di Paola Valentini
Le grandi banche globali investono sempre di più nel business di private banking di fascia alta con prodotti e servizi innovativi. Tra queste c’è Citi, che copre il private banking italiano da Londra con una squadra ristretta di banker e investment specialist (che possono accedere alle risorse del gruppo presenti anche in altri Paesi). La banca in Italia è l’unica che si concentra esclusivamente sul segmento top e ha visto crescere la quota di mercato in modo importante nell’ultimo anno. «Abbiamo aumentato il numero di clienti in modo significativo rispetto a fine 2016 e siamo molto soddisfatti delle relazioni che abbiamo in Italia», afferma infatti Francesco Lombardo di San Chirico, responsabile del private banking per il mercato italiano, entrato in Citi nel 2012 per riposizionare la banca nel segmento top del private banking, inclusi i family office.

Domanda. Tra tassi ai minimi che non remuneraro più il cash e incognite sulle valute, che cosa proponete ai clienti oggi?
Risposta. Continuiamo a investire sulle nostre gestioni, nelle quali possiamo dare il valore aggiunto dell’indipendenza e delle buone performance. L’ultima novità è The Collection Fund, un fondo di fondi di private equity armonizzato di diritto lussemburghese. È una struttura fiscalmente efficiente che permette di investire sugli 8-12 fondi di private equity e immobiliari più noti al mondo ed effettuare co-investimenti. Abbiamo anche lanciato un programma che darà a un numero ristretto di clienti professionali accesso a deal di equity e debt originati da Citi.

D. C’è interesse per questi strumenti?
R. Molto, perché gli imprenditori vogliono investire nell’economia reale e The Collection Fund dà anche la possibilità di diversificare. Il fondo si rivolge a soggetti che dispongono non solo di ingenti disponibilità ma anche di una struttura in grado di giudicare l’opportunità di esporsi a questi investimenti, che prevedeono un ticket di ingresso piuttosto elevato. Lo stesso vale per il programma di direct private equity investment che permette di accedere a opportunità tradizionalmente riservate a investitori istituzionali.

D. È un’evoluzione delle classiche gestioni patrimoniali?
R. Le classiche gestioni patrimoniali vanno bene, almeno nella parte di base del portafoglio, ma notiamo che i clienti desiderano anche altro. Vogliono avvicinarsi all’economia reale. Citi da sempre investe per essere sempre più sofisticata e per integrare l’offerta con prodotti e servizi che superano la tradizionale gestione. In sostanza, è necessario essere vicini al cliente cercando non solo di investire i suoi capitali; ad esempio, è importante essere in grado di dare servizi di finanziamento nei settori real estate, arte, aircraft (aerei, ndr) e shipping (navi, ndr). Fino a fornire una consulenza nella diversificazione strategica di un gruppo familiare.

D. In che senso?
R. Le famiglie con aziende ben posizionate che producono molta liquidità oggi si chiedono come investirla. Una soluzione è creare holding finanziarie che diversificano in altre attività. Qui entra in gioco una banca globale come la nostra. Le soluzioni di solito sono due: investimenti di minoranza in settori strategici o di maggioranza in settori alternativi o molto promettenti, come il fintech ma anche il foodtech, ovvero la tecnologia applicata all’agricoltura. Restano poi sempre di interesse gli investimenti in clean energy e biotech.

D. Qual è il segreto per intuire quali aziende avranno successo?
R. Non c’è un segreto. La prima regola è avere una struttura globale e molte risorse a disposizione per fare una selezione accurata e diversificare il rischio. (riproduzione riservata)
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