Le nuove Tecnologie e-health possono essere di grande utilità per l’assistenza e di cura dell’anziano. Ma occorre riflettere sui rischi potenziali legati ai cambiamenti in atto.
Percorsi di Secondo Welfare pubblica un interessante intervento a cura di Virginia Sanchini e Massimo Reichlin, che fa il punto sulla situazione.

In tempi recenti l’assistenza alla persona anziana si è rapidamente evoluta, adottando forme sempre meno convenzionali di cura. Tra queste ultime, un ruolo di primo piano è rappresentato dalle cosiddette “tecnologie e-health”. Il termine “e-health” si riferisce all’interazione di un individuo (consumatore, paziente, o operatore sanitario) con le tecnologie digitali di informazione e comunicazione (ICTs), quali internet e dispositivi mobili, per accedere a, ricevere informazioni, guida e/o supporto relativamente a questioni riguardanti la salute (Fox 2011).

L’origine della nozione di e-health

Tale termine deve la sua fortuna ad un ormai ben noto editoriale apparso nel 2001 sul Journal of Medical Internet Research a firma dell’Editor-in-chief della rivista, Gunther Eysenbach. In questo articolo, l’e-health è definita quale “campo emergente all’intersezione dell’informatica in ambito medico, della sanità pubblica e degli affari, che si riferisce ai servizi e alle informazioni riguardanti la salute trasmesse o amplificate attraverso Internet e le tecnologie ad esso correlate. In un senso più ampio, il termine rimanda non solo ad uno sviluppo tecnologico, ma caratterizza anche uno stato d’animo, un modo di pensare, un atteggiamento e un impegno per un pensiero globale, costruito e trasmesso tramite reti, volto a migliorare l’assistenza sanitaria a livello locale, regionale e globale, utilizzando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione”. Questo editoriale, inoltre, specifica ulteriormente il senso in cui intendere la “e” del termine “e-health”, riferendola a dieci termini caratterizzanti tale campo emergente e/o esemplificativi delle promesse ad esso legate. Per citarne solo alcuni: le tecnologie e-health si configurano quali sistemi che devono essere “easy to use”, basati su criteri di evidenza scientifica e funzionali al miglioramento dell’efficienza in ambito di salute pubblica, riducendone i costi. Rendendo inoltre accessibili numerose informazioni mediche ai consumatori attraverso canali online, la sanità elettronica è volta a promuovere il cosiddetto “patient’s empowerment”. Quest’ultima nozione, a sua volta, rimanda a una ridefinizione dei rapporti paziente-professionista sanitario e apre nuove problematiche legate alla privacy, all’accesso e al potenziale abuso dei dati dei consumatori, richiedendo quindi una riflessione rispetto agli aspetti etici legati a queste nuove tecnologie e alla promozione di criteri di equità per evitare che l’e-health diventi un ulteriore fattore di discriminazione – sociale, economica, e politica – tra “coloro che hanno” e “coloro che non hanno”.

Definizione analoga è quella adottata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la quale definisce la “eHealth” – stessa espressione ma scritta in maniera diversa – come “l’uso delle ICTs in ambito sanitario”. Tale termine appare per la prima volta nel Rapporto relativo alla 58esima World Health Assembly, tenutasi a Ginevra nel 2005, dove si riconosceva “il potenziale dell’eHealth nel rafforzare i sistemi sanitari e migliorare la qualità, la sicurezza e l’accesso alle cure” e si incoraggiavano gli Stati Membri dell’OMS “ad agire per integrare l’eHealth nei sistemi e nei servizi sanitari”.  Risulta interessante notare come l’OMS si riferisse al concetto di eHealth – come contenuto, pur senza definirlo come tale – già nel 1998 nel Rapporto dal titolo Cross-border advertising, promotion and sale of medical products through the Internet, all’interno del quale si sottolinea “la crescente importanza di Internet e il suo potenziale impatto sulla salute, attraverso la pubblicità e la promozione di prodotti medici”.

