Che impatto avranno i test truccati alla Vw sul settore delle quattro ruote? Nell’immediato possono approfittarne gruppi come Fca Ma nel lungo periodo preoccupa il costo di norme più severe. E sarà m&a

di Giuliano Castagneto e Luciano Mondellini

L’ex numero uno di Porsche, Matthias Mueller, nominato nuovo ceo di Volkswagen al posto del dimissionario Martin Winterkorn, avrà subito un gran daffare per rimettere in carreggiata il colosso di Wolfsburg dopo lo scandalo dei motori truccati. Il manager, il primo ceo di Volkswagen nato nell’ex Germania Orientale (è infatti cresciuto nell’allora Karl Marx Stadt), avrà come obiettivo immediato quello di ripristinare l’immagine della casa della Bassa Sassonia che, secondo uno studio della società specializzata Brand Finance, ha subito un crollo di 10 miliardi di dollari nel valore del proprio brand in seguito allo scandalo.

Secondo il report, infatti, il valore del brand, che era cresciuto da 27 miliardi di dollari del 2014 a 31 miliardi di dollari, è ora sceso a 21 miliardi. Ma, cosa forse più importante, il recupero sui livelli pre-scandalo non sarà una cosa semplice. «Nel recente passato, anche Toyota e General Motors hanno dovuto affrontare gravi problemi di immagine, che hanno seriamente danneggiato questi due costruttori», ha spiegato David Haigh, ceo di Brand Finance. In questi due casi, però, ha continuato, «il valore dei brand è stato risollevato in pochi anni grazie a elevati investimenti. Il caso di Volkswagen, invece, è molto più grave perché non si è trattato di un incidente, ma di una scelta deliberata». 
In patria, risultano 2,8 milioni le vetture del gruppo Vw truccate. «In questo caso, stimiamo che ci vogliano dai 5 ai 10 anni per ritornare ai valori precedenti». Il fatto che venerdì 25 la Bce abbia deciso di sospendere l’acquisto di Abs garantiti da titoli Vw da solo rende l’idea della gravità della situazione.

 

In questo senso le prime mosse a Wolfsburg sono state già intraprese. Prima ancora che Mueller fosse nominato ceo venerdì 25, la casa tedesca aveva lasciato trapelare che già quattro alti dirigenti avrebbero lasciato (tra licenziamenti o dimissioni indotte) la casa tedesca o le sue controllate. Il responsabile della ricerca e sviluppo del brand Audi, Ulrich Hackenberg, il responsabile motori di Porsche, Wolfgang Hatz, e infine il capo della divisione sviluppo, Hans Jacob Neusser. Evidente che questo lavoro di pulizia interna dovrà andare avanti nei prossimi mesi, mentre nel contempo Mueller dovrà cominciare a costruire la sua Volkswagen con un’opera di promozioni interne e assunzioni a livello manageriale. Anzitutto, in Nordamerica sarà costituita una nuova unità, che sarà guidata da Winfried Vahland, attuale capo della Skoda, probabilmente per gestire i rapporti con le autorità ambientali Usa dopo lo scandalo.

Tuttavia il capo di Vw negli Usa, Michael Horn, grazie al forte sostegno dei locali concessionari, rimarrà al suo posto. Oltre a questo, spiegano gli specialisti del marketing, Wolfsburg sarà costretta a una campagna di marketing massiccia in tutto il mondo se, come sembra, vuole ripristinare la sua immagine il prima possibile. Un esempio di questa volontà di correre ai ripari rapidamente è data dalla sequenza di eventi dell’ultima settimana, Lo scandalo è scoppiato nella mattinata di lunedì 21 e già venerdì 25 Volkswagen non solo aveva imposto le dimissioni a Winterkorn ma aveva già nominato un nuovo ceo e fatto trapelare il primo nucleo di manager che avrebbero perso il posto. Non a caso in borsa il titolo Volkswagen che tra lunedì e martedì aveva registrato un crollo del 34% bruciando oltre 23 miliardi di capitalizzazione in due sedute, nei giorni successi è risalito lentamente sino a chiudere la settimana a 107,3 euro, in calo del 33,6% rispetto all’apertura del lunedì precedente.

