavoro (circolare n. 14915/2020). Medici in prima linea. Con le precedenti indicazioni operative (si veda anche ItaliaOggi Sette del 18 maggio scorso), i ministeri avevano dato indicazioni soprattutto in merito al ruolo del medico competente, sul presupposto che la pandemia ha cambiato l’attività di prevenzione nei luoghi di lavoro verso un fine duplice: non solo tutela della salute dei lavoratori, ma anche quella generale della collettività.
L’avvocato è negligente ma non risarcisce il cliente. Possibile? Sì, perché per far scattare la responsabilità civile non basta provare l’inadeguatezza del professionista che non comunica il deposito della pronuncia sfavorevole: l’assistito deve pure dimostrare che l’avrebbe impugnata e che il rimedio esperito avrebbe avuto concrete possibilità di trovare ingresso. Il principio del «più probabile che non» si applica non all’accertamento del nesso fra omissione e danno e di quello tra il pregiudizio e le conseguenze risarcibili. È quanto emerge dall’ordinanza 17974/20, pubblicata il 28 agosto dalla sesta sezione civile della Cassazione.

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  • “Pacemaker al contrario”. Muore a due anni Guerra di perizie tra la famiglia e l’ospedale
Un bimbo di 27 mesi che muore. Una famiglia che denuncia una serie di errori medici. E uno dei migliori ospedali pediatrici di Europa che nega qualsiasi responsabilità. La procura di Roma indaga sulla morte del piccolo Giacomo Saccomanno — che proprio oggi avrebbe compiuto quattro anni — e ha iscritto nel registro degli indagati otto sanitari dell’ospedale Bambino Gesù con l’accusa di omicidio colposo. Nella guerra di perizie che è nata dall’inchiesta, domani il giudice affiderà una nuova consulenza per stabilire le cause della morte del bimbo, avvenuta il 3 gennaio del 2019. Il pm Daniela Cento contesta ai vari medici che nei due anni di odissea sanitaria si sono occupati del piccolo, di aver agito con «negligenza, imprudenza e imperizia» ed aver tutti «concorso a cagionare la morte del bimbo». Letta attraverso gli atti giudiziari e i capi di imputazione, l’intera vita del piccolo Giacomo appare oggi una triste sequela di errori e sviste sanitarie. Tutto è iniziato con un intervento chirurgico poche ore dopo la nascita, per mettere un pacemaker al cuore. L’operazione viene eseguita al San Vincenzo di Taormina dove c’è un presidio cardiologico del Bambino Gesù. Secondo l’accusa, però l’apparecchio viene montato “al contrario”, con gli elettrodi rivolti verso il basso invece che verso l’alto. «Nel suturare i due elettrodi sulla parete libera del ventricolo destro in maniera erronea verso il basso », scrive il pm, i medici «cagionavano la formazione di un cappio», il che ha provocato «un progressivo strozzamento dell’arteria polmonare » e quindi «un’insufficienza acuta cardiocircolatoria».

