Il cliente finale (il consumatore) non può agire direttamente verso uno qualsiasi dei soggetti della catena distributiva, ma deve necessariamente rivolgersi al suo immediato venditore (il venditore finale), ultimo anello della catena distributiva e che è il soggetto con il quale ha contrattato

La normativa distingue la figura del produttore (definito dall’art. 115, comma 2-bis d.lgs. 206/2005) da quella del venditore (v. art. 128 comma 1 b d.lgs. 206/2005), quest’ultimo individuato nell’ambito della disciplina del contratto di vendita.

L’art. 128 comma 2 d.lgs. 206/2005 disciplina la garanzia convenzionale ulteriore individuandola in qualsiasi impegno di un venditore o di un produttore, assunto nei confronti del consumatore senza costi supplementari, di rimborsare il prezzo pagato, sostituire, riparare, o intervenire altrimenti sul bene di consumo, qualora esso non corrisponda alle condizioni enunciate nella dichiarazione di garanzia o nella relativa pubblicità.

L’art. 131 d.lgs. 206/2005 al primo comma stabilisce che il venditore finale, quando è responsabile nei confronti del consumatore a causa di un difetto di conformità imputabile a un’azione o a un’omissione del produttore, di un precedente venditore della medesima catena contrattuale distributiva o di qualsiasi altro intermediario, ha diritto di regresso, salvo patto contrario o rinuncia, nei confronti del soggetto o dei soggetti responsabili facenti parte della suddetta catena distributiva; al secondo comma stabilisce che il venditore finale che abbia ottemperato ai rimedi esperiti dal consumatore, può agire, entro un anno dall’esecuzione della prestazione, in regresso nei confronti del soggetto o dei soggetti responsabili per ottenere la reintegrazione di quanto prestato.

Dalla norma si desume chiaramente che l’obbligato nei confronti del consumatore è il venditore e non il produttore il quale è semplicemente esposto all’azione di regresso nei confronti dei soggetti ivi indicati.

Il cliente finale (il consumatore) non può agire direttamente verso uno qualsiasi dei soggetti della catena distributiva, ma deve necessariamente rivolgersi al suo immediato venditore (il venditore finale), ultimo anello della catena distributiva e suo dante causa e che è, appunto, il soggetto con il quale ha contrattato.

L’art. 131 del codice del consumo, pertanto, recepisce i principi sulle vendite a catena secondo i quali nelle cosiddette vendite a catena spettano all’acquirente due azioni:

  • quella contrattuale, che sorge solo nei confronti del diretto venditore, in quanto l’autonomia di ciascun trasferimento non gli consente di rivolgersi contro i precedenti venditori (restando salva l’azione di rivalsa del rivenditore nei confronti del venditore intermedio);
  • quella extracontrattuale, che è esperibile dal compratore contro il produttore, per il danno sofferto in dipendenza dei vizi che rendono la cosa pericolosa, anche quando tale danno si sia verificato dopo il passaggio della cosa nell’altrui sfera giuridica.

Infine, la disposizione dell’art. 133 d.lgs. 206/2005, disciplinando la garanzia convenzionale, sulla quale la ricorrente fonda in proprio ricorso, fa riferimento a quei casi in cui venditore o produttore forniscano in modo volontario una garanzia convenzionale (diversa e aggiuntiva da quella già riconosciuta dalla legge) e prevede, al fine di assicurare la tutela del consumatore, che la garanzia in oggetto vincoli tali soggetti a quanto indicato nella medesima dichiarazione di garanzia o nella relativa pubblicità.

Tuttavia l’art. 133 non deroga ai principi di cui al precedente art. 131 per i quali il cliente finale (il consumatore) non può agire direttamente verso uno (qualsiasi) dei soggetti della catena distributiva, ma deve necessariamente rivolgersi al suo immediato venditore (il venditore finale), ultimo anello della catena distributiva e suo dante causa e che è, appunto, il soggetto con il quale ha contrattato.

Al di fuori di queste ipotesi di responsabilità contrattuale residua solo la responsabilità extracontrattuale del produttore ai sensi degli artt. 114 e 123 d.lgs. 206/2005, come appunto ritenuto dal Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 luglio 2017 n. 18610