In generale, si potrebbe dire che tale espressione si configuri come un “termine ombrello”, connotante tanto un’ampia serie di ICTs in ambito di salute, quanto le pratiche sociali gravitanti intorno ad esse (Sanchini e Marelli 2019).


Le tecnologie e-health per la cura dell’anziano: dalla telemedicina all’Intelligenza Ambientale

Le tecnologie e-health possono risultare molto proficue – e in alcuni casi si sono già dimostrate tali – quando utilizzate per la cura e l’assistenza della popolazione anziana. In questo contesto, una delle principali applicazioni delle tecnologie e-health è rappresentata dalle tecnologie di monitoraggio digitale, volte a monitorare il comportamento dell’anziano e comunicare in tempo reale i risultati di tale monitoraggio ai membri del nucleo famigliare dell’anziano e/o ai professionisti sanitari a cui quest’ultimo è affidato.

Tra le tecnologie di monitoraggio digitale cosiddette “convenzionali” va annoverata, in primo luogo, la telemedicina, definita dall’OMS (1997) come un “sistema che fa uso delle ICTs al fine di scambiare informazioni utili alla diagnosi, al trattamento ed alla prevenzione delle malattie e di garantire un’informazione continua agli erogatori di prestazioni sanitarie”. Più nello specifico, la telemedicina comprende interventi “store-and-forward” (o “asincroni”), nei casi in cui avvenga la registrazione di dati che vengono poi scambiati tra due o più individui in momenti diversi, e interventi “in tempo reale” (o “sincronici”), quando le persone coinvolte sono simultaneamente presenti per lo scambio immediato di informazioni, come nel caso della videoconferenza (Ryu 2012, p.10). Inoltre, lo scambio di informazioni raccolte tramite monitoraggio può avvenire tra professionista sanitario e paziente (in tal caso si parla di “health professional-to-patient telemedicine”) o tra due o più operatori sanitari (in questo secondo caso si parla di “health professional-to-health professional telemedicine”).

Tra i sistemi più all’avanguardia di monitoraggio digitale va annoverata, tra gli altri, la cosiddetta “Intelligenza Ambientale” (AmI). Con questa espressione ci si riferisce a quella serie di diversi ambienti fisici – come case, uffici, sale riunioni, scuole, ospedali, centri di controllo, veicoli, attrazioni turistiche, negozi e impianti sportivi (Ramos et al. 2008) – che “intelligentemente e discretamente” interagiscono con gli utenti, attraverso un “mondo di dispositivi informatici onnipresenti” (Ivi, p.15), come micro-computer e diversi tipi di sensori, al fine di monitorare sistematicamente le attività quotidiane degli utenti target. Nonostante possa denotare diversi tipi di ambienti, la nozione di AmI è stata collegata, in letteratura (Ramos et al. 2008; Cook et al. 2009; Acampora et al. 2013), alla presenza di alcune caratteristiche distintive (Triberti e Barello 2016, p. 151), quali: i) la consapevolezza del contesto: AmI utilizza le informazioni tratte dalla situazione del qui-e-ora; ii) la personalizzazione: AmI si adatta alle esigenze individuali dell’utente; iii) l’anticipazione: AmI sviluppa la capacità di prevedere i bisogni dell’utente; iv) l’adattabilità: AmI è in grado di modificare le proprie funzioni e/o comportamenti sulla base delle abitudini dell’utente; v) l’onnipresenza: AmI è incorporato e distribuito nell’ambiente che intende monitorare; vi) la trasparenza: AmI è in grado di funzionare senza azione diretta, né percezione, né conoscenza da parte dell’utente umano.

I sistemi di monitoraggio digitale per la cura dell’anziano – tanto quelli convenzionali come la telemedicina quanto quelli non convenzionali come AmI – sono stati classificati, dal Center for Ageing Services Technologies, all’interno di tre macro-categorie: (1) le tecnologie di monitoraggio della sicurezza domiciliare; (2) le tecnologie di monitoraggio della salute e del benessere; e (3) le tecnologie di monitoraggio della connettività sociale (Alwan, Wiley, e Nobel 2007).