Al di là dell’orizzonte più immediato, però, l’obiettivo numero uno di Mueller è a medio termine e consiste nel raggiungimento di quell’obiettivo che Volkswagen va sbandierando da tempo: diventare il maggior produttore di automobili nel mondo entro il 2018.

Questo obiettivo, che vede Volkswagen ora impegnata in una corsa a tre con Toyota e General Motors, dovrà però tenere conto dei mutamenti che lo scandalo dei diesel produrrà nel comparto sia in termini politico/istituzionali (i controlli sulle emissioni saranno sicuramente resi più rigorosi) sia in termini di rapporti tra i player. È infatti molto probabile che i maggiori costi di ricerca legati ai più rigorosi e sofisticati controlli di prossima introduzione accelereranno il processo di consolidamento, che tra l’altro stava già iniziando.

Sul primo punto, quello politico istituzionale, c’è da segnalare che qualcosa si sta già muovendo. L’Unione europea avrebbe infatti deciso che cambierà drasticamente la metodologia seguita per i test di omologazione. La legge attuale (in vigore in ben 50 Paesi) prevede che i consumi per tragitti in città e su strada siano calcolati simulando il viaggio delle macchine su speciali rulli e per un tempo complessivo di circa 20 minuti: per 780 secondi viene misurato il consumo nel percorso urbano, per 400 secondi quello di un viaggio extraurbano; per un tempo massimo di 10 secondi, infine, si raggiunge invece la velocità di 120 chilometri orari.

Ma le cose non finiscono qui. Le case costruttrici hanno infatti la possibilità di effettuare questi test con l’aria condizionata spenta e su modelli completamente privi di accessori, quindi spesso non in vendita. Il test, quindi, è effettuato in condizioni nella realtà inesistenti. Resta da capire come saranno cambiate queste regole. Qui, però, è bene specificare che sembra ormai certo che la nuove regole saranno una vera simulazione di quanto poi l’auto dovrà fare per strada, ma non va dimenticato che nella determinazione delle norme svolgerà giocoforza un ruolo cruciale il peso politico delle lobby legate alle case automobilistiche in sede Ue. Tuttavia, venerdì 25 la Commissione Ue ha deciso di anticipare l’introduzione dei test su strada delle emissioni fin dall’1 gennaio 2016. E negli Stati Uniti anche l’Epa (l’Agenzia federale per la protezione dell’ambiente) ha annunciato che presto anche negli Usa saranno introdotti i test su strada.

Sul secondo punto, il consolidamento, il recente scandalo potrà sicuramente aggravare i costi di ricerca e stimolare un interesse a operazioni di fusione. Volkswagen ora è un pachiderma che comprende ben 12 brand che vanno dal super luxury di Bugatti, Bentley e Lamborghini al mass market di Skoda e Seat  passando per Porsche, Audi oltre alle moto di Ducati e ai camion di Scania e Man. Non è quindi semplice pensare a un’ulteriore aggregazione che allarghi ulteriormente l’odierna struttura. Tuttavia non bisogna dare nulla per scontato, soprattutto ora che Winterkorn è uscito e che il nuovo ceo metterà in atto la sua strategia. Non è escluso per esempio un ritorno di fiamma per Alfa Romeo o per l’intero Lingotto, anche se Fca  per sua stessa ammissione al momento sta puntando tutto su una fusione con General Motors. Mueller, infatti, era l’uomo che Ferdinand Piech, discendente di Ferdinand Porsche, il fondatore di Volkswagen, che per anni è stato il nume tutelare della casa tedesca, avrebbe scelto come nuovo ceo se avesse trionfato nella guerra interna vinta da Winterkorn che si è combattuta questa primavera in quel di Wolfsburg. Piech, infatti, non solo non ha mai nascosto il suo interesse per Alfa Romeo così come non lo ha mai nascosto Winterkorn. Ma a differenza di quest’ultimo (in pessimi rapporti con la galassia Exor ), Piech, forse per la comune appartenenza a due delle più importanti dinastie industriali nel mondo, intrattiene ottime relazioni, e da decenni, con la famiglia Agnelli. Tra l’altro, non più tardi di una settimana fa al Salone dell’auto di Francoforte, Dieter Zetsche, ceo di Daimler , ha spiegato che la casa di Stoccarda non avrebbe problemi ad allearsi con i rivali storici di Audi (brand di Volkswagen) e Bmw  (le tre case stanno combattendo una guerra senza tregua sul mercato mondiale per la leadership nel super-redditizio segmento premium) pur di condividere i costi per l’ideazione e lo sviluppo di batterie di nuova generazione per auto elettriche o connesse a internet.

