Lo dice l’ex capo della protezione civile Guido Bertolaso
di Pietro Vernizzi Il Sussidiario. net

«Non si devono aspettare i terremoti per poi costruire edifici sicuri e a norma antisismica. Bisogna farlo prima che si verifichi la scossa, e questo è il compito che spetta all’attuale governo e a quelli che verranno. È un’attività di prevenzione che si può sviluppare nell’arco di 20-40 anni, non certo di meno». È quanto afferma Guido Bertolaso, ex capo della Protezione civile nel 1996-1997 e poi ancora dal 2001 al 2011, nonché l’uomo che ha gestito l’emergenza dopo il terremoto in Abruzzo del 2009.

Domanda. Bertolaso, sorge spontaneo il paragone tra il terremoto di Amatrice e quello de L’Aquila. Fino a che punto sono realmente simili?

Risposta. I due terremoti sono stati abbinati perché entrambi si sono verificati di notte e per l’intensità che è stata abbastanza simile. Per il resto sono situazioni assolutamente diverse. A L’Aquila c’erano quasi 100 mila sfollati, mentre nel Reatino e nell’Ascolano sono 2.500-3mila. I Comuni colpiti in questo caso sono tre, mentre nel 2009 il sisma aveva riguardato una città capoluogo di Regione e 14-15 Comuni circostanti. C’è stata questa suggestione dell’orario e della vicinanza geografica che ha fatto sembrare simili i due terremoti, ma agli occhi dei profani e non certo dei tecnici e degli esperti.

D. In qualche modo quello del 24 agosto è un terremoto più simile a quello dell’Irpinia?

R. No, quello dell’Irpinia è stato molto più potente e violento.

D. Norcia, che era stata costruita seguendo criteri anti-sismici, è ancora in piedi. Agire capillarmente su tutti i singoli Comuni è realmente possibile?

R. Occorre fare ciò che è stato fatto in altri Comuni di Umbria e Marche come Norcia dopo il terremoto del 1997. Non si devono aspettare i terremoti per poi costruire edifici sicuri e a norma antisismica. Bisogna farlo prima che si verifichi il terremoto, e questo è il compito che spetta all’attuale governo e a quelli che verranno. È un’attività di prevenzione che si può sviluppare nell’arco di 20-40 anni, e non certo di meno.

D. Da un punto di vista finanziario lo ritiene un intervento sostenibile?

R. Bisognerà trovare il modo. Io non sono un economista, e quindi non sono in grado di individuare quelli che possono essere i capitoli di spesa e le risorse. Sono un tecnico che si è occupato di emergenze per gran parte della propria vita, e so che questo intervento deve essere realizzato come è stato fatto in California, Giappone nonché in Paesi meno sviluppati di noi come il Cile e la Nuova Zelanda. Se lo hanno fatto loro, possiamo farlo anche noi. Lo ritengo assolutamente necessario e fondamentale, sempre che non vogliamo aspettare il prossimo terremoto per ricominciare con le solite polemiche e con le solite recriminazioni.

D. L’Italia però è piena di edifici vecchi e fragili, assai più di California e Giappone.

R. Ciascun Paese deve fare i conti con le proprie bellezze, risorse e vulnerabilità. Purtroppo per l’Italia è più difficile e costerà di più, ma non significa che non si possa fare. Ormai le tecniche ci sono, e quindi da questo punto di vista deve esserci semplicemente la volontà politica per farlo.

D: C’è bisogno di un grande commissario anticorruzione come Cantone?

R. Sì, anch’io ho detto che Raffaele Cantone potrebbe essere la persona che può assumere il coordinamento di questo intervento che sarebbe una grande opera, la più importante che si possa fare in Italia. Nel nostro paese ci sono tanti personaggi assolutamente al di sopra delle parti e con grandi competenze che possono assumersi questa grande responsabilità. Basta che non si vada in giro a cercare la tessera giusta, perché sarebbe veramente il percorso sbagliato.
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