Una vicenda importante è approdata alla Grande Sezione della Corte di Giustizia Europea[1] ad opera del Giudice Tedesco.

Il problema attiene al contrasto tra una clausola racchiusa nella polizza di RC per danni causati da dispositivi medici che prevedeva la copertura per i soli danni verificatisi all’interno di un determinato territorio ed il principio di divieto di discriminazione in base alla nazionalità tra i cittadini UE contenuto nell’art. 18 del TFUE (Trattato del funzionamento dell’Unione Europea).

IL FATTO

Caia esegue un intervento di ricostruzione del seno in Germania nel 2006 con l’inserimento di protesi mammarie prodotte dalla Poly Implat Prothèses Sa (PIP) con sede in Francia.

Il produttore aveva stipulato con la compagnia AGF IARD, a cui poi è subentrata Allianz, una polizza a garanzia della responsabilità da prodotto, la quale prevedeva una limitazione geografica della copertura ai soli danni verificatisi nella Francia metropolitana o nei dipartimenti e territori francesi d’oltremare.

L’attività della PIP era stata sottoposta al controllo del TUV Rheinland dal 1997 a 2010 per la conformità CE, certificazione che veniva rilasciata dal citato organismo.

Nel marzo del 2010 l’Agenzia francese per la sicurezza dei prodotti sanitari, constatava che le protesi mammarie erano state riempite con un silicone non autorizzato e, bloccato l’utilizzo delle protesi, invitava i medici ad informare tutti i pazienti interessati; successivamente veniva accertata la dannosità delle protesi e l’Autorità francese consigliava tutti i pazienti interessati ad effettuare l’espianto delle protesi.

Caia si rivolge al Tribunale di Francoforte per chiedere il risarcimento del danno dovuto all’impianto delle protesi nei confronti del medico, dell’organismo di controllo TUV e nei confronti dell’Allianz. Nei confronti di quest’ultima, in particolare, lamenta che la clausola di limitazione della copertura assicurativa al solo territorio francese doveva essere ritenere nulla in quanto contraria al principio di non discriminazione previsto dal diritto della UE.

Il giudice di prime cure respinge la domanda e, in fase di appello il Tribunale Superiore pone la pregiudiziale con rinvio avanti la Corte di Giustizia chiedendo, sostanzialmente, se la controversia rientra nelle materie oggetto di disciplina comunitaria e in caso affermativo se la clausola si ponga in contrasto con il principio di divieto di discriminazione per la nazionalità tra cittadini appartenenti all’Unione Europea.

LA SOLUZIONE

La Corte di Giustizia, nella sua lunga dissertazione, affronta, per quello che interessa in questa sede, due quesiti:

1) se il disposto dell’art. 18 del TFUE[2] si applica al caso concreto;

2) se il fatto che ha dato origine alla denunciata discriminazione (ovvero il mancato risarcimento di Caia cittadina tedesca per effetto della clausola contrattuale) rientri nella tutela delle libertà fondamentali previste dalla Trattato UE.

Ad entrambi i quesiti la Corte risponde negativamente.

Quanto al primo quesito la Corte rileva che nel diritto della UE non esiste alcuna norma che obbliga un produttore di prodotti o dispositivi medici a stipulare una assicurazione a copertura della responsabilità civile derivante da detta attività. Solo per gli “Organismi notificati”, ossia quegli enti preposti al controllo dei prodotti medici, sussiste detto obbligo, salvo che detta responsabilità non sia assunta direttamente in capo allo Stato Nazionale di riferimento.

Neppure della direttiva 85/374 (responsabilità del produttore) vi è la prescrizione di un obbligo di tal assicurazione a capo del produttore di beni o servizi.

Alla luce di un tanto ne consegue che la stipula di una assicurazione per la responsabilità civile – eccezion fatta per la RCA – non è materia disciplinata dal diritto comunitario e l’art. 18 non trova applicazione nel caso de quo.

Quanto al secondo quesito la Corte declina la sua analisi, esaminando le tre fondamentali libertà tutelate dal Trattato U.E. (libertà di circolazione delle persone, delle merci e dei servizi), per verificare se il fatto denunciato, possa rientrare nell’alveo di una delle tre categorie e in caso affermativo se vi sia stata una sua limitazione o restrizione.

Per certo la vicenda non attiene alla libertà di circolazione, giacché Caia non ha denunciato alcuna restrizione alla sua libertà di circolazione, bensì una differenza di trattamento nell’ambito di un diritto di credito.

Quanto alla libertà di esercitare un servizio (prestazioni mediche), pur essendo garantito a tutti i cittadini della U.E beneficiare di cure mediche presso ciascuno Stato Membro, nel caso di specie, Caia ha usufruito dell’intervento medico all’interno del proprio paese di residenza (Germania) non in altro, escludendosi pertanto alcuna circolazione di servizi.

Volgendo l’attenzione all’esercizio dell’attività assicurativa, nel caso di specie, il contratto è stato stipulato in Francia tra soggetti vivi sedenti (PIP e AGF IARD), ergo, la libera circolazione dei servizi non ha alcuna rilevanza nel caso de quo, per non tacer del fatto che Caia è del tutto estranea al contratto assicurativo, non essendo parte.

Il caso potrebbe, invece, avere attinenza con la libera circolazione delle merci in quanto le protesi prodotte in Francia, sono state commercializzate in Germania ma proprio detta circostanza dimostra la loro libera ed incontestata circolazione tra i paesi membri;  il problema oggetto della controversia, però, non è la libera circolazione delle merci, bensì i danni dalle stesse arrecati a terzi, circostanza che nulla ha a che vedere con la circolazione dei beni.

Alla luce di dette argomentazioni la Corte di Giustizia conclude che il caso non ha alcuna attinenza con il divieto di discriminazione in base alla nazionalità, di cui all’art 18 del TFUE il quale non può dunque esser applicato nei confronti di una clausola contenuta in un contratto assicurativo stipulato tra parti private, diretta a limitare la copertura assicurativa ad un determinato territorio geografico.

discriminazione

Corte di Giustizia (grande Sezione) del 11 giugno 2020 – C-581/18 in www.curia.europa.eu
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[1] Sentenza della Corte di Giustizia Europea del 11 giugno 2020 causa C-581/18
[2] Articolo 18 (ex articolo 12 del TCE) “Nel campo di applicazione dei trattati, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dagli stessi previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire regole volte a vietare tali discriminazioni.”