di Maria Domanico 

Se l’avvocato è costretto ad abbandonare temporaneamente la professione, a causa di un sinistro stradale, l’eventuale risarcimento dovrà conteggiarsi tenendo contro anche dei redditi dello studio associato. Lo hanno affermato i giudici della terza sezione civile della Corte di cassazione con la sentenza n. 17294 dello scorso 31 agosto. Il thema decidendum aveva ad oggetto il seguente caso: un avvocato aveva convenuto in giudizio il signor Tizio e la Beta S.p.A., compagnia assicuratrice del convenuto, al fine di ottenere il risarcimento del danno patrimoniale, cagionato dall’incapacità di svolgere l’attività professionale in termini equivalenti al periodo antecedente il sinistro, oltre che dei danni non patrimoniali.

L’avvocato sosteneva di essere stato investito da Tizio mentre stava attraversando sulle strisce pedonali e conseguentemente di aver subito gravi lesioni.

Il Tribunale con sentenza, in considerazione dell’esclusiva responsabilità di Tizio, condannò i convenuti Tizio e Beta S.p.A.), in solido tra loro, al pagamento in favore dell’avvocato della somma di euro 102.735,00 dedotto quanto già percepito, oltre interessi e rivalutazione.

La Corte d’appello con sentenza riduceva la somma.

L’avvocato si rivolgeva, quindi, ai giudici di piazza Cavour.

Secondo i giudici della Suprema corte in tema di risarcimento del danno da lucro cessante conseguente a un sinistro stradale, le dichiarazioni dei redditi hanno efficacia probatoria privilegiata, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 39 del 1977, e inoltre il lucro cessante riconosciuto all’avvocato non dovrà essere determinato sulla base dei soli redditi professionali derivanti dalla attività svolta come singolo professionista, ma sarà necessario considerare quelli derivanti dall’attività svolta in forma associata che ugualmente rientrano tra i redditi cui fare riferimento.

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