di Anna Messia

Anche la governance di Poste Italiane è pronta per lo sbarco d’autunno a Piazza Affari. Ieri il consiglio di amministrazione della società guidata da Francesco Caio ha cooptato Filippo Passerini in sostituzione di Antonio Campo Dall’Orto, dimissionario dopo la nomina di agosto alla direzione generale Rai.

Passerini è un esperto di information technology che ha avuto una carriera brillante tutta interna al colosso multinazionale Procter & Gamble, lasciato a giugno scorso dopo 33 anni di servizio. A lui va il merito di aver guidato la trasformazione di Gbs (Global Business Services), la branch del gruppo, affinché la digitalizzazione diventasse un vantaggio competitivo per P&G e i suoi consigli potranno essere utili per vincere la sfida lanciata da Caio al mercato: fare di Poste Italiane il motore della digitalizzazione del Paese. Con l’arrivo di Passerini il consiglio composto da sette membri sarà quindi ricostituito e sempre ieri sono stati creati all’interno del cda tre comitati, tutti composti da amministratori non esecutivi, la maggioranza dei quali indipendenti. Si tratta del comitato Controllo e Rischi, formato da Umberto Nicodano (presidente), Roberto Rao e Chiara Palmieri; del comitato Remunerazione, composto dallo stesso Passerini (presidente), Elisabetta Fabri e Nicodano; del comitato Nomine, con Rao presidente e Passerini e Palmieri membri. Tale assetto è previsto dal codice di autodisciplina delle società quotate ma è anche conseguenza delle disposizioni di vigilanza emanate dalla Banca d’Italia. Le stesse che hanno portato il gruppo a riscrivere un nuovo statuto per BancoPosta e un nuovo regolamento del patrimonio separato, oltre che linee guida sulle politiche di remunerazione e incentivazione del patrimonio BancoPosta.

Proprio nel comparto bancario, in effetti, sono stati richiesti gli interventi riorganizzativi più incisivi su indicazione di Via Nazionale. Perché, anche se la divisione BancoPosta non è una banca separata dal resto del gruppo e non fa credito, nella sua attività è equiparabile agli istituti di maggiori dimensioni vigilati da Banca d’Italia. Già nel 2011 Poste ha dovuto creare un patrimonio di 1 miliardo di euro separato dal resto del gruppo, posto a tutela di tutti gli impegni presi nei confronti dei clienti. Un patrimonio netto che a giugno scorso era arrivato a poco meno di 3,5 miliardi grazie all’attribuzione a riserva degli utili degli esercizi precedenti (949 milioni), alla variazione dei titoli disponibili per la vendita (1.249 milioni) e all’utile netto conseguito nel semestre (299 milioni) Ma il patrimonio separato, secondo Bankitalia, non bastava. L’organizzazione di BancoPosta prevede anche una struttura autonoma di risk management responsabile di valutare l’adeguatezza del patrimonio e il responsabile della funzione BancoPosta, Marco Siracusano, con cadenza almeno semestrale, è chiamato a predisporre e inviare al cda e a Caio una relazione sull’andamento della sua gestione. E sono state pure introdotte regole puntuali sulle politiche di remunerazione e incentivazione di BancoPosta. La componente variabile non potrà per esempio superare quella fissa e in ogni caso dovrà esserci un bilanciamento tra strumenti finanziari e componente monetaria. Ma c’è di più: una quota pari almeno al 40% dovrà essere differita a 3-5 anni per tenere conto dei rischi nel tempo del patrimonio BancoPosta. Il tutto a garanzia della stabilità dell’attività bancaria e del gruppo, che ora è pronto per il mercato: Caio lunedì sarà a New York per incontrare investitori istituzionali. (riproduzione riservata)