RC

Autore:  Alessandro Calzavara
ASSINEWS 322 – settembre 2020  

Dopo anni di dibattito sulla natura vessatoria o meno della clausola, dopo due sentenze delle Sezioni Unite (1) con l’e­nunciazione di due distinti principi di diritto, la “saga” della clausola “on claims made basis” si arricchisce di un’ulteriore puntata (2), che verosimilmente non sarà l’ultima.

Ma soprattutto la recentissima sentenza della Corte di Cas­sazione per la motivazione adottata appare tale da poter ri­mettere in discussione l’impianto tecnico normativo di diversi contratti di assicurazione della responsabilità civile.

Infatti la sentenza citata ricorda che la sentenza delle SU n.22437/2018 aveva affermato che “il modello di assicurazio­ne della responsabilità civile con clausole “on claims made basis”, quale deroga convenzionale all’art.1917, comma 1, c.c., consentita dall’art.1932 c.c., è riconducibile al tipo dell’assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all’art.1322, comma 2, c.c., ma alla verifica, ai sensi dell’art. 13222, comma 1, c.c., della rispondenza della conformazione del tipo, operata at­traverso l’adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge” e a sua volta afferma che è sufficiente chiedersi se siffatta clausola “sia lecita in sé e per sé, alla luce del criterio di cui all’art. 1322, primo comma, ossia se si mantenga nei limiti imposti dalla legge”, giungendo alla conclusione che la clausola pone una decadenza a carico dell’assicurato non dipendente da una sua condotta e in quanto tale in contra­sto con disposizioni imperative di legge (3) ed in particolare con l’art. 2965 c.c. che commina la nullità dei patti con cui si stabiliscono decadenze che rendono eccessivamente difficile ad una delle parti l’esercizio del diritto. Sullo specifico punto si rileva infatti che “il termine apposto alla escussione dell’assicurazione, ossia al diritto di far valere la prestazione assicurativa a carico dell’assicuratore, è un ter­mine di decadenza, che è nullo perché rende, nella fattispecie (4), eccessivamente difficile l’esercizio dell’assicurato” (5).

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