I risparmiatori non possono negoziare Etf domiciliati in Usa e Treasury Index Linked, perché sprovvisti del Kid. Sono tra i problemi sollevati dalle nuove regole europee per la trasparenza
di Roberta Castellarin e Paola Valentini

A quasi nove mesi dall’entrata in vigore della direttiva Mifid II e del Regolamento europeo Priips sui prodotti di investimento, che puntano a dare una maggiore trasparenza sui costi pagati dai risparmiatori, restano molte questioni aperte. Anche se per i fondi comuni le regole sui Priips entreranno in vigore l’anno prossimo, per tutti gli altri strumenti (Etf, certificati, polizze Vita) valgono già e hanno portato all’introduzione del Kid, un foglio informativo che illustra in maniera sintetica principali rischi e costi dello strumento. «Ci sono alcuni aspetti ritenuti più critici alla luce delle prime implementazioni Mifid II. Probabilmente è possibile ipotizzare che sul campo dopo un po’ di tempo sarà possibile, ex post, valutare anche altri aspetti», premette Roberto Lenzi, avvocato patrimonialista dello studio legale Lenzi e Associati di Milano.
Un primo aspetto riguarda i questionari di profilatura specialmente per i rapporti gestiti e di consulenza, ovvero quei moduli informativi che il collocatore fa compilare al sottoscrittore per inquadrare la sua tolleranza al rischio. «A differenza della scheda prodotto che è simile per ogni società con uno schema semplificato per il cliente, ancorché con numerosi difetti e lacune sulle informazioni fornite e sulle metodologie utilizzate soprattutto in ordine ai costi e alle performance prospettiche, i questionari di profilatura della clientela sono lasciati alla discrezionalità di ogni singolo intermediario che, sul piano formale e in linea teorica viene fortemente responsabilizzato dato che deve essere in grado di operare una corretta valutazione del cliente sulle base delle risposta fornite dallo stesso», spiega Lenzi.
Nella pratica può accadere che il cliente che abbia rapporti con intermediari diversi possa subire una profilatura differente, pur avendo le stesse caratteristiche come investitore; e, quindi, mantenere portafogli differenti (per rischiosità) da intermediario a intermediario. «Preferibile sarebbe un questionario ad hoc fornito da Consob, uguale per tutti, onde ridurre il più possibile tale discrezionalità, semplificando, per contro, l’attività degli intermediari», prosegue Lenzi. Non solo. C’è anche una questione che riguarda la forma.
«Nell’esaminare alcuni questionari di diversi intermediari, si può vedere come molte domande siano poste in maniera non ottimale per la clientela e molte sono assai inutili per una corretta profilatura», osserva il legale chiedendosi a questo punto cosa succederà ex post, quando il cliente avrà confrontato costi del prodotto o servizio, non solo in termini percentuali, ma anche in valore assoluto, come prevede la normativa, con i risultati ottenuti in rapporto all’intermediario che dovrà dimostrare di avere «interpretato» il proprio lavoro in maniera ottimale avendo adottato comportamenti virtuosi per il servizio prestato ed avere agito nell’interesse della clientela».

Sempre sul fronte della documentazione da sottoporre e fare firmare alla clientela «pur apprezzando le finalità della Mifid II non è ardito evidenziare come le modalità per raggiungere queste siano forse poco efficaci. Mi riferisco, in modo particolare, alla mole di informazioni da sottoporre alla clientela e alla documentazione da firmare, decine di pagine; documentazione che quasi nessuno legge analiticamente. Forse solo in sede di eventuali contenziosi tali pagine verranno lette: dai legali delle due parti. Una semplificazione, con effetti positivi in termini amministrativi e di costi soprattutto per gli intermediari non costituirebbe certo, a mio parere, un aspetto negativo», nota Lenzi.
Un altro elemento da tenere in considerazione chiama in causa le autorità di vigilanza. Dato che, come noto, negli anni scorsi è emerso in più occasioni che chi doveva vigilare gli operatori di mercato si è lasciato sfuggire comportamenti poco corretti da parte di questi ultimi, bisogna capire «quale nuova ed efficace organizzazione esiste oggi per i controllori, se vi saranno effettivi controlli a presidio della normativa, oppure, come successo spesso in passato, gli interventi saranno tardivi. Solo a posteriori si potrà valutare, anche se la storia in questo settore non ci rende molto ottimisti», puntualizza Lenzi.

Se questi sono i caveat della Mifid, non mancano lacune da colmare anche sul fronte della normativa sui Priips (che sta per Packaged Retail Investment and Insurance Products). A partire dagli Etf. Il regolamento, come si accennava, prevede che gli emittenti o i gestori del prodotto preparino il Kid (Key Information Document), un prospetto che in poche pagine permetta al potenziale sottoscrittore di capire e confrontare i rischi, rendimenti e costi attesi (sulla base di alcuni scenari di andamento dei mercati) di diversi strumenti di investimento.
Il problema è che gli Etf domiciliati negli Stati Uniti, mercato dove questi strumenti sono nati 25 anni fa e che si è sviluppato al tal punto che sono presenti fondi indice di nicchia spesso non quotati nelle omologhe borse dell’Ue, non sono soggetti alle regole europee e, a differenza degli Etf europei, non hanno preparato il Kid dato che si rivolgono essenzialmente agli investitori statunitensi e poco rileva quindi adeguarsi a normative straniere. Chi ha quindi in portafoglio un Etf comprato nella borsa Usa può tenerlo in portafoglio, ma non può acquistarne altre quote finché gli emittenti Usa non produrranno un Kid a norma Priips. Come spiegano anche da FinecoBank : «Fineco si attiene alla normativa per cui gli strumenti sprovvisti di Kid non possono essere acquistati da clientela al dettaglio. Al contrario, la clientela che si qualifica come professionale accede a un’offerta dedicata che comprende anche l’accesso a strumenti sprovvisti di Kid».

Mentre da Banca Fideuram spiegano: «Ad oggi gli emittenti di fondi comuni o Etf-Etc-Etn extra-Ue/See non stanno redigendo Kid, né hanno programmato di farlo, pertanto i documenti non sono disponibili e la banca deve astenersi dal vendere tali titoli al cliente. Lo stesso discorso vale per alcuni titoli Treasury legati all’inflazione emessi dagli Stati Uniti. Stiamo seguendo costantemente la situazione in attesa di sviluppi. Invece gli Etf europei sono per il momento esenti dall’obbligo del Kid e sugli Etc/Etn europei siamo già in grado di fornire i Kid».
Anche in questo caso tale restrizione vale per i clienti retail, mentre i professionali sono esentati. La Mifid II prevede infatti la categoria dei clienti professionali su richiesta, ossia risparmiatori che chiedono di essere considerati come clienti professionali. Il passaggio è consentito solo se l’intermediario, dopo aver valutato anche attraverso specifici test, la competenza, l’esperienza e le conoscenze del cliente, ritenga che il cliente sia in grado di adottare consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti e di comprendere i rischi che assume.
Il cliente deve soddisfare almeno due dei seguenti requisiti: ha effettuato operazioni di dimensioni significative sul mercato con una frequenza media di dieci operazioni al trimestre nei quattro trimestri precedenti; il valore del portafoglio del cliente, inclusi i depositi in contante deve superare i 500 mila euro; il cliente lavora o ha lavorato nel settore finanziario per almeno un anno in una posizione che presupponga la conoscenza delle operazioni o dei servizi previsti. (riproduzione riservata)

Fonte: