Il richiamo contenuto nell’art. 6 legge n. 990 del 1969 (ora codice delle Assicurazioni d.lgs. n. 209 del 2005) alla sussistenza dell’obbligo assicurativo dell’U.C.I. (Ufficio Centrale Italiano) «nei limiti e nelle forme stabilite dalla presente legge» deve porsi in correlazione con il primo comma dell’art. 1 legge n. 990 del 1969 e, quindi, con l’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi prevista dall’art. 2054 c.c.
Tale disposizione prevede espressamente, al primo comma, che il risarcimento concerne il danno prodotto dalla circolazione dei veicoli sia a persone, sia a cose; ne consegue che la copertura assicurativa dell’U.C.I per i veicoli immatricolati all’estero, al pari della generale garanzia relativa alla circolazione dei veicoli immatricolati in Italia, concerne anche i danni causati alle cose trasportate.
La Corte d’appello, premesso che l’U.C.I. svolge le funzioni attribuitegli dalla L. n. 990 del 1969, art. 6, di provvedere alla liquidazione dei sinistri provocati in Italia dalla circolazione di un veicolo estero, ha rilevato che: il citato art. 6, al comma quarto, dispone che l’ente provveda alla liberazione dei danni cagionati in Italia, garantendo il pagamento agli aventi diritto nei limiti e nelle forme stabilite dalla presente legge. I limiti e le forme previsti dalla L. n. 990 del 1969, sono dunque quelli di cui al precedente art. 1, come modificato dal D.L. n. 857 del 1976, art. 1 comma secondo, per il quale i veicoli a motore non possono essere posti in circolazione su strade di uso pubblico se non siano coperti dall’assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi prevista dall’art. 2054 c.c. L’assicurazione deve comprendere anche la responsabilità per i danni alla persona causati ai trasportati, qualunque sia il titolo in base al quale è effettuato il trasporto.
Nella assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, alla modifica apportata dal D.L. n. 857 nel 1976, art. 1, convertito nella L. n. 39 del 1977, nella L. n. 990 del 1969, art. 1, comma secondo, deve attribuirsi l’effetto della estensione dell’assicurazione obbligatoria ai danni prodotti alle persone dei trasportati quale regola generale. Il dato letterale è dunque inconfutabile nel prevedere la garanzia per i soli danni alle persone dei trasportati, e dunque ai terzi trasportati intesi come persone, e non alle cose.
In forza della L. n. 990 del 1969, art. 6, vigente all’epoca dei fatti di causa ora d.lgs. n. 209 del 2005, art. 125, (codice della assicurazioni), l’obbligo di assicurazione per la RCA vige anche per i veicoli immatricolati all’estero, una volta entrati in Italia.
L’imposizione dell’obbligo di assicurazione anche ai veicoli con targa estera risponde a una duplice esigenza: da un lato, quella di non rallentare i traffici commerciali e gli spostamenti delle persone, esigenza che sarebbe frustrata se si dovesse imporre al veicolo straniero, una volta varcato il confine, l’obbligo di assicurarsi nonostante la polizza della RCA sia stata già stipulata nel Paese di provenienza; dall’altro, l’esigenza di non rendere onerosa o complicata per le vittime la tutela dei propri diritti, come avverrebbe se il danneggiato dovesse chiedere il risarcimento dei danni a un assicuratore straniero, privo di rappresentanti in Italia.
Il sistema è basato sulla contemporanea esistenza, in tutti i Paesi aderenti, degli uffici nazionali, altrimenti denominati bureaux, i quali sono persone giuridiche il cui compito è quello di risarcire le vittime di sinistri avvenuti nel Paese dove essi hanno sede, causati da veicoli immatricolati in altri Paesi, salva rivalsa nei confronti dell’assicuratore responsabile.
L’Ufficio Centrale Italiano – U.C.I. è il bureau nazionale italiano, il quale ha (tra l’altro) il compito di liquidare il risarcimento dovuto al soggetto danneggiato in Italia da un veicolo con targa straniera.
Tanto premesso in ordine alla natura e alle funzioni dell’U.C.I., va rilevato come la Corte d’appello abbia escluso la garanzia dell’U.C.I. per i danni alle cose trasportate sulla base del collegamento tra la L. n. 990 del 1969, art. 6, comma quarto, che sancisce l’obbligo assicurativo dell’U.C.I., e la L. n. 990 del 1969, art. 1, commi 1 e 2, che stabilisce la regola generale dell’assicurazione obbligatoria per la RCA, estesa ai terzi trasportati dal D.L. n. 857 del 1976.
I giudici di merito hanno, in tal modo, erroneamente attribuito alla L. n. 990 del 1969, art. 1, comma secondo, un valore semantico che non corrisponde alla ratio della disposizione introdotta dal D.L. n. 857 del 1976, dettata al solo fine di superare i dubbi che in passato si erano posti in merito alla operatività dei benefici assicurativi anche nei confronti dei trasportati a titolo di cortesia, stabilendo appunto che l’assicurazione obbligatoria dovesse comprendere anche la responsabilità per i danni causati alle persone trasportate qualunque sia il titolo in base a cui è effettuato il trasporto.
Dalla suddetta disposizione non può dunque inferirsi, come invece ritenuto dalla corte territoriale, che la garanzia dell’U.C.I. copra soli i danni alle persone trasportate.
Il richiamo contenuto nella L. n. 990 del 1969, art. 6, alla sussistenza dell’obbligo assicurativo dell’U.C.I. nei limiti e nelle forme stabilite dalla presente legge deve pertanto porsi in correlazione con la L. n. 990 del 1969, art. 1 comma primo, e, quindi, con l’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi prevista dall’art. 2054 c.c.; tale disposizione prevede espressamente, al comma primo, che il risarcimento concerne il danno prodotto dalla circolazione dei veicoli sia a persone sia a cose; ne consegue che la copertura assicurativa dell’U.C.I. per i veicoli immatricolati all’estero, al pari della generale garanzia relativa alla circolazione dei veicoli immatricolati in Italia, concerne anche i danni causati alle cose trasportate.
Tale conclusione trova conferma nel disposto dall’attuale D.Lgs. n. 209 del 2005 art. 128 lett. b), il quale prevede espressamente un apposito massimale per i danni alle cose (Cassazione civile sez. III, 10/03/2016 n. 4669).