di Luca Gualtieri
L’imprimatur del comitato nomine presieduto da Maurizio Costa è già arrivato e domani spetterà al cda di Mediobanca dare luce verde alla lista. Come previsto, la formazione (la prima presentata con il nuovo sistema monistico) sarà all’insegna della continuità con la conferma del presidente Renato Pagliaro, del ceo Alberto Nagel e del direttore generale Francesco Saverio Vinci. A uscire dovrebbero essere soltanto Marie Bolloré (figlia di Vincent e in cda dal rinnovo del 2014) e il vice presidente Alberto Pecci (entrato nel 2012 su indicazione della famiglia Pesenti, ma non candidabile per i limiti di età). Molte insomma le conferme: l’altro attuale vice presidente Maurizia Angela Comneno, Elisabetta Magistretti (entrambe in passato in quota Unicredit), Costa (Fininvest), Maurizio Carfagna (famiglia Doris), Valerie Hortefeux (Bolloré), Gabriele Villa (docente all’università Cattolica arrivato alla fine del primo mandato), Maximo Ibarra e Vittorio Pignatti-Morano (cooptati in consiglio nel 2018 al posto dell’ex presidente di Telefonica Cesar Alierta e del banchiere Massimo Tononi). Sarà quindi un rinnovo decisamente meno profondo del precedente, quando dal board uscirono Marco Tronchetti Provera, Tarak Ben Ammar e il presidente del patto di sindacato Angelo Casò. Una scelta di continuità che va letta anche alla luce delle trasformazioni avvenute negli assetti di controllo. Con la Delfin di Leonardo Del Vecchio pronta a balzare oltre il 9,9 verso il 20%, gli amministratori hanno scelto di ribadire strategia e indipendenza. Sulla difesa della indipendenza insisterebbero peraltro anche le modifiche statutarie che domani riceveranno luce verde dal cda. Come riportato da MF-Milano Finanza, il progetto di riforma è iniziato nei mesi scorsi quando, alla luce dell’uscita di Unicredit e della ridefinizione degli assetti di controllo, il cda ha deciso di rimettere mano alla governance per eliminare alcuni anacronismi del passato. Tra questi ci saranno gli articoli 15 e 24 che disciplinano la carica dell’amministratore delegato e le modalità della sua selezione. Il testo attuale, scritto nella primavera 2007 al momento della fusione Unicredit-Capitalia, stabilisce che il ceo sia scelto tra chi è dirigente del gruppo da almeno tre anni per preservare l’indipendenza del management dagli azionisti. Il rischio di un controllo di fatto su Mediobanca fu del resto uno dei temi al centro dell’istruttoria Antitrust su Unicredit-Capitalia e nel provvedimento autorizzativo del settembre 2007 l’authority allora guidata da Antonio Catricalà fece espressamente riferimento al nuovo statuto della merchant. Oggi però quella clausola può essere rimodulata, mantenendo per esempio in cda i tre amministratori di espressione interna ma consentendo di scegliere il capo-azienda anche all’esterno di Mediobanca.

Con la presentazione di lista e modifiche statutarie e la convocazione dell’assemblea ordinaria e straordinaria del prossimo 28 ottobre, il board di Piazzetta Cuccia esaurirà insomma le mansioni di questo mandato. Si tratta di vedere come si muoveranno gli altri stakeholder. Del Vecchio ha lasciato intendere di non essere interessato alla presentazione di una lista e sceglierà quindi tra la rosa del cda e la formazione che entro il 3 ottobre sarà depositata da Assogestioni (con la probabile conferma di Angela Gamba e Alberto Lupoi). Appoggiare il comitato dei gestori sarebbe una mossa meno dirompente di un’astensione, ma rischierebbe comunque di far finire in minoranza il board uscente. Per i due posti riservati alle minoranze potrebbe peraltro correre anche un terzo soggetto. Diversi indizi portano a Bluebell Partners, che nei mesi scorsi aveva criticato la strategia di Mediobanca. Vero è che da qualche settimana il fondo inglese guidato da Giuseppe Bivona e Marco Taricco e presieduto da Francesco Trapani (ex Bulgari) avrebbe iniziato a sondare alcuni grandi investitori presentando diverse ipotesi sul futuro di Piazzetta Cuccia e, soprattutto, sulla valorizzazione della partecipazione nelle Generali. (riproduzione riservata)

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