di Luca Gualtieri

Manca una settimana all’assemblea chiamata a decidere sul futuro di Banca Carige, ma l’esito è ancora avvolto dalla nebbia più fitta. Non solo perché la famiglia Malacalza non si è ancora formalmente espressa sul piano, ma anche perché oggi non sembra esserci spazio per aprire una trattativa con il primo azionista (attestato al 27% del capitale). Secondo quanto risulta a MFMilano Finanza, nelle ultime settimane gli imprenditori piacentini avrebbero inviato diverse missive ai commissari e altre controparti coinvolte nel salvataggio chiedendo informazioni sull’operazione e soprattutto sollevando il problema del suo forte effetto diluitivo. L’aumento di capitale da 700 milioni necessario per rimettere in sesto la banca ridurrebbe infatti la partecipazione dei Malacalza fino al 2% per lasciare spazio ai nuovi investitori a partire da Cassa Centrale Banca. Una circostanza che non piace all’attuale socio di riferimento e che ha spinto qualcuno a studiare dei correttivi. Ad oggi però né i commissari della banca, né gli altri investitori sembrano disposti a rimettere mano al piano di salvataggio. La documentazione è stata infatti interamente messa a disposizione del mercato dopo l’approvazione delle autorità competenti e, a una settimana dall’assemblea, non può essere modificata senza il rischio di intoppi, ritardi o contrattempi. Qualcuno ad esempio ha proposto di estendere agli azionisti, Malacalza compre si, lo sconto garantito a Cassa Centrale per il riacquisto delle azioni del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. L’ipotesi però, si fa notare da fonti legali, risulta in conflitto con lo spirito del salvataggio visto che lo sconto è collegato all’impegno industriale del gruppo trentino, futuro socio di riferimento di Carige. Un punto di vista che sembra condiviso anche da Cassa Centrale. Se insomma modifiche del piano appaiono improbabili, l’unica via percorribile è un accordo sulla futura governance di Carige con la concessione di una rappresentanza nel nuovo consiglio di amministrazione. Anche su questo punto però regna un certo scetticismo tra le numerose controparti coinvolte. Ecco perché l’assemblea si presenta ancora come un salto nel buio. Per la banca la strategia più efficace per ridurre il rischio di una bocciatura consiste nel coinvolgere il più alto numero possibile di azionisti in modo da bilanciare la quota in mano ai Malacalza. La soglia di sicurezza in termini di affluenza dovrebbe attestarsi sopra il 60% tenendo conto del fatto che per l’assemblea straordinaria serve almeno il 20% del capitale e il voto favorevole dei due terzi. L’obiettivo è tutt’altro che semplice visto che nelle ultime assemblea della banca si è sempre registrata un’affluenza attorno al 50% con rare puntate oltre il 55%. Servirà quindi un intenso lavoro da parte delle società di proxy che dovranno da un lato ingaggiare gli investitori istituzionali e dall’altro stimolare la partecipazione dei piccoli o piccolissimi azionisti. Proprio martedì anche il proxy advisor Iss, come Glass Lewis, ha suggerito agli azionisti di Carige di votare a favore dell’aumento. «Nel caso questa proposta non fosse approvata, la società non sarebbe in grado di implementare il suo piano strategico e sarebbe soggetta a misure straordinarie che potrebbero portare alla liquidazione o alla risoluzione» si legge nel report destinato agli investitori istituzionali. (riproduzione riservata)

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