  1. Le tecnologie di monitoraggio della sicurezza domiciliare includono sistemi di rilevamento e prevenzione dalle cadute, indossabili sia con pulsantiera e basati su accelerometro (ad esempio, Life Alert), come sistemi ambientali incorporati basati su sensori (ad esempio, QuietCare); ausili per migliorare la mobilità attraverso sistemi volti al miglioramento di sedie a rotelle (ad esempio per consentire che queste ultime possano raggiungere ogni angolo della casa, anche in presenza di scale interne); rilevatori di uso della stufa (ad esempio, Stove Guard); e sistemi di monitoraggio di fumo e temperatura dell’abitazione.
  2. Le tecnologie di monitoraggio della salute e del benessere includono strumenti di monitoraggio che utilizzano accelerometri e sensori per tenere sotto controllo le attività quotidiane (ad esempio, Healthsense); monitor per registrare e trasmettere dati fisiologici; sistemi di monitoraggio non indossabili come il monitor per la valutazione clinica del sonno; sistemi di conformità dei farmaci, i quali ne monitorano l’assunzione, fornendo all’utente suggerimenti e promemoria; dispositivi di valutazione cognitiva e/o ortopedica.
  3. Le tecnologie di monitoraggio della connettività sociale rappresentano un’area di applicazione relativamente nuova e comportano l’uso di sensori per facilitare l’interazione tra i membri della famiglia che si trovano in remoto. Lo sviluppo più recente è la progettazione e l’implementazione della già citata AmI.

Le tecnologie di monitoraggio digitale: benefici e questioni etiche aperte

Le tecnologie di monitoraggio digitale – in particolare quelle che abbiamo definito convenzionali – hanno indubbiamente apportato importanti benefici nei confronti della popolazione anziana, consentendo l’erogazione di servizi sanitari (anche di eccellenza) all’interno dell’ambiente domestico, fornendo un’assistenza anche di carattere preventivo (permettendo, ad esempio, di prevenire l’insorgenza di patologie prima inesistenti o la cronicizzazione di patologie già presenti). In ogni caso, esse consentono un prolungamento dell’indipendenza dell’anziano, permettendo a questi di vivere, quanto più a lungo possibile, nel proprio ambiente domestico, con una chiara ricaduta, quindi, sulla sua qualità di vita.

Accanto ai benefici per l’anziano, le tecnologie di monitoraggio si sono dimostrate foriere di vantaggi anche per l’attività dei professionisti sanitari e per il servizio sanitario. Quanto ai primi, tali tecnologie permettono di collezionare tutta una serie di informazioni relative allo specifico paziente (molto superiore a quella generalmente raccolta, ma potenzialmente utile a tracciare un profilo personalizzato dell’utente in questione), e a mandarla per finalità consultive, laddove necessario, a specialisti operanti anche altrove. Inoltre, proprio la modalità online concorre a ridurre parte del lavoro burocratico e gestionale relativo all’interazioneface-to-facedel paziente, secondaria rispetto alla pratica assistenziale vera e propria. Rispetto al sistema sanitario, le tecnologie di monitoraggio hanno permesso di ridurre tutti i costi non necessari legati all’ospedalizzazione o alla cura di quelle patologie evitabili, finendo per aumentare l’efficienza e la produttività dei servizi sanitari (Bauer 2001; Stanberry 2006).

Accanto ai summenzionati benefici, tali tecnologie – in particolari quelle meno convenzionali come AmI – sollevano perplessità che preoccupano ulteriormente se si considera la tipologia di popolazione, già vulnerabile, rispetto alla quale sono indirizzate.

