E tra le persone sole il reddito è sotto la media
di Gaetano Belloni

Gli italiani, popolo di poeti, santi e navigatori… anziani è il caso di concludere. Nell’ultimo mezzo secolo, infatti, l’età media del Belpaese è costantemente cresciuta, fino a raggiungere, nel 2015, i 44,4 anni, con un indice di vecchiaia (cioè il numero di anziani ogni 100 giovani tra 0 e 14 anni) schizzato a 157,7, il 14,2% in più rispetto a dieci anni prima.

L’Istat conferma, spiegando, nel suo rapporto sulla popolazione anziana, che «l’Italia sta rapidamente invecchiando: la persistenza del tasso di fecondità ben al di sotto della soglia naturale di sostituzione e il raggiungimento di traguardi un tempo insperati della speranza di vita, fanno dell’Italia uno dei Paesi con il più alto indice di vecchiaia al mondo».

Del resto, secondo i dati dell’istituto di statistica, al 1° gennaio di quest’anno la popolazione anziana (cioè con più di 65 anni) era formata da 13.528.550 persone, il 22,3% del totale degli italiani residenti (che erano 60.589.445): una percentuale che nel corso degli anni è cresciuta considerevolmente (nel 1952 era dell’8,20%), e che continuerà ad aumentare, tanto che fra cinquant’anni, nel 2065, l’Istat stima una popolazione anziana di 17.782.274 persone, il 32,6% del totale. Ed esploderà anche il numero di ultracentenari che, se oggi sono lo 0,13% della popolazione anziana, nel 2066 arriveranno a rappresentare lo 0,71% degli over 65.

I nodi irrisolti:

pensioni e welfare

L’istituto di statistica sottolinea come gli anziani di oggi siano diversi da quelli di un tempo, e non solo per l’aumentata speranza di vita: oggi il 24,4% degli over 65 usa il pc (+343,6% rispetto al 2005), il 25,6% usa internet (+556,4%), il 17% va a teatro almeno una volta l’anno (+37,1%), il 22,4% va al cinema (+40%), il 22,6% visita mostre o musei (+49,7%). Parallelamente, gli anziani di oggi hanno anche più relazioni sociali: l’8,5% partecipa a riunioni in associazioni culturali o ricreative (+23,2%).

In una situazione simile, tuttavia, non tarderanno molto ad aumentare anche i problemi, tra cui l’«indice di dipendenza» degli anziani, cioè il rapporto tra gli over 65 e la popolazione in età attiva (15-64 anni): nel 2005 era del 29,4%, per diventare il 33,7% nel 2015; nel 2025 raggiungerà il 37,9% e nel 2065 sarà del 59,7%. Le prospettive, sostiene l’Istat, mettono in evidenza «con forza ancora maggiore i nodi tuttora non sciolti della sostenibilità del Sistema Paese», compresi le pensioni e il welfare. A questo si aggiunge che la «terza età» non è certo libera da problemi, primi fra tutti quelli dovuti agli acciacchi più o meno lievi, sebbene, sottolinea l’Istat, «in generale la popolazione anziana goda di un buono stato di salute complessivo». Nel 2015, infatti, le persone di 65-74 anni che si ritenevano in buona salute erano il 40,2% del totale, con un miglioramento dell’8,9% rispetto a soli 6 anni prima (anche se la percezione dello stato di salute decresce rapidamente all’aumentare dell’età, tanto che tra gli ultra 75enni il dato crolla al 24,8%), mentre quelle con almeno una malattia cronica erano il 74,8%, con una diminuzione dello 0,9% rispetto al 2005.

Reddito in crisi

Va poi considerato l’aspetto socio-economico: nel 2014 l’incidenza della povertà assoluta nelle famiglie di anziani è rimasta del 4,7%, allo stesso livello del 2004, e la povertà relativa è diminuita del 35,1%. Ma negli anni della crisi è cresciuto del 10,2%, arrivando al 22,7%, il numero di over 65 che giudicano «difficile» la propria condizione economica, ed è aumentata del 20,4%, arrivando al 6,5%, la quota di coloro che dichiarano di non avere soldi per comprare il cibo in alcuni periodi dell’anno. E, sottolinea l’istituto di statistica, «le persone anziane che vivono da sole si attestano su un reddito medio decisamente inferiore sia alla media del Paese sia dei rispettivi territori in cui vivono».
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