L’ex capo motori arrestato per il Dieselgate
L’incubo del Dieselgate non smette di tormentare Volkswagen. Il costruttore tedesco ha reso noto che il risultato operativo del terzo trimestre dovrebbe essere zavorrato da un onere di 2,5 miliardi di euro per i richiami e gli aggiornamenti delle auto in Nord America. L’aumento degli accantonamenti riguarda i modelli con motore Tdi 2.01.

A fine 2011 la casa di Wolfsburg aveva ammesso che 11 milioni di auto contenevano un software che aveva permesso di aggirare le regole sulle emissioni diesel.

Ma le grane non finiscono qui. Ieri la polizia ha arrestato Wolfgang Hatz, ex capo dei motori di Volkswagen, con l’accusa di avere manipolato le auto a gasolio per aggirare le regole. Hatz, il manager esecutivo più anziano tra quelli arrestati nell’ambito dell’inchiesta sul Dieselgate, era anche una persona di fiducia di Martin Winterkorn, l’ex a.d. del gruppo, che si era dimesso dopo essere stato travolto dallo scandalo.

Hatz, approdato a Wolfsburg nel 2001, ha lavorato soprattutto nell’ambito dello sviluppo dei motori, con precedenti esperienze in Bmw, Opel e Fiat. Ha guidato il programma di sviluppo dei motori di Audi dal 2001 al 2007, mentre era a capo della stessa divisione in Volkswagen. Nel 2011 è diventato membro del cda di Porsche, come referente della ricerca e sviluppo. Suo è il merito della vittoria del brand di Vw nella competizione di Le Mans nel 2015, così come lo sviluppo della prima auto sportiva elettrica di Porsche, la Mission E.

Sempre nell’ambito dello scandalo, due impiegati di Volkswagen sono stati condannati negli Stati Uniti a 40 mesi di prigione, mentre un altro è dietro le sbarre in attesa di sentenza. In Germania solo due persone sono state messe sotto accusa, mentre gli inquirenti di Braunschweig ne stanno indagando altre 50, fra cui Winterkorn. In luglio la polizia tedesca ha arrestato Zaccheo Giovanni Pamio, ex addetto di Audi a capo della termodinamica nel dipartimento di sviluppo dei motori. Si è trattato del primo arresto per il Dieselgate. Il governo Usa ha accusato otto persone, tra cui Pamio.

Recentemente l’Unione europea ha caldeggiato al pubblico ministero di Braunschweig la messa sotto accusa per frode di due figure di vertice della casa automobilistica. L’antifrode Ue, conosciuta come Olaf, sta indagando da novembre 2015 per capire se Volkswagen abbia coscientemente utilizzato in modo improprio i prestiti che le sono arrivati dal braccio finanziario di Bruxelles, la Banca europea per gli investimenti. Uno dei due manager ha lasciato la società ed è indagato, mentre la situazione dell’altro è ancora poco chiara. Le accuse sono incentrate su un prestito di 400 milioni di euro che la Bei aveva concesso al costruttore nel 2009 per supportare gli sforzi sul fronte ambientale. Prestito che, in ogni caso, è stato ripagato.

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