Tribunale di Roma – Sezione XIII Civile – sentenza n. 13580/2016 del 7 luglio 2016

Avv. Gianluca Messercola

Il Tribunale di Roma fa giusta applicazione delle più recenti pronunce della Suprema Corte in tema di danno da perdita della capacità specifica (incapacità produttiva permanente), tracciando così le linee da seguire per una corretta liquidazione del danno secondo i principi nomofilattici.

In prima battuta, è bene precisare che il presupposto per la configurazione di ipotesi risarcitoria per danno patrimoniale da lucro cessante, è la riduzione/contrazione della capacità di lavoro che un soggetto soffre al verificarsi di un evento avverso, dal quale – non solo possa essere accertato il nesso causale tra fatto lesivo lesioni e i postumi – ma che detti postumi siano in stretto rapporto con l’incapacità di lavoro e quest’ultima – sempre in vincolo necessitato – con la incapacità di guadagno.

La presenza di questo complesso sistema causale comporta per il Giudice – laddove vi è necessità di convergenza tra i postumi e la concreta contrazione di reddito – una puntuale valutazione della effettiva incidenza per dare impulso al dovuto risarcimento della deminutio.

È bene, altresì, ricordare che seppur demandata ad una valutazione medicolegale, la perdita di capacità lavorativa specifica non può ritenersi soddisfatta sol dopo tale indagine (non vi è infatti alcun baréme medicolegale di riferimento), ma richiede un vaglio più complesso da parte del giudicante, per non dar corso – a fronte di una semplice parere medicolegale di aumentato sforzo lavorativo del danneggiato – alla liquidazione di un presunto danno che non sia provato anche con adeguata correlazione al soggetto leso ed alla sua specifica specializzazione lavorativa..

In altre parole,  tale voce di danno, non può mai considerarsi in re ipsa né tantomeno ritenersi automatica in presenza di un accertato danno non patrimoniale, ma necessita di un completo impegno probatorio da parte del danneggiato, che seppur ancorato alle presunzioni non può arrestarsi ad una mera presunzione di semplicità.

In presenza, quindi, di un esauriente accertamento probatorio, secondo il Tribunale di Roma – XIII Sezione Civile, Giudice Estensore dott. Pannunzio – per procedere ad una corretta liquidazione di tale voce di danno, occorre adeguarsi ai seguenti parametri:

  • Abbandonati i coefficienti di capitalizzazione previsti con il R.D. n. 1422 del 1922 (la cui adozione – specifica il Magistrato in sentenza – non è consentita neanche in via equitativa) bisogna far riferimento (in ossequio a quanto disposto dalla Suprema Corte nella sentenza n. 20615/2015) ai coefficienti diffusi dal Consiglio Superiore della Magistratura ed allegati agli atti dell’incontro di studio svoltosi a Trevi nel giugno/luglio 1989;
  • Rapportare l’indennizzo al reddito effettivamente perduto dal danneggiato e non alla pensione sociale – in linea con altra importante sentenza del Supremo Collegio n. 8896 del 2016.

In conclusione, il Tribunale di Roma ha ritenuto riconoscere alla vittima di un evento/sinistro un danno patrimoniale da incapacità produttiva permanente dal combinato congiunto dei seguenti indici di riferimento – in linea con gli ultimi orientamenti in materia della Suprema Corte.

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