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Annunciata a marzo, è stata perfezionata nei giorni scorsi dalle rispettive assemblee. Nasce un colosso da 20 miliardi di fatturato con un manager italiano in uno dei ruoli chiave.
Negli ultimi mesi le grandi fusioni annunciate sul mercato americano sono cadute una dopo l’altra. L’unica che ha resistito alle intemperie della pandemia è stata quella proposta lo scorso marzo da Aon (sede a Londra, ma americana di nascita, di Chicago) e dall’irlandese Willis Towers Watson. Sono rispettivamente numero due e numero tre nella graduatoria mondiale dei broker di assicurazione e una decina di giorni fa le assemblee dei soci hanno dato luce verde per procedere con una fusione che avrà profonde ramificazioni in un settore in cui i manager italiani giocano un ruolo chiave. La fusione prevede uno scambio di azioni, vale 30 miliardi di dollari e resta a tutt’oggi la più grande operazione di questo difficilissimo 2020
  • Multinazionali e grandi brand italiani la parità di genere è in primo piano
1200 migliori datori di lavoro per le donne nel Belpaese sono stati scovati ascoltando il web in modo innovativo e impiegando l’intelligenza artificiale. Mentre a livello politico-culturale infuriano il dibattito e le polemiche sulla disparità di genere, nel mondo del lavoro molte aziende hanno deciso di passare dalle parole ai fatti. Dimostrando che, almeno su que-sto fronte, l’Italia è un Paese più avanzato di quando si sia portati a credere. Secondo l’ultima indagine condotta dall’Istituto tedesco qualità e finanza, intitolata appunto “Italy’s Best Employers for Women”, nel Belpaese ci sono ben 51 imprese che ottengono punteggio pieno (100 punti su 100) e altre 18 che raggiungono un voto molto alto (più di 90 punti). In questo folto gruppo ci sono quasi tutti i più grandi nomi dell’economia italiana, oltre a una nutrita rappresentanza di multinazionali straniere che operano nel nostro Paese. Un dettaglio non da poco perché si tratta di datori di lavoro con migliaia di dipendenti. Spiccano così i marchi tricolori di Ferrero, Ferrovie dello Stato, Banca Generali e Pirelli, mentre nella compagine straniera ci sono tutti i big dell’hi-gh-tech statunitense, Amazon, Google, Microsoft, assieme a colossi come Vodafone, Ups e Europcar.

La piaga dei furti delle auto affittate con la formula del noleggio a breve termine non accenna a placarsi ma, per fortuna, i tassi di recupero dei veicoli rubati stanno aumentando grazie alla diffusione dei dispositivi telematici nelle flotte. Anche nel 2019 è dunque aumentato il numero dei veicolati rubati, 1.800 tra vetture e furgoni, quasi 5 ogni giorno, in crescita dell’11% rispetto all’anno precedente. Un fenomeno che ha determinato un danno per gli operatori del settore di 12,5 milioni di euro, anche in questo caso più corposo rispetti agli oltre 10 milioni di euro del 2018 (+22%). Le organizzazioni criminali rubano in realtà meno auto a livello generale concentrandosi soprattutto sui veicoli più redditizi come quelli usati per il noleggio, sempre nuovi e non sempre custoditi nel migliore dei modi dalla clientela. Vetture dunque appetibili per il mercato nero dei ricambi e per essere esportate nei paesi dell’Europa dell’Est. Il 90% degli episodi, fa sapere Aniasa, si concentra in 5 regioni italiane, ovvero in Campania, Puglia, Sicilia, Lazio e Lombardia.

  • Voli in ritardo, visti, infezioni: ai turisti risarcimenti limitati

  • I riassicuratori non copriranno la pandemia
Già molto importante per il settore riassicurativo, il conto finale del coronavirus resta difficile da stimare, alla luce delle continue incertezze. Questo spinge i riassicuratori a rivedere i loro contratti a tutela delle aziende e di tutto il mondo al fine di escludere il rischio di una pandemia. Le decisioni dei riassicuratori si riversano sugli assicuratori, che spesso sono stati accusati di essere inadempienti durante la crisi. Per il presidente della Federazione Francese delle Assicurazioni, Florence Lustman, il messaggio è ormai chiaro. Gli assicuratori privati e i riassicuratori non possono sostenere da soli un tale rischio. Per coprire questo tipo di scenario, i professionisti stanno rimettendo la palla nel campo del settore pubblico.
  • Sotto pressione, il settore scommette sull’aumento dei prezzi
Questo fine settimana, molti riassicuratori avrebbero dovuto trovarsi a Montecarlo per il loro grande appuntamento annuale. Ma il Covid-19 costringe questi attori che assicurano gli assicuratori a moltiplicare le videoconferenze all’approssimarsi della data di rinnovo dei contratti (noti come trattati), con la speranza di aumentare significativamente i loro prezzi il prossimo anno. “Aumenti di prezzo su tutti i settori di attività sono chiaramente
necessari”, ha insistito qualche giorno fa Swiss Re, i cui conti sono passati in rosso nel primo semestre dell’anno sullo sfondo di una pandemia. Come i suoi concorrenti,
Munich Re, Hannover Re o SCOR, il Gruppo ha accolto con favore la stagione di adeguamenti dei prezzi.