Ieri serie di meeting a New York, oggi il bis con i fund manager statunitensi. Domani appuntamento a Londra. L’obiettivo è dare stabilità all’azionariato degli istituzionali esteri. Primi riscontri positivi

da New York Andrea Fiano

Due giorni di incontri, ieri e oggi, a New York con fondi d’investimento e investitori istituzionali americani e poi domani a Londra. È questo il programma iniziato ieri con cui l’amministratore delegato di Poste Italiane, Francesco Caio, assieme al direttore finanziario Luigi Ferraris, accompagnati dal responsabile delle investor relation Luca Torchia e a Luigi Labbate di Rothschild, capo per l’Italia di equity capital market per la banca d’affari che è advisor di Poste Italiane nella quotazione, hanno cominciato ieri un pre-roadshow di presentazione del gruppo italiano in vista della quotazione del gruppo prevista per il prossimo mese.

Consob dovrebbe dare il via libera alla quotazione entro la prima metà del mese prossimo, e entro fine ottobre sarà lanciato il vero e proprio roadshow.

 

I dettagli della quotazione, e i relativi adempimenti, non sono stati quindi ancora definiti e completati ma i vertici del gruppo hanno ritenuto strategico presentare la società agli investitori istituzionali esteri per sondare il terreno in vista della privatizzazione del gruppo italiano che potrà arrivare fino al 40% del capitale del gruppo attualmente detenuto dal ministero dell’Economia. Ovvero se, e a quali condizioni, sono interessati a investire nel gruppo, anche alla luce delle privatizzazioni più o meno recenti di altri gruppi postali con caratteristiche e strategie diverse come quelle della Royal Mail inglese e di PostNL in Olanda ma soprattutto delle specificità e del piano quinquennale del gruppo italiano.

Oltre al via libera della Consob per il prospetto di quotazione, mancano ancora i dettagli precisi dell’offerta (si è parlato di una quota del 60% destinata al segmento retail ma la cifra non è stata ancora definita dal ministero dell’Economia) ma numeri e strategia del gruppo non si discosteranno di certo da quelli presentati in questi giorni agli investitori istituzionali internazionali.

In questo caso, trattandosi di una privatizzazione, l’interesse degli investitori deve essere legato a un interesse più generale per l’Italia e le riforme fatte e annunciate. Ovviamente la quotazione di Poste Italiane stessa sarà rivolta in parte consistente ai risparmiatori italiani e agli oltre 140 mila dipendenti di Poste in Italia, e quindi al segmento retail, ma è chiaro che c’è interesse a creare un azionariato stabile anche all’estero per il gruppo. L’attenzione di Caio era rivolta in particolare a fondi strategici e fondi pensione, interessati a investimenti di lungo termine nel capitale, in grado così di dare stabilità all’azionariato. E, stando ai primi riscontri, l’equity story del gruppo sembra essere molto apprezzata

Curiosamente queste settimane coincidono anche con la quotazione in borsa del colosso giapponese di Japan Post, che presenta somiglianze con la struttura e l’offerta di servizi e prodotti di Poste Italiane. Le analogie fra i due gruppi risiedono soprattutto nella struttura del business, con l’offerta anche di servizi assicurativi e di servizi finanziari oltre che di transaction banking. Tuttavia quella giapponese sembra una quotazione più destinata al mercato domestico di quella italiana. Nel caso di Japan Post la quotazione dovrebbe raccogliere fino a 11,5 miliardi di dollari attraverso la quotazione di tre distinte società, la holding del gruppo postale ma anche le divisioni bancaria e assicurativa, per quella che rappresenta la maggiore privatizzazione giapponese degli ultimi trent’anni. (riproduzione riservata)