di Luciano Mondellini

Exor ha incassato ieri i primi introiti della campagna acquisti e vendite condotta nei mesi scorsi, quando la holding guidata da John Elkann non solo ha acquistato la compagnia di riassicurazione PartnerRe ed è salita al 43% del settimanale inglese Economist, ma ha anche venduto la quota di controllo nella società immobiliare statunitense Cushman&Wakefield (75%).

Ieri Exor ha perfezionato la cessione che ha riconosciuto a Cushman & Wakefield un enterprise value totale di 2,042 miliardi di dollari e determina perExor proventi netti per 1,278 miliardi di dollari con una plusvalenza di circa 722 milioni di dollari. Cushman & Wakefield, del resto, è una delle maggiori società al mondo nei servizi immobiliari, mentre l’acquirente Dtz è una società detenuta da un gruppo di investitori composto da Tpg Capital, Pag Asia Capital e Ontario Teachers’ Pension Plan. Secondo il progetto emerso all’annuncio dell’operazione, Cushman & Wakefield si fonderà con Dtz per dare vita un big mondiale nel campo dei servizi per il settore immobiliare. La holding degli Agnelli deteneva il 75% di Cushman&Wakefield da otto anni e la tempistica con cui è stata perfezionata l’operazione da parte di Exor, il suo valore e quello della plusvalenza per la holding sembrano in linea con le attese del mercato, stando ai commenti dei broker finanziari.

Insomma, John Elkann ieri ha compiuto un passo ulteriore nella trasformazione del portafoglio di Exor che nel 2016 oltre all’incrementata partecipazione nell’Economist e all’ingresso di PartnerRe si arricchirà anche della Ferrari, che Fca quoterà a New York e Milano nei prossimi mesi e scorporerà nel 2016 ponendola immediatamente sotto il controllo di Exor, che ne sarà il primo azionista con il 24%.

Nonostante tutta questa attività, il punto chiave del riassetto della holding deve essere ancora affrontato ed è infatti rappresentato dall’aggregazione di Fca con un gruppo più grande in modo da creare una casa automobilistica globale che sia in grado di reggere meglio le fortissime pressioni competitive nel settore (si veda altro articolo in pagina).

Nell’ottobre 2014, non appena Marchionne annunciò lo scorporo di Ferrari, infatti fu subito evidente che l’idea degli Agnelli era quella di portare sotto il controllo di Exor, ossia la cassaforte di famiglia, il gioiello Ferrari e fondereFca (senza più la gemma più splendente) con un’altra casa auto diventando uno dei grandi soci di un colosso internazionale delle quattroruote.

Il problema è che sinora nessuno tra i ceo delle altre case auto sembra avere le stesse convinzioni di Marchionne.

Così si spiega la serie di rifiuti incassati negli ultimi mesi (il no grazie più recente risale a non più tardi dell’altro ieri) da Mary Barra, ceo di quella General Motors che da Marchionne è considerata il partner ideale per Fca. Marchionne tuttavia continua il suo pressing avendo un asso nella manica di natura politica. I margini di Fiat Chrysler sono del 3,7%, la metà rispetto a quelli di GM. Quindi una fusione tra pari appare impraticabile e non resta che una vendita, seppur mascherata. Obama, infatti, considerando tutti gli sforzi fatti nel 2009 dalla sua amministrazione quando decise di salvare Chrysler sborsando soldi pubblici, ora non può permettersi di ignorare una Fca in vendita né in odore di instabilità. Quindi è nell’interesse della stessa Casa Bianca un’operazione che uniscaChrysler con GM tramite una moral suasion governativa quantomeno interessata. (riproduzione riservata)