Insomma lo scandalo scoppiato in settimana, dagli esiti del tutto impronosticabili, rischia di rimescolare le carte nel risiko delle quattro ruote. Se infatti, come sostiene da tempo il ceo di Fca , Sergio Marchionne, tra qualche anno non ci saranno che sei o al massimo sette player nel mercato automobilistico mondiale, nessuna operazione può essere esclusa in questo momento.

In questo quadro come muoversi in borsa? L’opinione degli analisti sull’impatto della vicenda Volkswagen varia a seconda che si ragioni in un’ottica di breve o di medio-lungo periodo. Nel primo caso, gli analisti del Credit Suisse ritengono che i titoli più penalizzati saranno proprio quelli dei marchi tedeschi di alta gamma, cioè Audi (quindi Vw),Bmw  e Daimler , a causa della loro notevole esposizione al segmento delle auto motorizzate diesel. Analogamente, i ricercatori di Société Générale  consigliano di stare fermi sul settore auto, con un giudizio neutral su tutto il settore nonostante la spinta favorevole del Qe della Bce e del basso costo del carburante. Per la sim milanese Equita, la vicenda Volkswagen avvantaggerà nell’immediato i concorrenti di Wolfsburg, non solo negli Stati Uniti, dove è scoppiato lo scandalo ma dove il diesel rappresenta non più del 2% del mercato, ma anche e soprattutto in Europa. Cioè uno dei due mercati di riferimento di Fca , per la quale l’impatto della vicenda Volkswagen dovrebbe essere neutrale, mentre il Lingotto continuerà ad avvantaggiarsi dell’indebolimento dell’euro contro il dollaro, che rimpingua i margini sugli ottimi volumi di vendita negli Stati Uniti. Per questo Equita mantiene un giudizio buy su Fca . E sono queste le considerazioni che inducono gli analisti di Banca Akros a considerare «eccessiva» la penalizzazione sul mercato del titolo del Lingotto, giudicando «interessante» il prezzo di venerdì 25 settembre (11,72 euro, +3,3%). Quindi nel breve termine lo «scandalo emissioni» sicuramente ha proodotto delle opportunità da cogliere sul mercato.

Ma sul medio-lungo termine la situazione cambia. L’accelerazione sul rilevamento delle emissioni secondo gli standard cosiddetti real life, ovvero concepiti per superare le limitazioni proprie delle procedure sin qui utilizzate, e descritte in precedenza, comporterà un sensibile aggravio dei costi per tutti i costruttori, su questo concordano gli analisti di Ubs, Credit Suisse e Barclays e Kepler. Quest’ultima invita a prestare attenzione all’incidenza delle vendite di diesel sul totale di ciascun gruppo, non solo di quelli tedeschi, in quanto fattore in grado di penalizzare i margini di profitti a medio e lungo termine. Basti pensare che uno studio condotto dall’Icct (International Council for Clean Transportation) ha accertato che i veicoli Euro 6 infrangono gli standard mediamente di sette volte quando testati in condizioni real life. Gli analisti del Credit Suisse stimano in circa il 30% il potenziale aumento dei costi di ricerca e sviluppo. Proprio per questo, su un orizzonte temporale più lungo, gli analisti di Barclays vedono in Bmw (molto penalizzata in borsa nelle più recenti sedute) un titolo potenzialmente avvantaggiato rispetto agli altri. Infatti i motori prodotti dalla casa bavarese producono emissioni, soprattutto in termini di ossido di azoto, inferiori alla media, quindi in grado di soddisfare più facilmente i nuovi e molto più severi requisiti di tutela ambientale. (riproduzione riservata)