di Mauro Masi
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Il prospettato decreto del ministero della sanità che ipotizza di rendere non più gratuite 208 prestazioni sulle attuali 1.700 nel caso queste fossero considerate non indispensabili per il paziente, sta creando, come era facile prevedere, proteste diffuse. Senza entrare nel merito e nelle tecnicalità del provvedimento nonché delle proteste connesse, va tuttavia segnalato che esso può costituire comunque un passo significativo contro una delle piaghe del nostro sistema sanitario e non solo: la cosiddetta «medicina difensiva».

Nel timore, cioè, di dover rispondere in sede legale (sia penale sia soprattutto civile) dei propri comportamenti (che, come si vedrà, ad oggi non sono facilmente assicurabili sul mercato) molti medici prescrivono tutto il prescrivibile (in termini di farmaci e/o di terapie e/o di analisi cliniche) ai propri pazienti anche quando non strettamente necessari e ciò solo per garantire se stessi. Secondo stime molto attendibili ciò causerebbe danni al bilancio pubblico per una cifra enorme, compresa tra 11-13 miliardi di euro all’anno.

Il cosiddetto «Decreto Balduzzi» (legge 189/12) ha previsto, tra l’altro, la costituzione di un apposito fondo per la copertura assicurativa agli esercenti le professioni sanitarie; il fondo però non è ancora operativo; lo diverrà attraverso un decreto di attuazione che sta per essere emanato. Il fondo è uno strumento molto atteso per garantire, da un lato un’effettiva indennizzabilità del rischio in ambito sanitario, dall’altro di consentire ai professionisti di poter operare con maggiore tranquillità e, soprattutto, senza dover sottostare a condizioni di premio oggi insostenibili dal punto di vista economico. Un meccanismo assicurativo in qualche modo pubblico può costituire infatti una risposta a ciò che appare sempre più la replica della «malpractice crisis» che ha colpito gli Stati Uniti negli anni 70 e 80 del secolo scorso: aumentano le azioni giudiziarie, aumentano i risarcimenti, gli assicuratori «fuggono» dal mercato lasciando strutture, medici e pazienti sostanzialmente senza rimedi o coperture.

È quello che gli economisti definiscono come «selezione avversa» un fenomeno che si manifesta quando il mercato rende conveniente assicurarsi soltanto a coloro che appartengono a classi di rischio molto elevate con la conseguenza, nei casi estremi, che verranno meno le condizioni di profittabilità per l’assicuratore e il mercato «sparirà». Tutto ciò non fa che pesare – in Italia e in Europa – in maniera indiscriminata sulla fiscalità generale che, alla fine, si trova a sostenere gli extra-costi che vengono a gravare sulle strutture sanitarie pubbliche. Da qui la necessità da parte delle istituzioni di intervenire sia per contenere i danni al bilancio ma anche per migliorare l’efficienza del sistema.

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