Un primo ordine di questioni riguarda i possibili abusi rispetto a quella che è stata definita in letteratura quale ‘privacy informazionale’. Tali questioni vertono intorno alla possibilità che informazioni registrate e condivise tramite sistemi tecnologici (es. telecamere) conducano a violazioni della sfera personale individuale (Cook et al. 2009, pag. 287). Alcuni studi (Beach et al.2009; Beach et al.2010) hanno mostrato come vi sia richiesta di maggior riservatezza, da parte degli utenti, rispetto alle informazioni acquisite in alcune aree specifiche delle abitazioni (quali ad esempio il bagno e la camera da letto), nonché come vi siano resistenze nel condividere tali informazioni con enti esterni (quali ad esempio le compagnie assicurative), mentre minori preoccupazioni sussistano relativamente alla condivisione delle informazioni con il proprio medico curante e/o i propri famigliari. E tuttavia, quando parliamo di AmI, quasi ogni tipo di raccolta di dati può potenzialmente rappresentare una violazione della privacy informazionale. Per quanto alcune accortezze pratiche possano mitigare tale rischio – ad esempio operando una limitazione della registrazione delle telecamere ad ambienti specifici e/o oscurando i corpi – diversi studiosi hanno mostrato come informazioni anche apparentemente innocue quali le abitudini alimentari possono essere combinate per fornire informazioni molto dettagliate sull’identità e lo stile di vita di una persona (Bohn et al. 2005).

Un secondo ordine di questioni è rappresentata da quella che in letteratura viene definita quale “Big Brother Syndrome” (Dwight et al. 2000), ossia la sensazione negativa di essere osservati dalla tecnologia. Tale sensazione può avere un impatto sul comportamento personale, in quanto gli individui possono modificare i loro comportamenti proprio come conseguenza del sapere di essere registrati, portando ad un’inevitabile limitazione della propria libertà personale. Per quanto si possa tentare di minimizzare tale fenomeno attraverso strategie comunicative che esplicitino il rischio manipolativo sotteso a tali tecnologie, la completa eliminazione degli effetti della “Sindrome Grande Fratello” è tutt’altro che scontata.

Infine, nonostante la retorica della trasparenza dei sistemi di AmI, sussistono diversi dubbi in merito alla validità del consenso degli utenti target, in quanto il primo può essere basato su idee errate e/o su una rappresentazione distorta o parziale del sistema e del suo funzionamento da parte dell’utente. Rispetto a quest’ultima criticità, una possibile soluzione consiste nell’arricchire il processo di acquisizione del consenso informato con rappresentazioni figurative – ad esempio tramite video che mostrino che cosa accade all’utente se si trova in un ambiente così descritto – o prevedendo un consenso ‘in più fasi’, da raccogliersi in momenti diversi, nelle diverse fasi di implementazione del sistema, così da permettere all’utente di ritirare il proprio consenso prima che l’istallazione dei sensori sia stata attuata in tutto l’ambiente l’abitativo.


Riflessioni conclusive

Dall’analisi sopra riportata, appare chiaramente come le tecnologie di monitoraggio e-health abbiano apportato importanti migliorie alla pratica assistenziale e di cura nei confronti dell’anziano, permettendo a questi di essere monitorato e seguito ‘a distanza’ senza che tale distanza dalle strutture ospedaliere equivalga a livelli di cura inferiori; giocando, in alcuni casi, anche come strumenti preventivi; e concorrendo quindi, nel complesso, a migliorare – o perlomeno a non peggiorare – la qualità di vita dell’anziano. Accanto a tali benefici, i non limitati e secondari rischi potenziali legati alle tecnologie e-health – minacce relative a privacy informazionale, sindrome Big Brother e consenso informato – ci mostrano come particolare attenzione debba essere riposta quando ci si accosti a forme di monitoraggio non convenzionali. Lungi dal rifiuto categorico di tali tecnologie, la risposta adeguata per fronteggiare quanto possibile i rischi derivanti dalle tecnologie e-health per l’anziano sembra essere una strategia che agisca tanto a livello di analisi e di sensibilizzazione volte a definire e a divulgare i rischi concreti legate alle prime, quanto a livello macro e di governance, finalizzate alla messa in atto politiche di innovazione responsabile che regolamentino, quanto più in dettaglio possibile, il trattamento dei dati personali e le procedure di consenso.

Tecnologie e-health