La convenzione 2018-2020 tra Cdp e Poste è riuscita
a far ripartire la raccolta, rendendo i prodotti più appetibili e tecnologici
Ora va scritto un nuovo accordo. I rendimenti? Arrivano fino al 2,5%
Fabrizio Palermo
di Anna Messia
Tra non molto sarà di nuovo ora di sedersi al tavolo per discutere della nuova convenzione tra Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) e Poste Italiane. Quella attualmente in vigore, firmata a dicembre 2017 quando al timone del gruppo postale c’era già Matteo Del Fante e la guida di Cassa era ancora affidata a Fabio Gallia, arriverà infatti alla naturale scadenza di fine anno. L’obiettivo anche questa volta sarà tenere alta la raccolta di buoni e libretti che le Poste Italiane collocano in esclusiva per conto di Cassa Depositi e Prestiti, la quale poi utilizza tali risorse per sostenere il Paese. E, visti i mille impegni che la Cassa oggi guidata da Fabrizio Palermo ha in questa fase, dalla discesa in campo per Borsa Italiana al sostegno alle imprese colpite da Covid, passando per Aspi e per la rete unica tlc, quelle risorse appaiono quantomai fondamentali. Già nel 2017, all’epoca in qualità di cfo di Cdp, Palermo aveva seguito la convenzione con le Poste in prima linea, vista la delicatezza della materia.
Ma il successo di raccolta non può certo dirsi scontato alla luce della competizione pressante del sistema bancario. Le stesse Poste negli uffici postali hanno oggi un’offerta quantomai variegata di prodotti finanziari, che comprende fondi comuni, polizze e da qualche mese addirittura gli Etf (i fondi replicanti a basso costo). E pure sui conti correnti hanno proposte decisamente competitive (si veda altro servizio) con canoni mensili che partono da 2 euro e che possono essere ulteriormente ridotti per esempio con l’accredito dello stipendio. Tanto è vero che con la convenzione precedente, quella in vigore da 2015 al 2017, c’era stato un costante impoverimento del risparmio postale, con lo stock stagnante poco sopra i 250 miliardi nell’intero triennio, e soprattutto con flussi di raccolta netta negativi. I riscatti avevano in pratica abbondantemente superato i nuovi risparmi, con il picco di -5 miliardi nel 2016. Deflussi che la convenzione attualmente in vigore è riuscita di fatto a bloccare. Così sia lo stock sia la raccolta netta hanno ripreso a crescere con un’accelerazione registrata. Nel primo semestre di quest’anno nonostante la pandemia e l’ammontare complessivo di risparmio postale che a giugno scorso ha toccato i 272 miliardi. Mentre gli italiani che hanno in portafoglio risparmio postale sono passati dai 26 milioni del 2018 ai 27 milioni attuali. Merito di un accordo che ha allineato gli interessi di entrambe le parti in gioco e ha ridato slancio alla raccolta di una storica forma di risparmio nata nel Paese nel 1875 come salvadanaio degli italiani nonostante i bassi tassi d’interesse.
Per Poste Italiane quell’accordo vale al momento commissioni annue di 1,85 miliardi di euro e gli obiettivi di raccolta fissati a dicembre del 2017 sono stati finora sistematicamente raggiunti, affiancati però da investimenti pubblicitari e tecnologici per allineare questi prodotti al passo con i tempi. Il libretto postale, che oggi non ha remunerazione, è totalmente digitale, così come i buoni postali che possono essere sottoscritti via web già da due anni e dallo scorso agosto pure con la semplice App, con la possibilità di consultare la propria posizione finanziaria in qualunque giorno e a qualunque ora, oltre alla presenza di simulatori di facile utilizzo per calcolare i possibili guadagni. Innovazioni che hanno di fatto allineato il risparmio postale ai servizi tecnologici offerti dalle banche. Ma la sfida maggiore, visti i bassi tassi d’interesse, riguarda i rendimenti, e anche in questo caso, le Poste e Cassa hanno tentato di replicare quanto fatto dal sistema bancario con campagne promozionali per attrarre nuovi clienti e hanno ampliato la copertura delle scadenze, con investimenti che possono durare dai 6 mesi fino a 20 anni Per chi si reca oggi in un ufficio postale l’investimento più remunerativo è quello offerto dai buoni dedicati ai minori, che alla scadenza del diciottesimo anno di età arrivano a riconoscere il 2,5%. Ma ci sono proposte per tutte le scadenze e poi c’è l’offerta del buono quattro per quattro, con una scadenza complessiva che può arrivare a 16 anni e la possibilità di incassare i rendimenti con finestre di uscita ogni quattro anni. In questo caso il rendimento può arriva fino a un massimo annuo dell’1,25%. Guadagni probabilmente più contenuti di quelli che si possono ottenere oggi da conti di deposito a più alto rendimento, proposti da banche che hanno bisogno di raccogliere liquidità.
Va ricordato che, dalla sua, il risparmio postale ha una serie di vantaggi: se i libretti postali sono tassati al 26% i buoni, invece, come i titoli di Stato, hanno un’aliquota del 12,5%. C’è inoltre la garanzia dello Stato e non si applica il bail in, non ci sono costi e commissioni e le somme possono essere ritirate a vista. Con la restituzione minima del capitale investito possibile in qualunque momento. Caratteristiche che evidentemente continuano ad attrarre gli italiani. (riproduzione riservata)
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