Il presidente dell’Autorità anticorruzione: il testo in discussione alla Camera va nella giusta direzione Meno regole ma più chiare. Il ruolo della stampa? Resta comunque centrale. E non solo per i bandi

di Antonio Satta

«Corruzione e trasparenza sono due parole chiave. La trasparenza è fondamentale contro la corruzione che è un reato che si svolge all’oscuro. Con una maggiore trasparenza c’è un minore rischio di corruzione». Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, queste parole le ha pronunciate al Senato lo scorso giugno, mentre veniva approvato il codice degli appalti e le ripete ora, che quel testo viene discusso alla Camera.

E la trasparenza è un concetto strettamente collegato all’informazione e alla stampa «che svolge tuttora un ruolo insostituibile a difesa della trasparenza e della legalità». Opinione condivisa in quella circostanza dal Presidente del Senato, Pietro Grasso, che in sintonia con Cantone ha ricordato allora come solo quanto viene pubblicato sui quotidiani garantisce il controllo democratico dei cittadini sugli atti degli enti dello stato

 

Domanda. E oggi c’è la trasparenza necessaria?

Risposta. Diciamo che fino a oggi si è pensato che mettere a disposizione il massimo di dati fosse sufficiente. Ma quella è una trasparenza, per così dire, quantitativa. Avere tante informazioni, se non le sai poi elaborare, serve però a poco. Occorre una trasparenza qualitativa.

 

D. A proposito di trasparenza, lo sa che ci sono emendamenti che vogliono togliere dal codice l’obbligo di pubblicare sui giornali i bandi d’appalto?

R. Lo so, guardi, non voglio entrare nelle dinamiche parlamentari, però credo che più informazione c’è, meglio sia. E i bandi sono anche un modo corretto di sostenere l’editoria, quindi ben vengano. Ma il problema della trasparenza non si ferma lì, confido nella capacità dell’informazione di andare oltre, perché i giornalisti sono tra quelli che hanno le capacità di aiutare l’opinione pubblica a collegare quella mole di dati.

 

D. È soddisfatto dell’attuale formulazione del codice degli appalti?

R. L’impianto che ha gli dato il Senato è abbastanza equilibrato, rispetta l’esigenza di non limitarsi al semplice recepimento delle direttive europee, senza appesantire l’impianto di norme troppo dettagliate e codicilli. Dell’originario disegno di legge è rimasto un aspetto fondamentale, ossia prevedere che non ci potranno essere successive deroghe.

 

D. Lei su questo tasto ha insistito molto.

R. Per forza, le varie deroghe che si sono aggiunte al testo del 2006 non solo avevano finito per appesantirlo ma in alcune parti lo avevano reso contraddittorio, con il risultato che l’applicazione di quelle norme è avvenuta a pelle di leopardo. Invece serve un quadro d’indirizzo chiaro e univoco.

 

D. E il codice lo garantisce?

R. Mi pare di sì. Non solo, con questa delega si stabilisce un duplice livello di regolazione, quella primaria che passa attraverso un numero limitato di norme quadro e quella secondaria, affidata all’Autorità anticorruzione, che può intervenire con linee guida, indirizzi, bandi tipo e contratti tipo Tutti strumenti che possono anche avere efficacia vincolante e che seguono una logica molto pratica.

 

D. Prima, insomma, c’era un eccesso di burocrazia.

R. Non solo, vede al codice del 2006 si era aggiunto nel 2010 un regolamento ancora più esteso, che per il suo carattere regolamentare, entrava così nel dettaglio da creare un meccanismo perfetto solo sulla carta, ma in realtà complesso, farraginoso e in ultima analisi ingessante, il che rendeva il ricorso alla deroga quasi naturale.

 

D. E poi ci si è messa la legge obiettivo, che lei ha sempre criticato.

R. Un altro punto debole del precedente codice, che non comprendeva l’intero sistema degli appalti, lasciando sostanzialmente alla legge obiettivo le grandi infrastrutture, ma aggiungendo al corpo giuridico un altro patchwork di norme che rendeva quasi impossibile stabilire procedure corrette.

 

D. Ma si possono disciplinare con un solo codice appalti diversissimi, dal piccolo comune che deve dotarsi di un programma informatico, alla costruzione di un’autostrada?

R. Il senso di un codice è proprio quello. Stabilire le regole che valgono per tutti, e senza i limiti del codice precedente, che scendeva troppo nel dettaglio, il nuovo codice assolve a questo compito. Resta però un grande problema, che riguarda un’assoluta anomalia italiana: l’esistenza di una miriade di stazioni appaltanti, ciascuna delle quali può acquistare o appaltare di tutto, dall’ago al missile. Non sappiamo nemmeno quante sono.

 

D. Meglio la centrale unica?

R. La centrale unica forse non è possibile, ma la centralizzazione è indispensabile. Consip e Mepa hanno già fatto molto, ma nella logica del risparmio, bisogna invece andare oltre la spending review, puntando su professionalità e competenze. Centrali d’acquisti e stazioni appaltanti hanno bisogno soprattutto di queste qualità. Molti Comuni e Regioni si stanno attrezzando, ma l’aspetto della professionalità di chi ci lavora è fondamentale.

 

D. Ricadono comunque sotto la vostra vigilanza.

R. Sì, ma c’è un limite a ciò che noi possiamo controllare. È ovvio che più si ridurranno i centri d’acquisto e le stazioni appaltanti, più noi riusciremo a essere efficaci, ma siamo sempre un’autorità centrale, non riusciremo mai a controllare tutto. I controlli dovranno farli soprattutto le amministrazioni. Per questo, insisto, servono regole chiare e consapevolezza generalizzata. Oltre che, come già detto, una grande trasparenza.

 

D. Nel caso di Expo avete affiancato il commissario e i suoi uffici in una sorta di tutoraggio. È il modello che volete replicare?

R. Abbiamo istituito, con regolamento interno, l’istituto della vigilanza collaborativa, su base volontaria, che ha funzionato benissimo nel caso Expo. Abbiamo anche qui limiti operativi, non possiamo affiancare tutti in ogni circostanza, però, certo, le amministrazioni possono richiedere il nostro aiuto avendo così la certezza che le procedure siano corrette. Sta a loro scegliere bene in quali operazioni essere affiancati. (riproduzione riservata)