Tali doveri scaturiscono dagli artt. 1175, 1337 e 1375 c.c. e la loro violazione costituisce una condotta negligente, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c.

Questi doveri hanno portata generale, ed in quanto dettati da norme di legge, prevalgono sulle norme regolamentari, quali i regolamenti dell’autorità di vigilanza, ed a fortiori sulle indicazioni contenute in atti addirittura privi di potere normativo, quali le circolari dell’autorità amministrativa.

Il dovere di correttezza, in materia assicurativa, impone all’assicuratore e ai suoi intermediari o incaricati due precisi obblighi:

– proporre ai contraenti non già contratti assicurativi purchessia, cioè genericamente ed astrattamente coerenti con le loro esigenza di previdenza o di risparmio, ma proporre prodotti assicurativi utili: cioè coerenti con il profilo di rischio (nell’assicurazione danni) o con gli intenti previdenziali (nell’assicurazione vita) del contraente;

– mettere il contraente in condizione di compiere una scelta consapevole, e dunque informarlo in modo esaustivo sulle caratteristiche del prodotto, nulla lasciando di occulto.

Se, infatti, correttezza ex art. 1175 c.c., vuoi dire adempiere la propria obbligazione avendo “il giusto riguardo all’interesse del creditore”, quel dovere comporta che il debitore offra un servizio o un prodotto idoneo a soddisfare le esigenze del creditore.

 Ma un’assicurazione sulla vita a contenuto finanziario in tanto può soddisfare le esigenze del futuro creditore dell’indennizzo, in quanto questi sia stato messo a giorno di tutti gli elementi necessari a valutarne la convenienza.

Il caso era relativo all’azione intrapresa dai contraenti che avevano citato in giudizio la Compagnia di assicurazione esponendo che avevano stipulato con la stessa due polizze sulla vita a contenuto finanziario e che alla scadenza, richiesto il differimento del contratto, avevano appreso che il capitale a essi spettante era inferiore ai premi versati.

Cassazione civile sez. III, 24/04/2015 n. 8412