di Andrea Di Biase

È pronta la nuova governance di Mediobanca , che passerà ora al vaglio dei soci nell’assemblea del 28 ottobre: il consiglio di amministrazione sarà più snello, con meno manager e più rappresentanti delle minoranze. Il testo del nuovo statuto, la cui approvazione in assemblea è scontata, è stato licenziato ieri dal cda di Piazzetta Cuccia, che ha convocato i soci e dato via libera alla documentazione per l’assemblea.

Il patto di sindacato va poi verso un rinnovo biennale con una quota che, secondo le attese, dovrebbe essere limata dall’attuale 31,8% al 30 circa (il limite oltre il quale il patto si scioglierebbe è il 25%). «Siamo soddisfatti del lavoro fatto, Mediobanca  è fantastica; guardate i risultati e l’andamento delle azioni in un anno», ha commentato il consigliere Tarak Ben Ammar al termine della riunione del cda, durata poco più di tre ore. Non ci sono state «posizioni contrarie» in consiglio e il nuovo statuto da sottoporre all’assemblea, ha spiegato un consigliere, è stato approvato all’unanimità. Lo statuto, una volta votato dall’assemblea, entrerà in vigore nel 2017, al momento del rinnovo del consiglio di amministrazione. I cambiamenti introdotti rispondono alle indicazioni fornite lo scorso anno da Bankitalia, in recepimento della normativa europea Crd4.

Nel dettaglio, il numero dei consiglieri scenderà da 18 (lo statuto oggi in vigore prevede un numero variabile compreso tra 15 e 23) a un range di 9-15.

Di questi, i manager interni seduti nel bord saranno solo tre anziché gli attuali cinque. Cambierà anche il peso del presidente, che in ossequio alla normativa sulle banche non farà parte del comitato esecutivo. Alle minoranze spetteranno infine due rappresentanti (oggi ne hanno uno solo), considerato anche che ormai il 40% del capitale di Mediobanca  è in mano a investitori istituzionali esteri, i quali pesano dunque più dello stesso patto di sindacato. Resteranno invariate, come previsto dalla legge, le quote rosa. Quanto al patto di sindacato, il suo rinnovo, hanno riferito fonti finanziarie al termine della riunione del cda, non è in discussione. Il termine per le eventuali disdette è fissato al 30 settembre e ci si attende solo una limatura con l’accordo che, secondo quanto riferito, dovrebbe scendere dal 31,8% a circa il 30%. Al momento non sono state comunicate disdette e il patto è convocato per il 1° ottobre. Unicredit  (8,66%) eMediolanum  (3,38%) hanno già confermato l’intenzione di restare. Tra i piccoli, si è pronunciato per la conferma Alberto Pecci (0,47%), mentre tra i principali candidati all’uscita c’è l’Italmobiliare  della famiglia Pesenti, che aveva già svincolato parte della quota e che, secondo indiscrezioni di stampa, potrebbe ora liberare anche il restante 1,57%. Per il resto il cda dell’istituto guidato da Alberto Nagel ha dato via libera definitivo ai conti dell’esercizio al 30 giugno 2015, chiusi con un utile netto di 590 milioni a fonte di ricavi per 2,05 miliardi. Ai soci sarà proposto un dividendo di 0,25 euro per azione, in aumento del 67%. Nello scorso esercizio l’utile netto di gruppo è cresciuto del 26,9% a 589,8 milioni grazie al positivo andamento dell’attività bancaria (utile netto a 249,2 milioni rispetto a 18,7 milioni) che ha compensato il minor contributo del principal investing (ossia le partecipazioni strategiche, gran parte delle quali ormai cedute o in corso di dismissione, compresa la quota eccedente il 10% delleGenerali ), che hanno impattato sui conti per 335,4 milioni contro 449,3 milioni dello scorso esercizio. (riproduzione riservata)