L’emergenza sanitaria ha costretto l’Italia a introdurre misure di contenimento che hanno prodotto effetti dirompenti sull’economia nazionale. In particolare nel settore delle costruzioni, secondo Confindustria, in termini di produzione, nel 2020 si registrerà un calo del 7% che con la ripresa delle attività, si prevede che nel 2021 si attesterà al -4%. Ciò vuol dire una ripresa solo parziale, che non riuscirà a compensare la perdita subita per la chiusura, quindi non basterà un anno per bilanciare il calo causato dagli effetti dell’epidemia da Covid-19.

Un settore già in sofferenza, sottolinea l’Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) nel suo “Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni”, nonostante il 2019 avesse chiuso con un risultato positivo per la produzione, ma esito di un andamento tendenziale particolarmente favorevole nel primo trimestre dell’anno. Infatti, dal rapporto emerge che i timidi segni positivi, non possono essere letti come un’inversione di tendenza in quanto non sono sufficienti a garantire lo sviluppo che serve.
Appare chiaro, quindi che l’impatto della crisi economica prodotta dal lockdown, ha un effetto amplificato in questo settore che offre un contributo rilevante al Pil (circa 8% a dicembre 2019).

Secondo i dati Istat a febbraio 2020 la produzione ha registrato una brusca diminuzione (-3,4% rispetto a gennaio), tra marzo e maggio l’indice destagionalizzato della produzione è risultato ancora in forte riduzione rispetto al trimestre precedente (-41,9%). Nonostante il robusto aumento di maggio 2020 dove si stima che l’indice nelle costruzioni evidenzi un incremento del 168,0% rispetto al mese precedente, il calo tendenziale nei primi cinque mesi dell’anno è stato significativo: nella media di questo periodo sia l’indice corretto per gli effetti di calendario che quello grezzo diminuiscono, rispettivamente, del 23,6% e del 24,2%.

Un altro punto di attenzione, secondo Confindustria, è la difficoltà di accesso al credito con
conseguente aumento del rischio di fallimento: la riduzione dei prestiti sarà dell’1,7% nei servizi e del 4,3% nelle costruzioni (soprattutto per le piccole società). Questo fattore non consegue alla riduzione delle attività delle imprese, ma alla contrazione dell’offerta: banche e istituti di credito non hanno le garanzie sufficienti per poter concedere prestiti e finanziamenti. E se già in condizioni normali le imprese di costruzione sono più esposte al rischio con una probabilità di fallimento che si attesta all’8,1%, in questa situazione la percentuale sale al 10,6%.

Uno spiraglio di ripartenza viene messo in luce dall’indice congiunturale Cresme1
/CLab (corretto per i giorni lavorativi) che nel mese di giugno 2020 indica una crescita, seppur modesta, dell’attività nel settore delle costruzioni, +0,5% rispetto allo stesso periodo del 2019. In questo modo si conferma la ripartenza del mercato già visibile nei dati di maggio e anche le prime due settimane di luglio confermano la tendenza ad un rapido ritorno alla normalità, con livelli di attività analoghi a quelli registrati nel 2019. Inoltre, la ripresa appare omogenea sul territorio nazionale; i lavori programmati prima dello stop forzato di marzo-aprile vengono rapidamente portati a conclusione, contribuendo alla
risalita dell’indice di fiducia delle imprese.

In conclusione, sono necessarie scelte di politica economica, ispirate al sostegno degli
investimenti vera leva di sviluppo per una crescita consolidata di un Paese, piuttosto che dei consumi, le quali comporterebbero un’accelerazione della produttività settore.

Fonte: DATI INAIL

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