Il lancio del programma Vitality di Generali, avvenuto a luglio in Germania e prossimo in Francia (inizio 2017) non è stato privo di polemiche, relativamente alla spinosa questione dei dati sensibili.
Il programma è stato presentato ufficialmente in Francia lo scorso 6 settembre e sono stati affrontati tutti i punti nel tentativo di rispondere alle critiche sia sull’utilizzo dei dati che sull’assicurazione legata al comportamento.
Il Collectif interassociatif sur la santé (CISS) vede in Vitality un accrescimento della disuguaglianza nella salute, perché concentrandosi per ora sulle polizze collettive i più esposti ai rischi andranno ancora a finanziare lo stile di vita sanitario dei più favoriti, dato che i contratti individuali sarebbero più onerosi di quelli collettivi.
Se in Vitality né l’assicuratore né i datori di lavoro avranno accesso ai dati comunicati tramite il programma, esiste tuttavia un’eccezione: il datore di lavoro potrà conoscere il numero di dipendenti della sua impresa che integrano l’approccio Vitality … se questo numero è superiore a 20.
«Non si è mai visto una compagnia raccogliere dei dati per non farne niente!» sostiene il CISS, invitando il CNIL a riflettere sul tema.
Generali Vitality, in Francia, constituisce una sorta di prova prima di una potenziale rivoluzione del mercato dell’assicurazione malattia.
«A forza di individualizzare i contratti, l’assicurazione non si allontana di più dal suo ruolo originale, che è quello di condividere i rischi all’interno della società?» si chiede l’editorialista de Les Echos Guillaume Maujean. Analisi condivisa dal segretario nazionale della CFDT Jocelyne Cabanal: «Questa iniziativa, inedita in Francia, punta il dito su un meccanismo pericoloso dal punto di vista della solidarietà e della mutualizzazione dei rischi tra malati e persone sane».