Focus su sussidiarietà, formazione tecnica e mobilità

Rilancio della formazione tecnica, valorizzazione del mondo professionale e internazionalizzazione e mobilità dei professionisti in chiave europea. Sono le tre priorità che il presidente del Consiglio nazionale dei periti industriali e dei periti industriali laureati Claudio Guasco chiede al nuovo esecutivo. Uno dei primi punti da cui ripartire è appunto quello di rilanciare la formazione tecnica, elemento chiave per un paese nel quale la cultura tecnica e tecnologia è più che mai centrale non solo nei processi di sviluppo economico, ma sempre più in quelli di cambiamento sociale.
Se oggi l’Italia vuole ripartire, ha urgente bisogno di nuove e più aggiornate competenze tecniche per riattivare quei meccanismi di scambio e trasferimento tecnologico necessari in ogni tessuto produttivo e sociale per continuare a crescere.

Le stime europee ci dicono che entro il 2025 si creeranno oltre 2 milioni di nuove opportunità lavorative in ambito tecnico, ma ci ricordano anche che i livelli formativi richiesti per le nuove posizioni dovranno essere più elevati e allineati a quelli medi europei. Per evitare il rischio di bruciare tali nuove opportunità è, quindi, necessario allineare il sistema dell’offerta formativa alle necessità che provengono dal mercato e dall’esigenza di dotare i futuri tecnici di un bagaglio di conoscenze più finalizzato sotto il profilo tecnico applicativo, ma altrettanto solido dal punto di vista teorico, per consentire quella flessibilità e adattabilità a paradigmi di conoscenza che cambiano al ritmo dell’innovazione.

«Ad oggi», aggiunge ancora il numero uno dei periti industriali, «quel modello formativo terziario in ambito tecnico ingegneristico in grado di soddisfare le esigenze del mondo produttivo e professionale manca. Che questa formazione si identifichi con le lauree a orientamento professionalizzante, con gli istituti tecnici superiori (a cui aggiungere un anno di formazione accademica) o con le tradizionali lauree triennali non fa differenza.
La differenza la fa muoversi in un orizzonte di obiettivi comuni nell’interesse del paese». Un altro tema su cui il rinnovato esecutivo dovrà riflettere è quello della valorizzazione del comparto libero-professionale, perché tutelare gli interessi generali della collettività passa attraverso il rafforzamento di questo pilastro fondamentale per il sistema paese.

La centralità delle libere professioni, non solo quantitativa ma anche strategica per riagganciare il paese alla ripresa è quindi fondamentale.
Rendere le professioni centrali significa anche dare piena attuazione alle disposizioni in materia di sussidiarietà approvate con la legge 81/2017 che possono alleggerire e semplificare le procedure e accorciare i tempi di risposta della pubblica amministrazione verso cittadini e imprese. La sfida della semplificazione della burocrazia e degli adempimenti amministrativi deve passare attraverso la valorizzazione del ruolo sussidiario dei professionisti, la cui competenza, unita alla garanzia della deontologia professionale, può rivelarsi un ausilio per alleggerire il carico degli adempimenti burocratici e anche una risorsa per il privato.

Ma quello che diventa uno snellimento burocratico per imprese e cittadini non può e non deve tradursi solo in un aggravio di investimenti e di responsabilità. I liberi professionisti non possono essere semplici intermediari, ma dovrà essere riconosciuto il valore del loro apporto in termini di competenze qualificate. È necessario perciò dare effettivo compimento alle norme di principio sull’equo compenso per garantire piena tutela al lavoro libero-professionale. Infine il terzo capitolo su cui mettersi al lavoro è quello di rendere più europeo il mercato dei servizi professionali: «È necessario guardare all’Europa », ha aggiunto ancora Guasco, «per riformare le regole del mondo professionale e rispondere, nello stesso tempo, a quella richiesta di snellimento e razionalizzazione del sistema ordinistico che proprio da lì arriva».

Il mondo delle professioni tecniche va regolato su due livelli: il primo corrispondente a una formazione accademica triennale, nel quale si colloca la professione di perito industriale e tutti coloro che accedono agli albi con questo titolo di studio, e un secondo livello, dove si trova chi possiede un diploma di laurea magistrale. È una riforma che diventa anche un progetto per la collettività fondato su due pilastri: semplificazione dell’attuale modello ordinistico, eliminando le attuali sovrapposizioni e rendendo l’iscrizione a un ordine corrispondente a uno dei due livelli definiti, ed efficienza rispetto a un’utenza che ricerca servizi complessi e specialistici. Una riforma di questo tipo contribuirebbe a una maggiore chiarezza dell’attuale scenario normativo che ha portato a sovrapposizioni di competenze e funzioni che complica l’identificazione del professionista più indicato alle esigenze specifiche. «Siamo convinti», ha chiuso infine il presidente dei periti industriali, «che i nuovi ministri affronteranno queste priorità e lo faranno attraverso il confronto e il coinvolgimento di tutti gli interessati. I periti industriali sono pronti a collaborare come hanno sempre fatto per mettere in campo quelle riforme indispensabili per lo sviluppo del paese».

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