Uno studio dell’Ania ha approfondito quale potrà essere l’identikit dei nuovi prodotti previdenziali paneuropei. E quali sono le criticità
di Carlo Giuro

Il successo dei piani pensionistici dipende, quasi sempre, dall’intensità degli incentivi fiscali che, soprattutto nella fase di accumulo, lo Stato accorda ai propri cittadini per favorire il risparmio previdenziale di lungo periodo. Senza quel provvidenziale propellente, l’adesione ai piani sarebbe molto più limitata di quella che attestano le statistiche europee. Lo sottolinea l’Ania in un interessante Booklet dedicato al Pepp, il nuovo Pan-European Personal Pension product , che sembra essere in dirittura di arrivo e che è stato oggetto di uno specifico, recente convegno organizzato dall’associazione nazionale delle imprese assicurative. Il Pepp, che dovrebbe affancarsi ai sistemi di previdenza complementare di tipo individuale eventualmente già presenti negli Stati membri, ha come finalità quella di favorire una maggiore diffusione della previdenza complementare oltre i livelli forniti dai fondi pensione occupazionali, così da ridurre il gap pensionistico dei cittadini europei per i prossimi decenni soprattutto in considerazione della pressione esercitata su sistemi di welfare dall’invecchiamento della popolazione. Particolarmente eloquenti sono le proiezioni sull’indice di dipendenza degli anziani (persone sopra i 65 anni in rapporto alle persone in età da lavoro 20-64) che nel 2015 era pari al 29.9%, in crescita progressiva fino al 55.9% del 2050. Per l’Italia si passa da 37.8% al livello record di 72,4%. Altra finalità è quella poi di canalizzare le risorse provenienti da quei risparmi aggiuntivi , un flusso stimato in 700 miliardi, per trasformarli in investimenti a lungo termine a sostegno dell’economia reale dei Paesi dell’Unione. Il progetto dei Pepp, è stato rimarcato, ha aperto un nuovo cantiere nella costruzione dell’edificio comunitario, quello del welfare state, finora soltanto sfiorato dai progetti di armonizzazione. Il sistema pensionistico , oggetto della nuova regolamentazione rappresenta un importante snodo in cui le esigenze sociali di un Paese (e, ancora di più, di un continente), si saldano a quelle della propria economia e dei mercati finanziari che la sostengono.

In una veloce cronistoria va ricordato come la proposta di regolamento è stata ufficialmente presentata nel giugno 2017 dalla Commissione europea, accompagnata da una Raccomandazione sul trattamento fiscale dei prodotti pensionistici ad adesione individuale, nella quale la Commissione incoraggia gli Stati membri a attribuire ai Pepp istituiti sulla base del Regolamento gli stessi benefici fiscali riconosciuti ai piani individuali pensionistici nazionali. Nel quadro dello sviluppo del mercato unico dei capitali (Capital Markets Union), la proposta di Regolamento mira a creare un mercato unico dei prodotti pensionistici ad adesione individuale. La proposta è stata preceduta dallo studio di Eiopa sullo sviluppo di un mercato europeo degli schemi ad adesione individuale (luglio 2016), che era pervenuto alla conclusione che il modo più efficiente per arrivare ad un mercato unico dei piani pensionistici individuali è costituito dalla creazione di un prodotto pensionistico pan-europeo piuttosto che dall’armonizzazione normativa delle forme di previdenza complementare già esistenti nei singoli Stati membri. Così come è stato ricordato nell’ambito del convegno sopra citato, la proposta iniziale della Commissione è stata esaminata dal Working Party on Financial Services del Consiglio dell’Unione Europea nel corso di 13 riunioni svoltesi durante le presidenze estone e bulgara. Nonostante le distanti posizioni di alcune delegazioni, che hanno sollevato obiezioni al mantenimento degli Iorp (Institutions for Occupationl Retirement Provision) tra i fornitori di Pepp, il 19 giugno 2018 il Coreper (il Comitato dei rappresentati permanenti degli Stati in seno al Consiglio) ha approvato il testo di compromesso del Regolamento Pepp. Lo scorso 3 settembre, la Commissione per gli affari economici e monetari del Parlamento europeo ha deliberato in merito alla proposta di Regolamento. Sul Report approvato non sono state sollevate obiezioni dal Parlamento Europeo riunito in seduta plenaria il 10-13 settembre e quindi esso costituirà il testo su cui avviare i negoziati tra le Istituzioni europee coinvolte (c.d. Trilogo). Quali sono le criticità che vengono nel Booklet dell’Ania? Vine sottolineata in primis una difficoltà di partenza rappresentata dal fatto che il nuovo regolamento affronta materie (previdenza, fisco) largamente sottratte alla competenza comunitaria e che ogni Paese, negli anni, ha affrontato in maniera diversa. Vi sono nazioni, viene ricordato, in cui la previdenza riposa quasi per intero sul primo pilastro pubblico ed altre, invece, dove si è sviluppato un articolato sistema di fondi pensione collettivi e pensioni individuali private. Il compromesso che si va profilando, sia nella proposta iniziale della Commissione, sia nel testo elaborato dal Consiglio europeo e ora con le modifiche discusse nel Parlamento, risente della difficoltà di trovare un punto di equilibrio condiviso in una materia che, appunto, è fortemente regolamentata a livello nazionale. Particolarmente delicato l’aspetto tributario. Il legislatore comunitario, si sottolinea, avrebbe voluto introdurre un regime fiscale ad hoc sui nuovi prodotti oppure estendere anche a loro i benefici fiscali che ciascun Paese destina alla previdenza complementare. Per farlo, però, avrebbe dovuto ottenere il consenso unanime di tutti i membri dell’Unione, così come prevedono i trattati europei per le decisioni in materia fiscale. Evidentemente, si è ritenuto che non ne esistessero le condizioni.

Fatto sta che la scelta finale, osserva l’Ania, sia nella proposta iniziale della Commissione che nei testi del Consiglio e del Parlamento, è stata quella di espungere i temi fiscali dalla proposta di regolamento, trasferendoli in una raccomandazione (non vincolante) in cui si auspica che gli Stati membri riconoscano ai Pepp i benefici fiscali già previsti per le forme pensionistiche complementari esistenti. Se però questo non dovesse avvenire, o avvenisse solo in modo limitato, i nuovi prodotti pensionistici pan-europei rimarrebbero sulla carta. Altra considerazione è che oggi il Pepp potrebbe non prevedere una rendita, laddove il consumatore sceglie di prendere tutto il capitale alla fine, snaturandosi così la componente previdenziale, che è la pensione. Altro tema di rilievo è quello della garanzia. Intanto è prevista una opzione di default, cioè è previsto che per chi non faccia una scelta è prevista una opzione, la più garantista possibile. Ma questa opzione può avere connotazioni molto diverse, può essere una vera garanzia di restituzione di quanto versato; o può essere una garanzia finanziaria con i limiti che può avere, si rimarca. Ci saranno poi alcuni raccordi che dovranno essere posti in ambito nazionale. Come si innesteranno le diverse regole che si vanno profilando per i Pepp, per esempio, sul trasferimento della posizione tra forme previdenziali, sulle tipologie di prestazioni, sulle caratteristiche della linea di default, nel quadro normativo nazionale? Saranno applicate solo alle forme individuali o, in virtù della disciplina uniforme che caratterizza il nostro sistema, estese anche alle forme collettive? (riproduzione riservata)

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